5 stelle e la cultura del web

Pubblicato il 11 marzo 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Riteniamo che occorra analizzare e riflettere, prima di farsi prendere o da facili entusiasmi o da demonizzazioni improprie. Questo articolo ne è un esempio, su cui invitiamo a intervenire

A.V.

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Considerazioni sulla cultura alla base del risultato elettorale

Giacomo Guidetti

Il recente risultato elettorale in Italia ha sconvolto perché inaspettato, generando da un lato nuove speranze, da un altro nuove preoccupazioni, all’estero ancora più forti per il timore di emulazioni. Eppure i segni delle radicali trasformazioni delle collettività generate dai mezzi di comunicazione avrebbero potuto far prevedere, almeno parzialmente, il fenomeno.

E’ indubbio che una cospicua parte dei votanti il Movimento 5 stelle si è espressa in tal modo per dare un forte segno alle esigenze di rinnovamento, anche in senso ambientalistico, e di moralizzazione della politica, tuttavia l’avvenimento va compreso per quello che realmente rappresenta, sintomo di una trasformazione culturale, o meglio antropologica come viene definita da molti esperti, che ha trovato proprio da noi la sua espressione politica (e non è la prima volta, come è noto, che l’Italia si propone come avanguardia di questi fenomeni).

Intanto va considerato che è la direzione stessa della conoscenza che si è trasformata in questi anni, verso un uso immediatamente utilitaristico e settorializzato, si può asserire che non conta più la conoscenza in senso lato, ma le specifiche competenze. Queste interessano scopi pratici e immediati, come il lavoro che si dovrà svolgere. Ciò che decade della conoscenza è soprattutto la funzione formativa, ma anche quella edonistica, il piacere della conoscenza in sé, che non diverte più, e la curiosità è spostata su argomenti futili, frequentemente riguardanti solo la ristretta sfera individuale. Sono un sintomo i dati relativi ai libri: chi ne legge anche solo uno all’anno è meno della metà della popolazione e la vendita degli e-book è molto al di sotto delle pur non esaltanti aspettative. La trasformazione merita certamente un serio approfondimento, è quindi un argomento che non può essere trattato in poche righe.

Quello che invece tento di fare, benché sommariamente, è un analisi del nuovo organismo politico, su chi ha fatto maggiormente presa e del perché del suo successo.

Il Movimento 5 stelle è strutturato come un social network, compresa la concezione politica e quella delle funzioni di un parlamento, dove si giudica con “mi piace/non mi piace” (come in Facebook), che è poi l’equivalente di si/no, tutto/niente, vero/falso, riducibili nel codice binario 1/0 e on/off, che possono anche voler dire pro/contro, ossia “chi non è con noi è contro di noi”.

Il confronto avviene sempre e soltanto all’interno del social network, sistema chiuso, sigillato, per interagire col quale si può solamente aderirvi. Le opinioni sono espresse come su Twitter, in formule brevissime, in sostanza sono slogan assai più che opinioni ragionate, chiuse in ristretti ambiti di interesse. Non è un caso che l’unico sistema di comunicazione consentito agli adepti è attraverso il web. Persino il nome deriva dal modo di esprimere il gradimento in internet, fondato su giudizi schematici, scarsamente motivati e quasi sempre privi di contraddittorio.

Tutta la cultura giovanile si sta forgiando in tal senso, e il valore supremo è la velocità (l’affermazione della dromocrazia di cui parlava Virilio), nella ricezione e nella risposta, dettata questa più dall’emotività del momento che da un ragionamento. Anche nel parlare bisogna essere rapidi, quelli che parlano velocemente hanno più possibilità di successo (e in questo certamente gli attori sono più abili).

La questione non è soltanto culturale, ma fisiologica: muta il sistema percettivo, specifiche aree del cervello predisposte alla riflessione analitica si stanno specializzando in aree per le risposte immediate (in un certo senso tornando indietro, molto indietro, ad uno stato animalesco dove la risposta istantanea è essenziale alla sopravvivenza) e c’è un diverso modo di interpretare continuo e discontinuo, causa ed effetto, le successioni temporali.

