Un denso articolo di Luigi Fontanella, pubblicato il 12 maggio scorso su “America Oggi” (il maggior quotidiano italiano di New York che esce con “La Repubblica”) e dedicato alla poesia e all’opera complessiva – come autore e come editore, vedi in proposito anche https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/due-libri-chelsea-editions-la-poesia-di-alfredo-de-palchi) – di un “decano” quale è Alfredo de Palchi. Per chi ama la poesia, quella di de Palchi (tra i tanti esempi che oggi non lasciano traccia) è un’esperienza che si imprime con forza e incisività nella carne e nella memoria.
L’articolo che riproduciamo contiene anche indicazioni relative a testi e libri, da quelli iniziali (anni ’40) ai più recenti, utili sia a chi lo conosce già sia a chi volesse conoscerlo meglio.
Fontanella offre una sintesi affettuosa e insieme fedele di chi è de Palchi, un esempio di rigore, etica e verità della scrittura, che per me vuol dire adiacenza tra testi e soggetto, oggi – mi si lasci dire – poco frequente. Per questo è una poesia che scarnifica, mette a nudo e dice all’altro. Opportunamente l’articolo conclude ricordando la costante “dimostrazione di una coerenza, di una dignità, di una fierezza, delle quali e per le quali De Palchi si è sempre fatto paladino, pagandone prezzo e disprezzo, ma anche sapendo deridere dei suoi detrattori, quasi come in una sfida infinita alla loro pusillanimità e alle loro meschinerie”.
Adam Vaccaro
N.B.: per una lettura agevole cliccare sull’immagine
Ho sempre trovato indegna una non adeguata risposta italiana (per lo meno bei blog nei quali è apparso De Palchi, poeta italiano; proprio qui, dove anche il lettore casuale o non troppo colto, o l’amante della poesia, o il poeta giovane, ecc…possono democraticamente intervenire, come è d’uso ed abuso collaudato).
In fin dei conti, il probabile lettore dispone di tre livelli almeno, per penetrare i testi di De Palchi: la forte etica, quindi la bellezza della persona reale. La resa poetica il più delle volte fulminante, originalissima e sempre stabile.
Il carattere ribelle che emana da ogni situazione storica, lavorativa, personale, anche estetica, e che dovrebbe infianmmare qualcosa nei giovani, dico io!
O forse il limite di attenzione negatagli sta proprio in questa sua innegabile “importanza”? In un blog, in uno status cioè appiattito o democratico o come vogliamo definirlo, può spaventare,e l’autore può fare autogol (per usare una parola brutta ma comprensibile a tutti).
Io ho amato da subito queste poesie forti come un garrote, specialmente “Foemina Tellus” dove il suo trecentesco duello con la morte – spesso scambiato per rapporto amoroso con una donna – è avvincente, prescinde da un io per coinvolgere tutti noi. Lo trovo di una grandezza epica.
Quindi ripeto: è forse queto “troppo” che De Palchi spande a pieni polmoni, a spaventare? Allora dovrebbe, chi legge (non parlo dei critici) essere lui già “tanto”, non solo per capirlo, ma per avere il coraggio di confrontarcisi in un giudizio che comunque sembra non riuscire ad esprimere?
E’ molto triste ammetterlo.
Cristina Annino.
Eh sì, cara Cristina, come non condividere le tue rabbiose osservazioni?! Mi fai venire in mente un mio aforisma: la poesia è spietata come una banca, che dà soldi solo a chi li ha già.
E mi fai ricordare che 5-6 anni fa organizzai con Milanocosa alla Casa della Poesia di Milano un incontro tra poeti e operatori in Rete, non solo milanesi, al fine di riflettere e valutarne luci e ombre.
Qualcuno venne con rilievi di ordine statistico sui blog letterari anche più frequentati, da cui emergeva che le risposte “visibili” ruotavano intorno a meno di una diecina di lettori. Non so ora se è cambiato qualcosa, visto l’ulteriore sviluppo quantitativo, ma temo di no. Posso testimoniare poco essendo un cattivo e poco paziente frequentatore. Tuttavia, stato spinto da amici e dalle logiche di promozione di quello che si fa, anche ad aprire una pagina in FB, ma confesso di affacciarmi poco o sempre meno, sia per tempo disponibile sia per la quantità esorbitante di ciarpame. Per quanto riguarda il blog di Milanocosa e il relativo spazio in FB i dati registrano diverse centinaia di frequentatori, anche se poi si manifestano in poche unità, compresi i clic di “mi piace”.
Ma continuiamo a fare quello che possiamo e se rompiamo il silenzio anche solo con qualcuno “visibile”, meglio di niente. Vale per la poesia e per tutto il resto, che rotola come sappiamo.
