Riceviamo e facciamo nostro questo invito
A.V.
Facciamo qualcosa!
Sto ascoltando Rai News che esordisce con due notizie allarmanti e connesse. La prima è un balloon d’essai che vuole saggiare cosa si pensa di una proposta D’Alema al Quirinale; l’altra è la proposta di Alfano di un governo Bersani, a patto di un candidato del centro-destra al Quirinale. Il tutto coordinato dall’attuale Presidente. Dopo la giornata di ieri era fatale una reazione e questa è arrivata. Tutte le ipotesi suddette sono pericolose. Forse è inutile che io ricordi che sia D’Alema il primo capo del Governo di provenienza comunista che trascinò l’Italia in una guerra, per non parlare di tutto ciò che ne seguì. La proposta Alfano è apparentemente diversa ma sembra portare a una convergenza di fatto perché propone uno scambio perverso che, qualunque esso sia, avrà come conseguenza quel patto scellerato che permetterebbe a Berlusconi una specie di salvacondotto. Napolitano come garante di una soluzione o l’altra è la ciliegina sulla torta. A questo proposito allego l’articolo di Bevilacqua. Facciamoci sentire: chi può arrivare a coinvolgere costituzionalisti o altro lo faccia subito proponiamo una campagna per l’elezione di un candidato di garanzia. Rodotà o Settis come ha proposto Maso Notarianni mi sembrano nomi spendibili, ma ciò che conta è far saltare il piano che vede coagularsi intorno ad esso i nomi peggiori e più pericolosi della nomenclatura bibartizan.
Franco Romanò
Il cittadino umiliato dal comunicato di Napolitano
Piero Bevilacqua
Venerdì 15 marzo 2013
La scena politica italiana ci mette ormai da anni di fronte a tali e tante enormità che oggi ci mancano le parole, lo sdegno ci ammutolisce. Eppure bisogna alzare la voce, far sentire il grido della nostra coscienza offesa. Perciò avverto il bisogno di dichiarare che come cittadino italiano mi sono sentito umiliato dal comunicato di Napolitano a proposito della gazzarra inscenata dal PDL nel Tribunale di Milano. La gravità dell’intervento del Capo dello Stato è stata già stigmatizzata da autorevoli (pochi) giornalisti (Massimo Giannini su Repubblica del 13 marzo, Marco Travaglio sul Fatto dello stesso giorno) e da un duro comunicato Libertà e Giustizia. Oggi sul Manifesto da Mauro Volpi. Ma non ci si può fermare, non possiamo girare pagina, passare ad altre notizie, come se l’Italia fosse dentro un qualche telegiornale, e dovessimo correre dietro al consumismo bulimico dei media.
La marcia dei parlamentari del PDL dentro il Tribunale di Milano è episodio troppo grave e inaudito per coprirlo col rumore delle notizie sul nuovo papa. È accaduto che un corpo dello stato, come una qualunque squadraccia, è entrato nella sede dove la magistratura, un altro corpo dello stato, stava svolgendo il proprio difficile e delicato lavoro, per intimidirla. E debbo qui sorvolare sul fatto che tanti di quei manifestanti hanno già coperto di vergogna e di disonore il Parlamento italiano, giurando sull’incredibile fandonia di Ruby “nipote di Mubarak ”. Un sopruso che ha ferito la dignità della Repubblica italiana agli occhi del mondo. Anche quanto successo a Milano non era mai accaduto nella storia dell’Italia unita, fascismo a parte. Che cos’altro doveva accadere, per il Presidente della Repubblica, perché pronunciasse una condanna senza alibi né contrappesi, di fronte a un’azione di così estrema gravità?
So bene che il Capo dello stato deve svolgere un’azione di persuasione morale e cercare di attenuare le asprezze dei conflitti tra le parti, specie in una fase complicata e difficile nella vita del nostro Paese. Ma come può Napolitano controbilanciare la condanna dell’episodio al Palazzo di Giustizia di Milano, aggiungendo di comprendere la preoccupazione del Pdl di «veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento>>? È difficile far rientrare una simile affermazione nella sfera della moral suasion, come si dice con “nobilitante” gergo inglese.
I giudici impediscono a Berlusconi di svolgere la sua funzione? Ma l’intera vita politica italiana degli ultimi venti anni è la storia dei tentativi di Berlusconi di sfuggire alla giustizia con tutti i mezzi. Un fine perseguito, come in questi giorni, con i cavilli e le dilazioni di squadre di avvocati parlamentari, pagati dunque anche da noi.
Ma soprattutto attraverso il soggiogamento del Parlamento, la manipolazione delle leggi della Repubblica, piegate alle sue personalissime e inconfessabili necessità. Berlusconi, l’ anomalia di potere più grave e insanata di tutto l’Occidente e oltre, sarebbe impedito nello svolgere le sue funzioni?