Il fenomeno assai comune fra le nuove generazioni è quello del sempre connesso (in Italia lo è il 54% dei giovani sotto i trent’anni), favorito dai portatili come smartphone e tablets (se qualcuno non ci credesse gli basterebbe fare un giro in una metropolitana per rendersene conto). Questi sempre connessi vengono definiti anche biomediatici (dal Censis), cyborg (ossia sintesi di uomo e macchina, avendo quasi incorporato gli strumenti di comunicazione), oppure da alcuni studiosi americani, interpretandoli come nuova specie cognitiva, Homo zappiens, in cui gli apprendimenti avvengono per quanti di informazione piuttosto che per flussi continui. I biomediatici utilizzano la rete soprattutto per connettersi coi propri simili, ricercando ciò che conferma le proprie opinioni, esprimendosi in modo ultrasintetico e fortemente emotivo, e talvolta spingendo fino all’esagerazione l’esibizione narcisistica.

E’ chiaro che un movimento strutturato come social network colpisce questa fascia (anche se non solo) e comunque ne è la precisa immagine, sostenendo che questo sistema di relazioni è il più democratico possibile. Eppure alcuni dei massimi esperti di comunicazione in internet già da anni avvertono che questi sistemi chiusi, assieme alla concentrazione sempre più serrata delle aziende che detengono il controllo del traffico dati, sono proprio la negazione dello spirito democratico del web.

In ogni caso anche al di sopra di questo sistema che si autodefinisce orizzontale ci sono i leader: nessun movimento o partito può farne a meno, il branco di qualunque natura e dimensione ha sempre bisogno di riconoscersi in un capobranco.

La parola partito disturba perché deriva da parte, e presuppone quindi una presa di posizione pregiudiziale, uno schierarsi, e ciò contrasta con il carattere essenzialmente pragmatico, mutevole, occasionale e interclassista del movimento, dove ogni questione va affrontata “di volta in volta”, quando si presenta. D’altronde non esistendo una teoria (politica, economica o sociale) di fondo, non può che essere così. L’unica teoria vigente è di sistema, è l’impostazione strutturale del movimento stesso, che è di una rigidità difficilmente riscontrabile in altri organismi sociali.

“Ognuno vale uno”, se non è inteso banalmente come espressione del voto già sancito dalla costituzione, è uno slogan che può somigliare a quelli propri della sinistra storica, che proponeva uguaglianza di diritti (espresso in termini ideali come “a ciascuno secondo i propri bisogni”). La differenza però salta fuori quando ciò dovrebbe valere anche per le competenze, dove invece sarebbero necessarie forti diversificazioni (“ciascuno secondo le proprie capacità”, completando lo slogan ideale della sinistra). In questa falsa parificazione si nasconde anche uno degli aspetti più mistificanti dei social network e di parte di internet.

I movimenti di protesta ci sono sempre stati, e questo per alcune caratteristiche può essere assomigliato al ’68, che nasceva fuori e in contrapposizione al parlamento, con una vigorosa critica ai partiti in genere e in particolare a quelli della sinistra tradizionale. Tuttavia le differenze sono enormi: il ’68 era scoppiato in una generazione che si vantava di robusti riferimenti culturali, i cui leader erano tutti (senza eccezioni) espressi dal movimento stesso e della stessa generazione, e fortemente internazionalista (qualunque cosa accadesse nel mondo diventava motivo di azione o di protesta). Il movimento attuale è invece totalmente riverso sulle questioni interne, noncurante di ciò che avviene fuori (che nell’epoca della globalizzazione può sembrare un paradosso), non ha espresso alcun leader autonomamente, ma si è limitato a cooptarli dalla stessa generazione che si vuole sostituire, e, per tornare alla questione iniziale, con un aprioristico rifiuto di qualsiasi retroterra culturale, rifacendosi solo a ciò che viene generato istantaneamente dal movimento stesso.