Ieri, 16 maggio, privatamente ho ringraziato il direttore di Milanocosa per aver inserito un articolo poco leggibile, ristretto da un giornale, e detto dove cliccare per ingrandire la stampa. Potevo dire grazie e ciao. No, io ho commentato brevemente come si svolgerà la presentazione. Proprio in questi momenti che visito l’inserzione ho appena terminato di leggere i due commenti di Cristina e di Adam. La nota personale inviata ieri ad Adam la trascrivo qui come perfetto commento ai loro commenti. Un commento che mi e naturale: ironico, sarcastico, e pungente.
Cristina e Adam sono chiari e amaramente commentano ragionando. Io che non
ho simili problemi ragiono così:
Sicuro che sono soddisfatto. Per quanto mi riguarda è un’ottima soluzione del tecnico che invidio. Pensa, mi arriva un pugno sul naso, il pezzo si ingigantisce,
e così l’ho riletto tanto per cominciare una fila di lettori. Ci saranno ma non lasciano un segno, o non ci sono e ciò fa il medesimo effetto. Dimmi, si legge in
Italia?, oppure ciascuno legge e commenta se stesso. Pare sia proprio così. Bene,
che vadano a farsi infinocchiare, Intanto che io mi guardo mi leggo e mi apprezzo senza odiarmi.
Alfredo de Palchi
venerdì 17 maggio 2013
Cari amici anche se non conosco Cristina mi azzardo a definirla tale. Mi aggiungo anch’io alla folto gruppo di commentatori, eh sì già non si parla dei grandi temi del salone del Libro 2013, i pessimi libri dei giornalisti dei politici degli scrittori. Nel luogo deputato a parlare del libro – lo chiamassero salone del commercio del libro – nella sua essenza in una epoca di informatica assoluta che fine fanno i temi esistenziali quelli propri della poesia che è tale altrimenti non è nulla è come dice Alfredo “roba da parolai”? Fontanella all’inizio dell’articolo ha posto scherzando un tema importante ha voluto chiamare anche Alfredo scrittore. Sì Alfredo è un poeta puro che ama la poesia pura e ha aiutato a diffondere in tutta la sua vita la poesia eppure ha sempre avuto il pudore di definirsi poeta, ma questo per un suo fatto emotivo. Io proprio tempo fa riflettevo invece sui tempi in cui i poeti e non espressamente in Italia erano coloro che con i loro lampi, le loro sferzate segnavano una traccia di riflessione e poi anche di percorso, erano sgraditi, ha ragione Cristina davano fastidio per il loro coraggio – altra parola di cui parla Fontanella per Alfredo- e per il loro non compromissorio modo di agire in vita eppure proseguivano. Così è Alfredo e in lui come in tutti i grandi poeti non si può distinguere la vita dalla poesia. Oggi ci sono molti parolai che credono di scrivere poesia ma ne lordano il nome – io stessa sono stata allontanata volutamente da più correnti perché ho sempre detto quello che penso e ora continuo ma appartata -. Ufficialmente le persone vengono chiamate scrittori perché la parola mette meno paura, è più facile sembra meno distante lo scrittore specialmente in Italia, la sua scrittura se non altissima, da Nobel è da cronaca è da diario è come dice Adam democratica (?) e quindi fa sentire tutti paritari come su facebook anche se poi la realtà è il contrario. Chi sente il coraggio di Alfredo e la sicurezza interiore senza alibi rispetto a quello che scrive perché non ha scheletri negli armadi cominci a parlare e a dichiararsi poeta. Ma quanti Alfredo ci sono in Italia? Forse qualche donna.
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Metanoia
Quel furore inusitato che m’hai prestato in contumacia è una meraviglia
che solitaria brucia sugli specchi come una sfacciata ipocondria,
ed è avvizzito il suo delirio sulla volta di una quinta deformata
per il grido di un numero che sfidava in moto la materia oscura.
Ma sul libro è spento lo spasimo di Palermo che un ferino giorno
declamai per il mio disprezzo, e per quella gloria che il marmo
mutava in corona siciliana l’Omero che riconobbe in un signore
il mare, che s’apriva al suo passaggio e alla schiuma dei cavalli in corsa.
Non riconosci nei miei versi il sublime duraturo e il filiale affetto
che nell’anima agita la tua ascesa, e la baldanza di chi ritorna alla lettura
per ritrovarsi alle cinque fonti… umile, senza enfasi, ti sei rinvigorito.
Ma quei poeti sono luridi nel loro circolo mediocre, e mortale!
E mi sento fuori dell’urna in questa primavera, nei pigolii inermi delle gemme,
e dell’infanzia non sai godere il mio furore giacobino in usufrutto – ma la città
si concede ai requiem, ai canti di cera dei crocicchi – e la mia pietà, Anna,
cortese ammira dal tuo celeste, e la rovina che mi tallona il sangue, e la mia vita!
antonio sagredo
Roma, 7 marzo 2011