Sguardi e memoria di Beno

Pubblicato il 7 settembre 2010 su Resoconti da Adam Vaccaro

A un anno dalla scomparsa di Beno, mentre le cronache e le speranze paiono appese – tra i deliri di onnipotenza di Berlusconi e l’inconsistenza vociante degli altri – a Fini, può fare bene riportare indietro  di qualche anno l’orologio (2008) su questa carrellata di sguardi che l’amico Beno mi aveva inviato  all’inizio dell’estate di due anni fa.

Adam

Alla vigilia delle vacanze – una cantatina al cimitero

Beno Fignon

Alla vigilia delle vacanze invento uno sport mentale personale: qual è stato il titolo giornalistico dell’anno? Obama for president? La bomba atomica del Nord Corea? La pecora Dolly che ha cominciato a pronunciare la parola “papà”? No. È il seguente: “Harward, gli studenti vanno a lezione di felicità”. Orpo. Non ci aveva pensato nessuno fino ad oggi. Poi leggi l’articolo e scopri che bisognerebbe fare quello che gli uomini non hanno mai fatto a sufficienza: aver cura gli uni degli altri.

A Milano invece il sindaco Moratti prevede molta felicità dall’Expo 2015. Concentrata (la felicità) soprattutto nei grattacieli a venire. Non importa se a Milano non c’è più produzione di beni, gli abitanti traslocano nell’hinterland, a causa degli affitti alti, e il centro si svuota. I super grattacieli miracolosamente porteranno abitanti, vita sociale, felicità. La Moratti lo sa fin d’ora che non sarà così, ma nel 2015 dirà che suo compito era quello di costruire grattacieli. Appunto. Brava.

In città ci sono ancora vistose tracce dell’immigrazione di ieri. L’anziana emigrata dal veneto (anni 102), mamma dell’amico Renato: “Ghe sento poco, ghe vedo poco, ma che durasse! Mi la sera ai problemi ghe volto ‘l cul e digo ghe penserò doman”.

L’immigrazione di oggi si identifica con una filippina quarantenne che, come tutte le filippine, potresti scambiare per una liceale dai modi silenziosi e misurati. Confessa che vorrebbe essere alta e avere la pelle bianca. È lontana dai tre figli, dal marito e cosa posso dirle? Vedrai che sbiancherai? Ha aggiunto qualche problema fasullo a quelli veri.

Fra gli incontri dell’anno ricordo quello con Lidia Menapace, anni 85, ancora attiva e piena di energie. In Parlamento è stata candidata a presiedere la Commissione Difesa. Alle banali obiezioni da parte di qualcuno, a un certo punto ha dovuto ricordargli che almeno lei a vent’anni era sottotenente (staffetta dei partigiani).

Un amico in ospedale per cure lunghe è stato avvicinato da un infermiere “graduato”. “Ha delle ansie?”. “No”. “Sicuro?”. E insisteva per scovargliele. Dopo la prima ipotesi che lo facesse per un’attenzione ai malati, l’amico ha fatto mente locale che si trovava in una struttura ospedaliera privata. Insomma cercavano lavoro e fatturazione, altro che attenzione.

Di fronte alla mia finestra in città vedo la solita coppia perfetta che libera il verde dalle carte. Bravi. Sempre insieme, sempre mano nella mano (da quarant’anni a questa parte). Peccato che nessuno li conosca, non hanno contatti, snobbano le riunioni condominiali e quelle di altro tipo. Chissà come vivono intensamente il loro isolamento nel segno della distinzione. Se provassero a pensare che se la casa (87 famiglie) fosse vuota, sarebbero loro gli svuotati. Del resto è la stessa città che vive a settori verticali e non comunicanti. Non di verticalità esistenziale si tratta, naturalmente.

Invece in linea orizzontale, sui quattro sedili canonici del metrò vedo sedute una a fianco all’altra una sudamericana (peruviana?), una filippina, una musulmana col velo, una “giovane europea” con l’ombelico in vista nella zona smilitarizzata. Chissà, forse una qualche verticalità, anche se inconsapevolmente, loro almeno la creano.