5 comments

  1. antonella ha detto:

    Questo articolo o meglio riflessione cosa molta lontana dalla cosiddetta rete è esattamente in linea con ciò che scrivo con uno pseudonimo all’interno della stessa (nel fatto quotidiano.it sono fantasia 55).
    Al di là di qualche consenso che ricevo per le mie riflessioni (più brevi di questa) che nascono ora da un articolo ora da un altro mi ritrovo ad essere insultata e se scrivo argomentando come hai fatto tu di branco di democrazia reale eccetera pur ritenendomi in linea con le proteste espresse in campagna elettorale dal M5S (chi poteva non esserlo?)mi ritrovo apostrofata con frasi tipo “la lettera di Totò Peppino e la malafemmina” o “chi ti credi di essere”. I giovani soprattutto ma anche molto altre persone sono incretati (nel senso della creta) nel berlusconismo che ha voluto che l’ignoranza trionfasse per acquisire voti. E i leader di questo movimento cosa vogliono? E’una domanda e non retorica.
    So soltanto che i giovani hanno perso il linguaggio verbale oltreché scritto. Parlano con sentiti dire e usando banalità se ascoltano parlare bene mostrano l’arroganza dell’ignoranza. Quando dico parlar bene non dico parlare “intellettualese” Nello scritto delle moderne tecnologie che utilizzano più della parola scritta ci sono più grugniti che parole, sono i grugniti degli uomini primitivi. Saremo ancora esseri umani e cioè il più alto gradino della scala degli animali per l’uso del linguaggio?

  2. Laura Cantelmo ha detto:

    Non credo si possa paragonare l’attuale movimento al ’68. Oggi abbiamo, paradossalmente, persone che ci dovrebbero rappresentare e che nessuno ha mai visto. Allora si viveva e si militava insieme, oggi se ci si vede per strada (tra candidati ed eletti) non ci si riconosce. Si tratta dunque di una rappresentanza virtuale, su quale base, mi chiedo e mi sento male se solo cerco la risposta.
    La conoscenza dell’altro deve necessariamente passare attraverso il corpo, attraverso quello che la persona che ci sta di fronte dice o non dice, ma che si può comunque percepire. Sto semplificando per ragioni di spazio, ma credo di farmi capire.
    La “selezione ” dei candidati M5S si è basata su chissà quali dichiarazioni, ispirate a chissà quali ragioni. Cosicché spunta una portavoce eletta che parla di fascismo come un’analfabeta e di articolo 18 come neppure l’odiata Fornero avrebbe fatto… Complimenti: questa sarebbe la novità!
    D’altro canto, come fu scelto uno Scilipoti? E il suo degno Razzi (se ben ricordo il nome)? Due assoluti ignoranti squallidamente opportunisti (per non parlare di altri esemplari presenti in altri partiti che ben conosciamo).
    Il degrado ha portato altro degrado, tanto che la novità del M5S, se va avanti così, finirà per rivelarsi qualcosa di vecchio, la cui unica novità è lo strumento relazionale, ossia il web.
    Bersani, intrappolato nelle spire burocratiche del suo partito, propone 8 punti, ignorando alcune richieste qualificanti di Grillo/Casaleggio , come le grandi opere (No Tav, ad es.) su cui si è espressa l’intera Valsusa. Il motivo è quello della convenienza: come la mettiamo con le coop rosse, che con Impregilo fanno affari con le grandi opere?
    Si rischia di diventare qualunquisti, lo so. Ma la responsabilità va anche individuata in quel grande partito che è il PD che ha sempre preferito il centro moderato, rifiutato di guardare a sinistra, con l’atteggiamento del Marchese del Grillo (ohibò) di sordiana memoria: “Io so’ io e voi non siete un c…!”

  3. Fabia Ghenzovich ha detto:

    certo la differenza del M5S col movimento estremamente politicizzato del 68 che viveva e si definiva con la militanza “corpo a corpo”, è evidente. Nel virtuale manca un reale confronto analitico perchè la velocità della comunicazione istantanea non lo prevede, tuttavia mi interessa l’aspetto in parte generazionale, perchè mi sembra che questa sia una rivolta sì di molti e trasversale, ma in particolare dei quarantenni che in buona compagnia hanno deciso di dire basta a una politica a cui non credono e in cui non si riconoscono e lo fanno senza alcuna ideologia, piuttosto basandosi sui dati reali, su ciò che la politica non ha fatto, sul rifiuto di un sistema partitico corrotto e vecchio, che non sa far altro che replicare se stesso. In questo senso ritengo importante il segnale perchè vero e vero legante del movimento. Quindi da ascoltare e capire nella propria evoluzione, pur con le critiche che ho letto nei post precenti e senza negare che l’ignoranza non aiuta, anzi fa danno, malgrado questo credo sia necessario porsi in osservazione finchè i pregi e i difetti non verranno chiaramente alla luce di volta in volta, come sta accadendo anche riguardo alla democraticità interna, ma senza pregiudiziali.

