LA FORMA DELL’OCCIDENTE.
di Patrizia Gioia
E’ nel campo artistico che si manifesta in modo più inquietante l’effetto limitante e riduttore
della vita dovuto alla perdita di ogni senso della forma, è infatti proprio nelle arti che le energie creative di un popolo si evidenziano e possono essere meglio vagliate.
Così scrive Joseph Campbell nel piccolo libro “tra Oriente e Occidente “.
E come non vedere l’attualità di queste parole. La favola del villaggio globale, la follia dello sviluppo infinito, l’economicismo indiscusso, la mancanza del limite, l’individualismo sfrenato, l’incapacità di empatia, l’arroganza, la paranoia, hanno reso sempre più evidente “l’arte dell’istante” con la quale, non solo l’artista, ma ognuno di noi, quotidianamente collude.
Oggi per essere riconosciuto s’ha da partecipare a rinfreschi e ricevimenti, s’ha da essere in tv e su tutti i canali, s’ha da avere rubrichette, etichette e patrocini – che siano Expo, Salone del mobile, o Scentology poco importa –, così che chi riceve onori e commissioni non sono quegli esseri umani che lavorano sodo nei loro studi, nelle loro case e nella loro vita, ma quelli che sono sempre alle feste, che incontrano la gente “giusta” nei luoghi “giusti”, evitando al massimo qualsiasi dolorosa ricerca, non entrando mai nel buio della “selva oscura”, per uscirne trasformati; ma chiacchierando, facendo dello sterile pettegolezzo che sarà poi recensito e citato da giornalisti favorevoli o ostili, che a loro volta hanno un’intensa vita sociale e poco tempo da dedicare a studi approfonditi per ri-creare continuamente il mondo e la conoscenza attraverso la passione e l’esperienza.
La Cultura è infatti un’esperienza, non è un esperimento o un optional, è un’iniziazione continua , come la vera letteratura, è questione di vita o di morte, è una scelta senza scissione alcuna: decidi Uomo, vuoi condurre la tua vita o farti trascinare dal destino?
Non dimentichiamoci che non tutto è nelle nostre mani, ma che le mani del Destino sono le nostre.
L’attualità non è una rubrichetta sulla rivista più alla moda, ma è un “mettersi sempre in atto”, è uscire da questo stato catatonico in cui siamo caduti, liberarci da questo riduzionismo dell’umano in cui crediamo di essere prigionieri. E prigionieri lo siamo solo se non ci facciamo carico del nostro inferno, personale e comune, prigionieri continueremo ad essere se mai inizieremo il nostro trasformativo e responsabile viaggio.
Oggi siamo tutti in forma, non si parla e non si vive d’altro che di cibo e palestra, di bio e di dio, ma non è la forma di cui parla Oswald Spengler nella sua opera “ il tramonto dell’Occidente “ , definendo il termine “cultura” come la condizione di una società in forma, proprio nel senso in cui un atleta è in forma.
Il modo in cui un atleta tiene le braccia, l’angolazione del suo corpo, ogni minimo dettaglio della sua forma atletica serve a dare impulso e a sviluppare un momento di vita di totale realizzazione e compiutezza.
È una continua “centratura” la Vita, è un ri-attualizzare i muscoletti del corpo, del cuore e della mente, un incessante passo di danza nel ritmo dell’Essere; è un lavoro duro, occorre tempo e pazienza, attenzione e cura, passione e amore: una volta che la gara è persa non è più possibile ripeterla.
Auspico e prego di poter tornare a sentire:
L’antica voce dell’oceano
il sommesso mormorio dei piccoli ruscelli
(l’inverno ha dato a essi l’oro al posto dell’argento
per tingere le loro acque e il verde delle foglie al posto
del marrone per fiancheggiare le loro sponde )
da gole differenti parlano un unico linguaggio.
Così io credo che se fossimo abbastanza forti
da ascoltare senza divisioni di desiderio e di terrore
la tempesta delle nazioni sofferenti
la rabbia delle città tormentate dalla fame
anche quelle voci sarebbero scoperte
limpide come quelle di un bambino
o come il respiro lieve di una ragazza
che danza da sola lungo la riva dell’oceano
sognando un amore
( Robinson Jeffers: Musica naturale )
i semi della gioia
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