Mentre tutto scorre tra tanti consueti problemi orrori e armi di distrazione di massa dell’esercito dei media, assistiamo tra impotenze e connivenze all’ennesima azione criminale contro la Palestina. Il vittimismo del governo israeliano per giustificare i propri crimini è una ignominia di cui sono responsabili i poteri del mondo intero. E fa parte di questa ignominia il ricatto dell’accusa di antisemitismo verso chiunque ne denunci il meccanismo ideologico e cinico. Da parte di chi non ha perso la voce la dignità e la libertà contro tale ricatto, occorre continuare a dirlo. Perché con Gaza è massacrata la carne e la vita del mondo. Seguono alcune mie poesie, scritte anni fa e purtroppo ancora attuali, in buona parte inserite in Seeds, Selected Poems 1978-2006, Edited and Traslated by Sean Mark, Chelsea Editions, New York 2014. E Invito gli interessati a commentare e ad aggiungere testi.
Adam Vaccaro
IL ROSSO E LA NEVE
Nello splendore del supplizio*
Qui è ormai tutto bianco
come una perfetta notte
di Natale mentre una fitta
si conficca nel costato
di questa impotenza
che può solo pensare
al rosso che cola
tra i muri massacrati
di Gaza
*
Qui da noi il padrone è una stella
che ci impone la misura della terra
della farina dell’acqua della dignità
che ci invade e distrugge le case
che ci affama e fa piovere bombe
nel nome di Davide e di Israele
che chiude il cerchio glorioso
della bestemmia Gott mit uns
su noi che non abbiamo più voce
in questo dominio del mondo
sommersi dalle mille voci
che del tempio fanno mercato
su noi resi ciechi e muti dall’oro
che scorre nelle reti e nei nervi e
comanda sapiente voce o silenzio
che non rompa la pace dei servi
o silenzio del dio dei popoli
tra scoppi di brindisi e bombarde
nell’impronunciabile nome YHWH
di un dio che ormai è solo tra gli eserciti
*
e voi qui ancora al caldo della favola di lana
del lupo e dell’agnello – di una stella che brilla
di dollari e uranio minacciata da un esercito
insensato di fame e stracci – di una stella
supernova del pensiero unico dominante di
una destrasinistra che balla abbracciata
alle stesse bugie e bolla da antisemita chi
rifiuta macelleria e storia che fa della speranza
umana una tomba, che rovescia la clessidra
e fa dell’Olocausto un grande ombrello
per coprire meglio tutte le vergogne, che
compra silenzi e falsità di politici e media
O Obama Obama, tu quoque!, ci dici anche qui
yes we can, incurante di quanto verdelatte
ti ha versato la lobby di Sion?, o voi
re della parola, poeti di lumini accesi
e voi che beati nuotate nel mare di cose
appesi alle code dei saldi – bambini dietro
aquiloni d’affari d’oro – non siate troppo disturbati
da bambini sventrati o ammutoliti di terrore
sulla striscia di Gaza
Gennaio 2009
*espressione di Michael Foucault, ripresa per la tragedia palestinese anche da Stefano Bologna – vedi http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090107/pagina/01/pezzo/238803/ e https://www.milanocosa.it/temi-e-riflessioni/lo-splendore-del-supplizio-di-gaza
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Memorie del futuro
La cenere dei fumi di Auschwitz
così bianca e viola infine rossa
batte batte dentro al cuore come
blatta che non volerà rimarrà
a rodere tra questi ruderi nutrirà
il nostro sangue nero sconfinato
insaziabile non si fermerà vorrà
sfamarsi di ogni sangue e vittima
diventata cenere deporla
nelle mani di Cerere a farne
messi di una Terra non più
prona a poteri e follie di ieri e
di oggi che sappia pesare
sulla stessa bilancia ogni
grammo di carne umana
rossa poi viola infine bianca
offerta al dio di tutti
i popoli di tutte le terre
ricche povere e senza
privilegi né figli prediletti
di una Terra non più
crocifissa da confini e
tavole imbandite da eletti
assediate da cumuli di blatte
affamate impazzite –
se questo è un uomo
2006
Inserita nell’antologia, 25 poeti per il giorno della memoria, a cura dell’Associazione per la storia e la memoria della repubblica, e dei Comuni di Civitella in Val di Chiana e Monte San Savino, 27 gennaio 2006.
