Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Luigi Cannone
Inediti
Il campo di nessuno.
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Con un commento di Laura Cantelmo
Nota di poetica
L’esperienza poetica che ho sempre vissuto e cercato non è altro che un tentativo di attraversamento del mistero della rinascita dell’uomo nella luce della verità. Poesia, per così dire “corpo astrale” della realtà che ci circonda. Anima d’ogni forma letteraria. Questi testi inediti faranno parte di un libro intitolato “Il campo di nessuno” che sarà a breve pubblicato.
Luigi Cannone
Si rimane transitori, distratti
per tutta intera la memoria morti
in fondo, perché nulla accada, nulla
di noi tra i fatti della vita, frana
da vivere a memoria balbettando
a terre sconfinate un qualche sole.
La frana
*
Nel tormento che vivi ci ricorda
ciò che siamo corre il freddo che viene
e si vorrebbe cedere fruscianti
d’ogni assenza dietro pareti calde,
là dove tutto, anche la morte sbatte
il vero e l’illusorio d’ogni andare.
Timidamente un ramoscello al sole.
Il ramoscello al sole.
*
Infine a notte pura l’ombra, il sonno
che ancora ci confonde e ci fa spalle,
specchi d’abissi, tracce d’un rovescio
da reggersi col vento ed il ricordo.
Nell’aria diventata tempo, tutto
si confonde, bianco il mare, inaudito
il volo di chiaro e fresco brunire
e tra contorti rami il rischiarare.
In prossimità di orli.
*
Per non vedere, non vedermi vivo
un frenetico mancare, l’inerme
andirivieni che mi sfugge, un volo,
labbra incerte, parole e graffi e notti
e notti trattenute in un abbraccio,
in un istante che si inchina ancora
come un gioco, come un eterno fuoco.
Nella stanza il ronzio di qualche mosca.
Il ronzio di qualche mosca.
*
Torno a guardare al sommo della luce
la luce che precipita, la breccia
sul fondo di me stesso, il lento abbaglio
e ancora mi ritrovo e d’altre nubi
il lucido affrettarsi oltre la morte.
La mia giacca posata sulla sedia.
La giacca posata sulla sedia.
*
Come s’apre un boccio intanto che il cielo
s’allontana e il morso di ciò che accade
si fa limite e paura, inatteso
il ricordo di me stesso, il presente
che terra divora nel suo orizzonte
disperato, nel remo che ora sbatte,
nello schianto di chi galleggia ancora.
Il ricordo.
*
Solo adesso, sul mare che ha tracciato
la mia ombra, un altro tempo cade, carne,
bruciato diradare di pensieri
e il volo degli uccelli farsi notte.
Si direbbe il ritratto di qualcosa
che non fugge, l’amore posseduto
invece di carcasse ed ampio peso
e avanti al proprio vivere dischiuso
vasto alla geometria che si ripete.
Volo d’uccelli a sera.
*
Così vicino da svanire, tendo
ad un irrompere nel mondo e nasco
col bianco delle nuvole infinito,
incessante certezza di quest’ora
e dentro la terra, tra le tue braccia
che sia pietra o delicato fiorire
è solo la morte che porta vita,
i bimbi accoccolati sul divano,
la loro stessa assenza mentre torno.
Bimbi accoccolati sul divano.
*
Se il vero cresce sopra questo spegnersi
come vita al rovescio d’ogni assenza,
immobile la parvenza che migra,
il nero canto d’uccelli, le grida
di miti temporali senza forza.
Sono qui con il passero che salta,
seduto sulla solita poltrona
a maturare i semi che contengo.
Sulla solita poltrona.
*
Nel buio che mi sveglia ogni mattina
un campo di nessuno sopravvive
chiedendomi parole e lontananze.
Così guardo il cielo o vorrei guardarlo
e ciò che è qui mi parla come fossi
realmente i miei gesti consueti, il tempo
d’un ultimo presente senza fine.
Il campo d nessuno.