Ci sono due aspetti molto gravi in questa posizione di Napolitano su cui occorrerebbe riflettere. La prima riguarda l’influenza paralizzante che in questa come in altre circostanze ha avuto ed ha sulle scelte di quello che era, o doveva essere, il maggiore partito d’opposizione. Lo si è visto con la scelta del governo Monti e lo si vede ora. Dal PD non abbiamo sentito alzarsi un voce in difesa dei magistrati di Milano. Non sono costituzionalista e non azzardo giudizi di merito. Ma il peso che Napolitano ha da tempo sul PD mi pare, di fatto, distorcente di una normale dialettica democratica.
Naturalmente il PD fa la sua parte in fatto di inerzia, silenzio e inettitudine. Fatto sta che da tanto tempo uno dei maggiori stati industriali del mondo è privo, nella sostanza, di un’opposizione politica.
La seconda osservazione riguarda questa speciale Realpolitik italiana – da decenni linea di condotta del centro-sinistra – che prende atto prudentemente dei rapporti di forza in campo e sorvola “cattolicamente” sui peccati di legalità, di corruzione, di abuso, di sopraffazione dell’avversario. Non aver risolto il gigantesco conflitto di interessi di un impero mediatico piantato nel cuore di uno Stato di diritto è conseguente a tale condotta. Ed è un veleno mortale che intossica la vita pubblica. Questo è, storicamente, il modo in cui il PDS, Ds, ora PD ha guardato e continua a guardare a Forza Italia, PDL e alla condotta di Silvio Berlusconi. Com’è noto, il più conseguente teorico di tale filosofia è Massimo D’Alema, la cui cultura politica mi appare “un amalgama mal riuscito” di cinismo da Terza Internazionale e lustrata ideologia neoliberista. Ebbene, tale realismo – dovrebbe essere ormai sotto gli occhi di tutti – ha costituito uno dei germi più perniciosi della malattia italiana.
Perché il male più grave del nostro Paese, ancora più difficile da curare della crisi economica, è l’immoralità dilagante, l’abuso, la corruzione, l’accaparramento privato del bene pubblico, il godimento esibito dei privilegi, l’ingiustizia quotidiana fatta normalità, e soprattutto l’esistenza di una oligarchia politica al di sopra del bene e del male. Non sono né moralista, né giustizialista, per ricorrere al gergo corrente. Credo di star facendo il mio mestiere di storico.
E sono abituato a esaminare la realtà del passato con più varie categorie, che non quella della semplice moralità pubblica. Ma cade ormai sotto l’ambito del giudizio storico il fatto che tale realismo, l’assenza di intransigenza morale nella lotta politica, ha costituito uno degli ingredienti micidiali per la corruzione dello spirito pubblico nazionale. Lo spirito pubblico non è l’infatuazione di un momento, una moda transitoria. E’ l’anima di una nazione. Ed è in questo grave decadimento morale, di cui i partiti sono stati gli agenti fondamentali, che affondano le ragioni del declino del paese e del fallimento del sistema politico italiano.
Vorremmo ricordare al presidente Napolitano che c’è una linea sottile in ogni tentativo di persuasione, di pratica del buon senso, oltre la quale il messaggio scivola nell’indistinto morale, oltre che politico. E questo finisce con l’accrescere la distanza tra i cittadini e le istituzioni, crea ulteriori lacerazioni nell’anima civile degli italiani. Ma so che è inutile. Nel crepuscolo della cosiddetta seconda Repubblica si mostra in cristallina luce quanto avevano compreso gli antichi Greci, gli antenati di un popolo che l’Europa oggi mette in vendita al migliore offerente: « Gli dei accecano coloro che vogliono perdere.» E davanti a noi possiamo bene osservare quanto sono ciechi i comandanti di oggi, che continuano a marciare sicuri verso il precipizio. Purtroppo non possiamo rallegrarcene, perché nel baratro stanno trascinando anche noi.
(questo articolo viene contemporaneamente inviato al manifesto)
Si potrebbe pensare che tale squadraccia che è il PDL minacci i capi dello stato (anche Ciampi mostrava strane timidezze e incertezze) o che ci sia qualcosa che noi cittadini non sappiamo per cui questa specie di Al Capone possa farla franca, insultare, ostentare le pessime frequentazioni senza pagare pegno, mai.
Sì, non è affatto priva di fondamento questa ipotesi di Claudia…se pensiamo poi alle vicende oscure (oscurate della trattativa stato-mafia…è indubbio che una classe politica inqualificabile ha consentito alla mafia di invadere crescenti spazi di potere e di società. Ed è uno degli specifici italiani che rende la nostra crisi gravissima, rispetto a quella generale del capitalismo postmoderno.