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Quale bellezza Abbagliato imberbe e senza parole
rimase dalla bellezza trafitto e
reso palloncino panico e afflitto
gonfio solo della tonda domanda
se la bellezza era questa sconfitta
che taglia alla gola le solite parole.
Poi imparò dai più grandi – Dante etc. – che
ogni scuro squallore e viso sfigurato da
dolore e orrore – persino Auschwitz – ti sfidano
ad accendere segni che come amante
rovescia in luce la fragile clessidra
della bellezza che ti apre al mondo
E si volse alla bellezza che toglie
parole a chi ne ha paura e si chiude
o ama chiudere nel suo sacco il mondo
scegliendo tra potere e bellezza il polo
che insiste non si arrende e resiste
tra la morte e la vita che continua
genn. 2010
Inserita nell’antologia Chi ha paura della Bellezza, a cura di Tomaso Kemeny, Arcipelago Ed., Milano 2008
Su Gaza, e spero che non sia inteso come stupida concorrenza, mi permetto di segnalare testo e discussione in corso sul sito di POLISCRITTURE:http://www.poliscritture.it/2014/07/10/punti-interrogativi/
Grazie Adam, per le tue poesie contro il ricatto del governo israeliano e la smemoratezza sulla storia di una guerra che, per i troppi interessi-disinteressi, non avrà mai fine. Mi permetto di aggiungere una poesia che scrissi nel 1982 su SABRA E SHATILA. Anche questo fa parte,purtroppo, della storia.
SABRA E SHATILA
Mutandine stese così piccole al sole,
lo stesso orrore di montagne di macerie
e cadaveri di Haddad,
mercenario con cinque punte sulla sua “buona” stella.
Il terrore,
carnefice travestito da vittima,
mostra impunemente al mondo
il petto ricoperto di medaglie da guerra.
Stelle rosse sventolano
nell’aria vergognosa che non potrete più respirare,
carcasse umane, esuli chiamati terroristi
per l‘illusione d’uno scampolo di terra
dove coltivare la vita.
Quella terra ora è vostra,
sopra di voi
attorno a voi
dentro di voi
materia unica coi vostri corpi
nell’unica pace che chiede vendetta.
Terra,
terra esigente e barbara quella
bagnata col sangue
per insegnare al mondo il nome del terrore.
Caro Adam, aspiro il soffio della tua protesta e
mi chiedo se questa volta sarai tu a inviarmi un segno che apra la piccola porta del ricordo…
Il giorno affronta il vuoto
negli occhi bambini di Gaza
affamati nell’orrore che non
concede pietà.
Come combattere l’aguzzo
reticolato di dolore e
credere in un Dio più grande
tra silenzi furiosi barricati
di macerie?
Nessuno è preparato a questa
risposta sporca di sangue e fango
che assorbe il ricordo del sorriso
violentato su gradini di pietra.
Accovacciati sul limite fissato
scopriamo la bestia mentre fuggiamo
l’inquieto corrotto che sgorga nel
sangue riflesso d’innocenza.
Come scossi da una mano invisibile
i corpi devastati affondano nell’obliquo
tempo attraversato dall’ombra di Caino
Tra tanto dolore è bello vedere fiorire la poesia.
Senza occhi a Gaza
Mille lumini tremanti sul ciglio
della strada.
Mille bambini anneriti
straziati in sudari di menzogna
e vento
lacerati da fuochi e piombo fuso.
E il cielo chiuso è prigione di chi
subì e qui senz’occhi ripete
paura e sterminio alto
levando una stella gialla
sul sangue che arrossa
il dolce mare di Gaza.
*
Il mondo tace e la città è brivido
d’orgia di negozi
sul ciglio opaco
di una bambola silicone
che trottola bolsa l’iride
invasa
nei giochi di colore insani
al neon e
la borsetta vola e la bocca
a cuore promette baci
perugina
tra mille lumini ondeggianti
tra i rami di natale
tra mille lupi invisibili
da un volto
lucido e ferale come un kabuki
disumano.
Laura Cantelmo
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