*
Notizia Biobiblio
Luigi Cannone, nato nel 1965 a Milano dove continua a vivere. Pubblicazioni: “Larghe chiazze chiare” – JOKER EDIZIONI – Novi Ligure 2008; “Le cose come sono” – PUNTOACAPO EDITRICE – Novi Ligure 2011; “La resa” – PUNTOACAPO EDITRICE – Novi ligure 2014; “I fiori del torchio” del volume “Estremi d’amore” – Seregno Settembre 2015.
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Nota di lettura
Se nell’accingersi a leggere poesia in profondità non fosse troppo facile e scontato cedere alla tentazione di collocare, di definire, operazione sempre rassicurante nell’impostazione di un modello interpretativo, l’approccio ai versi di Luigi Cannone potrebbe indirizzarci verso la categoria di “orfico”.
Senonché si percepisce immediatamente il limite di tale definizione, che tuttavia può fornire spunto per intravvedere l’aspetto misterico dell’esperienza di scrittura, medium per il poeta verso la consapevolezza di un percorso volto alla ricerca della verità. Il linguaggio germoglia attraverso immagini che rifiutano qualsiasi forma di retorica classica oppure ermetica, agendo mediante un meccanismo di immersione nelle profondità dell’Io che nello scindersi vede se stesso e vedendo illumina il proprio mistero – le proprie “brecce” focalizzate dalla luce – e quello della realtà tutta.
Le parole emergono dall’oscurità di ciò che chiameremmo più esplicitamente l’Es, anche se non è la psicoanalisi il riferimento di Cannone, bensì il cesello del linguaggio al di fuori del tempo, attraverso una serie di lemmi, una catena di segni che rimandano inevitabilmente a una semantica di carattere religioso. Dalla terra – o “campo” di nessuno – emerge la richiesta dell’espressione verbale che tesse un ordito di parole chiave come mistero, vero, morte, ombra, luce, dubbio che paiono riferite a una imponente costruzione simbolica quale fu quella delle cattedrali romaniche e gotiche, nelle quali sappiamo quale potenza evocativa e quale funzione avessero la luce, l’ombra e persino il dubbio che la luce stessa poteva sciogliere, introducendo al mistero. E attraverso lo spaesamento che si percepisce nel poeta, l’espressione si avvicina a quella della musica non solo nella sapiente composizione dei suoni e delle immagini, ma in quell’opera di disgregazione del linguaggio formale che da lungo tempo ormai attribuisce alla musica la capacità di svelare il senso dell’arte e della vita, che nell’arte trova sublimazione.
La componente misterica influisce inevitabilmente sulla qualità iniziatica del linguaggio di questo poeta, che nella attualità evidente e ormai diffusa della sua forma poetica comunica un intenso sforzo di ricerca – un “tormento” – sulla verità umana, e in particolare sulla propria verità di uomo/poeta che si vive come parte della natura, quasi bacca gonfia di semi destinati a maturare, riuscendo forse (il dubbio è insito nella ricerca) a vedere finalmente la luce.
Laura Cantelmo
Ammiro da tempo la poesia di Cannone. Ho il piacere di notare in questi inediti una tenuta formale e ritmica ancora più rigorosa del già alto livello raggiunto nella sua precedente produzione. Tutto ciò, anche se importante, rischierebbe però di essere vano se non fosse a supporto della tenace, coraggiosa e onesta ricerca di senso e verità su se stesso e sul mondo (e se stesso nel mondo) che da sempre contraddistingue Cannone. Auguri a Luigi per il nuovo libro e grazie a Milanocosa.
C.T.
Una dizione composta e precisa, senza sbavature, con una nettezza di significato e suono che non cede mai a facili autocompiacimenti, che non vuole indurre stupore ma sollecitare alla introspezione, all’accoglienza di quell’alone di infinito che si nasconde in ogni costretta e riluttante finitezza. Sicuramente ottimi testi con molti passaggi che s’imprimono nella mente del lettore. Mi sono piaciuti in particolare i versi: “a maturare i semi che contengo”, “balbettando / a terre sconfinate un qualche sole”, “il vero e l’illusorio di ogni andare”, quest’ultimo molto luziano, a mio parere. Un libro che sollecita attenzione e che certamente si candida all’interesse per una sua lettura.