Memoria e presente
Seguono alcune citazioni e prese di posizione, utili a riflettere, sulla nostra storia e sui segni gravi del declino in corso. Sulla responsabilità di tutti che, come sempre, riguarda il che fare
A.V.
“Carattere del popolo italiano che si può chiamare “apoliticismo”. Questo carattere, naturalmente, è delle masse popolari, cioè delle classi subalterne. Negli strati superiori e dominanti vi corrisponde un modo di pensare che si può dire “corporativo”, economico, di categoria, e che del resto è stato registrato nella nomenclatura politica italiana col termine di “consorteria”, una variazione italiana della “cricca” francese e della camarilla spagnuola (..). Una varietà di questo “apoliticismo” popolare è il “pressappoco” della fisionomia dei partiti tradizionali, il pressappoco dei programmi e delle ideologie. Perciò anche in Italia c’è stato un “settarismo” particolare, non di tipo giacobino alla francese o alla russa (..). Il settarismo negli elementi popolari corrisponde allo spirito di consorteria nelle classi dominanti, non si basa su principi, ma su passioni anche basse e ignobili e finisce coll’avvicinarsi al “punto di onore” della malavita e all’omertà della mafia e della camorra. […] Il “sovversivismo” popolare è correlativo al “sovversivismo” dall’alto, cioè al non essere mai esistito un “dominio della legge”, ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale o di gruppo.”
Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere
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Sostanza
Tecnicamente si può già parlare di dittatura.
Forse non ce ne siamo ancora accorti perché siamo abituati ai colonnelli greci o alla giunta militare cilena. Ma quello che conta è la sostanza, non la forma. Oggi è inutile mandare i carri armati per prendere il controllo delle principali reti televisive, basta cambiare i direttori. Non serve far bombardare la sede del parlamento, è sufficiente impedire agli ele ttori di scegliere i parlamentari. Non c’è bisogno di annunciare la sospensione di giudici e tribunali, basta ignorarli. Non vale la pena di nazionalizzare le più importanti aziende del paese, basta un a telefonata ai manager che siedono nei consigli d’amministrazione. E l’opposizione? E i sindacati? Davvero c’è chi pensa che questa opposizione e q uesti sindacati possano impensierire qualcuno? Gli unici davvero pericolosi sono i mafiosi e i criminali, ma con quelli ci si siede intorno a un tavolo e si trova un accordo. Poi si può lasciare in circolazione qualche giornale, autorizzare ogni tanto una manifestazione. Così nessuno si spaventa. E anche la forma è salva.
Giovanni De Mauro su “Internazionale” del 5-3-2010
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Penso anch’io da tempo che siamo già in una dittatura, l’ho anche scritto, aggiungendo che la caduta di Berlusconi non potrà che assomigliare di più a quella di Mussolini che a un semplice cambio di governo. Il problema è che nessuno vuole sentir dire parole come queste perché implicano l’assunzione di responsabilità che nessuno a sinistra vuole prendersi; così l’Italia finisce in cancrena con il suo Giorgio Vittorio Emanuele Terzobis. Del resto i cambiamenti sostanziali in Italia, avvengono sempre se c’è una tragedia internazionale, tipo seconda guerra mondiale, altrimenti dovremo andare avanti con un venticinquelugliotuttosettembre strisciante per chissà quanto tempo ancora. A meno che a furia di dirlo e visto che cominciano ad essere in tanti a pensarlo, non accada qualcosa di nuovo e mai accaduto
Franco Romanò
GRANDE GRAMSCI! È una fotografia, profonda e sfaccettata, del nostro presente… ma allora: non c’è niente da fare? A che cosa è servita la Resistenza? A che cosa sono serviti 50 anni di lotte popolari dopo la guerra (fino al ’68, con il 68, dopo il 68)? Perché in Italia non si è formata una classe dirigente degna di questo nome? Perché i modi di pensare, anche se cambia la struttura economico-sociale, anche se cambia tutto intorno ad essi, non cambiano mai o sono i più refrattari al cambiamento? rinaldo caddeo
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