  4. Adam Vaccaro ha detto:

    Ringrazio le amiche che sono intervenute, con le loro argomentazioni sempre stimolanti. Aggiungo qualche ulteriore osservazione. Le modalità di relazione “elementare” sì/no non è sopraggiunta solo con i nuovi strumenti/media o social net work, traslati anche in ambito politico. Quelle modalità, studiate da Pavlov nei processi di stimolo-reazione e di condizionamento (non solo in ambito animale), sono alla base delle funzioni elettro-tecnologiche anche prima del processo di informatizzazione.
    Ma tali modalità appartengono anche dalle forze politiche e sindacali tradizionali (di ogni tendenza), perché rientranti in ogni prassi e modello di potere piramidale/patriarcale. Comune denominatore, per stare al mondo occidentale, dal modello cattolico a quello borghese a quelli dittatoriali (staliniano o nazifascista), che necessita di creazione di soggetti-soggetti, cooptati e assoggettati o espulsi/eliminati, fisicamente e soprattutto socialmente. Il meccanismo della delegittimazione e distruzione della credibilità di chi si colloca criticamente o pretende di elaborare un pensiero autonomo, è possibile nelle varie strutture del potere (dalla inquisizione alle forme di democrazia borghese del secondo novecento) perché alla base c’è la logica elementare dell’alternativa sì/no.
    L’invasione e l’evasione televisiva (dai giochi cretini al resto) ha estremizzato tale logica, consona alla creazione di soggetti minus cerebrati resi spettatori passivi, bambini/selvaggi abbindolati da specchietti e sempre più poveri di capacità di articolazioni complesse di pensiero critico, e dunque facilmente assogettabili.
    Berlusconi ha avuto l’indubbia capacità di farsi tramite in Italia di tale processo potenziale della post-modernità, facendone strumento da un lato di crescita abnorme dei parassitismi (abbiamo in Italia i tassi più alti oltre che di presenza mafiosa, di cui B. è certo frutto/ derivato, anche di esasperazione di quel “pizzo” ipermoderno quale è la pubblicità), dall’altro utilizzando l’immenso fiume di denaro così sottratto al lavoro produttivo, per corrompere vasti settori sociali (bassi e alti), corrodendo ogni pensiero altro anche nei partiti che avrebbero dovuto svolgere una azione di contrapposizione. La colpa storica di questi apparati nominalmente di sinistra, che hanno perso persino una visione socialdemocratica a favore di una sostanziale adesione a un neo-liberismo di iene affamate di distruzione di diritti e redditi dei ceti medio-bassi, è ormai evidente: ridotti a rottami in gran parte corrotti, privi di relazioni forti con i ceti sociali deboli e senza più un orizzonte critico altro, di cui anzi favoriscono la costante delegittimazione.

    Hanno così creato un esercito senza rappresentanza, prima muto e poi in cerca di qualche referente minimamente accettabile. Tale ricerca ha finora trovato nel Movimento 5 Stelle un suo referente politico consistente. Dice un ultimo documento di “Alba”, uno dei tentativi in atto di dare vita a soggetti politici nuovi a sinistra:

    “Il fiume in piena dei ‘senza rappresentanza’, disgustati dai partiti che nel 2012 hanno retto la maggioranza del governo Monti, ha adesso trovato nel voto a Grillo lo strumento efficace per spezzare il sequestro della realtà da parte del teatrino di questa politica. Per evadere da una rappresentanza che non solo non li ha rappresentati, ma gli si è rivolta contro: sacrificando alla logica spietata – ma presentata come naturale – dei grandi poteri finanziari, ogni residuo di equità e di legame sociale.