“Tra i tre e i quattro anni di età, guardavo spesso le montagne perché ero convinta che quelle più vicine al paese, e quindi più basse, le avesse fatte mio padre, mentre quelle alte dalle cime nevose le aveva fatte mio nonno. All’età di cinque anni ho cominciato a frequentare il catechismo ed ho saputo che le aveva fatte Dio. Non ti dico la mia delusione”. Siamo già in Friuli (Valcellina) ed è Teresa Borsatti che mi scrive. Quei monti, insegnando ai marmocchi delle elementari per una vita, non li avrebbe più lasciati.

Ecco la sbòvo (vento forte a raffiche) di Ravedis. Il futuro dell’energia eolica è qui, oltre a quella dell’acqua. Ma nessuno sa che mi sta dando il benvenuto con ruvide carezze. Mi lascio spettinare, mi faccio spintonare. L’affetto ha diritto ad essere anche brusco, tanto con l’indifferenza o il finto amore non verrà mai confuso. Invece qualche insulto, anche qui, viene dai motori. Mi ripropongo di andare appena possibile a trovare Ernesto Bucco in Andreis. Ultranovantenne, dolorante, con la vista indebolita, ma risponde puntualmente alle mie lettere. Provate a scrivere alle pimpanti istituzioni per vedere se vi rispondono. Rispondere alla gente è un optional (soprattutto da quando hanno capito cosa vuol dire optional). Sono questi centenari che fissano nella volta del cielo il mantello della storia dell’umanità. Le istituzioni di fisso hanno invece lo sguardo.

Non posso non andare al mio fiume, scavalcarne qualche ramo, trovarmi in mezzo alla grava e fingere di essere travolto. Dove sono i dodici anni? Il fiume potrebbe portarti via per sempre. Sarei anche d’accordo. Lui ha vele color smeraldo, azzurro, verde cangiante. Chissà com’è elegante la barca per il traghettamento. Insomma una festa.

Ma mi precipito anche da Olga Rossi del Longu. Mi deve aggiornare sull’allegria de li’ castelanis (le esuberanti abitanti del borgo) che ormai non hanno più vent’anni. Dunque Olga del Longu, Franca de Barsòt, Marianùto (Mariannina) del Longu, Gigiùto (Luigina) del Belu e Annalisa Redolfi si incontrano al cimitero. Luigina vive all’estero ed è di passaggio. Ricorda che ti ricorda, vengono in mente anche le belle cantate di un tempo. Ma qui siamo al cimitero. Però il cimitero è vasto, ha degli angoli raccolti, non esposti e sottovoce si può fare una cantatina. Detto fatto. Peccato che, dato il contesto, sia subito finita (va bene essere discrete, ma siamo pur sempre al cimitero). Alla sera pizza, con il pensiero al “lavoro” lasciato a metà. Luigina è a casa con il marito. Idea: le “pizzaiole”, verso le ore ventitrè, si presentano sotto le finestre per la serenata, questa volta a squarciagola, anche se, per la cronaca, il cimitero è a cinquanta metri. A questo punto la scenografia prevede che Luigina e marito si affaccino alla finestra e diano il loro contributo alla diffusione del canto corale nel mondo. Al ritorno in Francia lo potranno raccontare. La Marianùto in Canada. E la Olga è lieta di aver dato un assaggio di vita vissuta alla figlia cittadina (peraltro entusiasta).

Come benvenuto non è male. Si prospetta una bella vacanza. Mi predispongo alla felicità. E se mi dovessi perdere nel suo bosco, chiederò lumi agli studenti di Harward.

2 comments

  1. Franco Romanò ha detto:

    Caro Adam e cara redazione i brevi saggi estivi di Beno erano un appuntamento felicissimo a fine estate. Questo francamente lo avevo perso e ritrovarlo ora, oltre alla leggerzza del suo sorriso anche quando parlava di cose tremende, ci fa misurare tutta la perdita. Però abbiamo almemoria, cerchiamo di ricordare sempre lui e altri che ci hanno lasciato segni importanti. Fra l’altro non mi pare ci siano state altre iniziative, a parte il richiamo di ieri di Alessandra che credo sia giunto a nche a voi.

  2. Franco Romanò ha detto:

    Metto subito un’in dicazio ne sul mio blog di andare a leggere questo brano.

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