    Il fiume ha rotto gli argini. Ci troviamo oggi in uno scenario di profondo sconvolgimento e movimento in tutte le dimensioni, compresa quella istituzionale. Sentiamo come tutti la necessità di capire cosa sia successo e cosa succederà. I segni di novità sono tanti: dal cambiamento dei linguaggi, all’uso della Rete, alla rottura generazionale che ha portato la “generazione perduta” dei trentenni in parlamento e ha assegnato al Movimento 5 Stelle buona parte dei voti tra gli under 25. Riconoscendo la forza di Grillo e del Movimento 5 Stelle, dobbiamo anche segnalare l’inquietudine che provoca e dire con chiarezza che non ne sentiamo nostri il linguaggio, la neutralizzazione delle differenze tra destra e sinistra, l’idea di democrazia, la sottovalutazione della radicalità dei diritti civili e sociali, il ruolo del lavoro e del sindacato, le risposte alla crisi sociale ed economica.

    Noi sentiamo urgente la necessità di ricostruire culture e pratiche partecipative che diano nuova vita, spazio e rappresentanza, a un tessuto lacerato da vent’anni di berlusconismo e di subordinazione della politica – oltre che a destra, nel centro-sinistra – al mercato e all’ideologia liberista.”

    Bene. Considerazioni che condivido. Aggiungo che avverto fastidio, sia per gli entusiasmi acritici verso il movimento di Grillo, sia i timori, le etichette aprioristiche o gli schizzi di fango dei vecchi apparati. E’ indubbio che senza Grillo saremmo ancora più depressi o disperati. Mancano però – per stare agli ultimissimi sviluppi – iniziative sul territorio di riaffermazione forte della legalità, contro le mafie e contro l’atteggiamento minaccioso dei berluscones, rafforzato dall’atteggiamento (anche per me) cerchiobottista di Napolitano, che il solo Grillo ha denunciato e che gli consentirà di attirare altre adesioni…o si capisce che quel fiume in piena ha al centro la nausea per l’oscena corruzione messa in scena dai vecchi apparati politici, o si perde forza di attrazione anche sul resto…al centro occorre mettere la legalità (lo fa con la sua inconsistenza e inesistenza anche il PD), trincea e cuore di autodifesa di diritti e di un pensiero forte di cui questa democrazia del sì/no è solo un dato (si spera) provvisorio…

    Cultura, etica, complessità e legalità sono intrecciate e inscindibili se si cerca di inventare un’alternativa di pensiero e di azione oltre il bordo corroso dello stato delle cose

  5. Giuliano Zosi ha detto:

    Il Movimento di Grillo, non potrà, per lo meno sinora essere paragonato al movimento del 68. In realtà i Cinque Stelle hanno lanciato un’ondata di entusiasmo e di critica dura verso l’attuale cultura politica corrente. E’ stato una novità che ha colpito tutti. Tuttavia al Movimento Cinque Stelle, pieno di onestà, di una nuova onestà, necessaria, manca il supporto culturale e se vogliamo la centralità culturale che la sinistra negli anni sessantotto aveva immagazzinato al suo interno. il Sessantotto fu soprattutto un movimento di intellettuali, che dalla Francia alla Germania, all’Italia avevano aperto i confini culturali introducendo l’idea di un mondo unito nella lotta al Fascismo e alla reazione. Aperture generali della cultura comunista di quell’epoca, legati all’aggressività imperialista americana, al femminismo, all’innovazione di valori educativi di più ampia libertà, allo spostamento degli interessi personalizzati verso valori collettivi, universali, non più limitati al singolo uomo ne al singolo paese, sono proprietà intellettuali del 68 che non mi sembrano sussistere nel Movimento Cinque Stelle che a mio avviso non esprime ancora una vera idea di fermento culturale a tutti i livelli. Questa mancanza di un progetto culturale è il limite del Movimento Cinque Stelle, e la differenza sostanziale con il Sessantotto che potrà certamente dare dei risultati diversi da un Partito Democratico, che non riesce più ad avere un indirizzo politico sicuro. Sono pertanto d’accordo con Laura Cantelmo, con Fabia Ghenzovich e con Adam Vaccaro. Il cammino da compiere è ancora lungo e per ora dobbiamo accettare una sinistra che non è più sinistra, ma perlomeno tenta di agire, sia pure in una direzione che non abbiamo ancora compreso; ma per ora, e sono d’accordo con Umberto Eco, l’importante che agisca. Accontentiamoci.
    Giuliano Zosi

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