Trasmutazioni3 – Adam Vccaro

Pubblicato il 3 febbraio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, di Adam Vaccaro,

puntoacapo, 2024

Lettura critica di Luigi Cannillo

Gli elementi del titolo e del sottotitolo della più recente raccolta di poesia di Adam Vaccaro formano l’immagine di un triangolo equilatero: al vertice con Trasmutazioni l’elemento della trasformazione e del mutamento. Nei due angoli alla base le Alchimie, il procedimento di manipolazione della materia, e Caoslandia, il contesto sempre più diffuso di confusione e mistificazione che ci vede sempre più disorientati e sgomenti nell’assistere all’interagire di molteplici elementi contraddittori della realtà.
Davanti a questo intrecciarsi di fenomeni, alla poesia spetta il compito di dare voce alla complessità e sviluppare, in quanto energia di pensiero al lavoro, forme di pensiero critico. E impone di immergersi nei tanti linguaggi che costituiscono la totalità, rispecchiarli e restituirli.
Lo stesso Vaccaro nella nota finale esplicita la creazione di “forme resistenti all’entropia del vivente, nell’incrocio di scambi antropologici di condivisione e moltiplicazione di sensi.”. Il triangolo di cui sopra potrebbe assumere allora la forma e la funzione di un cuneo/cuore che scava nella complessità e la approfondisce nella coscienza e nel linguaggio.
Si può intendere la trasmutazione anche come estensione e rimescolamento delle tematiche della raccolta precedente, Google – Il nome di Dio, puntoacapo, 2021. E in un certo senso, con accezione critica e negativa, anche come il cinico trasformismo agito dai poteri in gioco. Anche a questo potremmo riferire la citazione di Primo Levi che apre, insieme ad altre, la raccolta più recente: “Ogni tempo ha il suo fascismo”, nello spirito di irriducibilità dell’intero percorso di Vaccaro.
La foto in copertina, dell’autore stesso, riunisce nel medesimo paesaggio radici e terra, origine e materia, con valore plurivalente: la memoria contadina dell’autore in quella convivenza/complessità di elementi diversi così mescolati. Ad essa si può riferire la conclusione della poesia Bianco re”: “[…] mia radice viva/ che resiste e batte ancora qui/ intatta.”. Come afferma John Picchione nella sua approfondita nota di lettura: “la poesia di Vaccaro non esibisce mai un soggetto poetico ripiegato su una narcisistica contemplazione di sé, ma evoca un pathos che avvolge la negatività sofferta dal singolo nella sfera del collettivo. Si tratta di un atto poetico che nasce dalla convinzione che solo a partire dalla ricognizione stoica delle patologie radicate nel sociale e nel politico siano ravvisabili forme di cura in grado di aprire passaggi verso azioni di mutamento.”
La struttura del libro si articola in quattro sezioni, che si concludono tutte con una poesia flash dal titolo propiziatorio Auguri! Questi sigilli conclusivi confermano una caratteristica della scrittura di Vaccaro, che si può rilevare anche in raccolte precedenti: a una parte critica e destruens se ne affianca un’altra dove vengono tracciate anche traiettorie di futuro più favorevoli. Le sezioni di Trasmutazioni però non sono da interpretare come compartimenti stagni, bensì piuttosto come affondi o approfondimenti di linee tematiche che si intrecciano e riemergono carsicamente e metamorficamente.
Così la prima sezione, “Frane quotidiane – Cosa senza Nome” si riferisce frequentemente alla denuncia della sete di potere ma anche all’attesa della “Cosa senza nome” che inseguiamo come utopia o tentativo irriducibile, anche a confronto con nuove forme di sfruttamento, nuovi individualismi e illusioni quotidiane:
“Ora che, anima mia fratella, questi/ miei versi di urla dolore e rabbia/ non baciano più la tua pelle re/ legati fuori dalla tua carne al gelo/ che ti spezza le ossa senza più ri/ fare la Cosa che carezza e consola/ la tua parte angela assetata e fragile/ non incolpare me ma senti questa// polvere nera che cade cade e non/ riusciamo a renderla pioggia di/ quella Cosa ancora senza nome che/ aspettiamo aspettiamo come quel godot rimasto irridente nel nulla/ chiuso e perdente nel suo mai”.
La seconda sezione, “Pietre senza luna – Nel Macero della Storia” – si articola nel rapporto tra globalizzazione e conflitto, spaziando tra Europa e Palestina, USA e Africa, ricordando le migrazioni recenti ma anche i tabarri e i frantoi del centro-sud Italia:
“La claudicante ruota si staglia/ e ci stritola come olive sotto/ il torchio – e piano piano/ tra ragionevoli follie ci sfoglia/ fino a ridurci a/ poltiglia// Mentre cola l’olio santo/ dal becco smunto del trappeto/ che pressa e ammassa l’asciutta/ sua scura conchiglia da bruciare/ in omaggio al dio immane/ dalla mano benedicente/ l’oro liquido e sacro/ che gli appartiene”.
La terza sezione, “Sassi volanti – (Davide senza Golia)”, accentua lo spirito ironico-critico contro le tante “Armi di distrazione” con testi spesso brevi e caustici: “Carta-forbice-sasso – è anche una ruota di irrisione/ a ogni illusione di onnipotenza e vittoria definitiva”.
Infine, la quarta sezione “Pietre Miliari – (Memorie e Visioni)” trova felici sintesi in storie ed immagini che sottolineano la differenza tra realtà e narrazione, ma anche momenti di memoria di luoghi e personaggi e possibili vie e figure di salvezza: “Arrivano come perle parole che non sai/ se scendono o salgono lucide come/ attesi sapienti inascoltati nel loro/ canto – che intanto tutti/ gli altri piangono/ vinti dal male invisibile/ che dilaga in una pioggia infusa/ a salse d’ansia asservite e chiuse alle/ invisibili attese perle sapienti di salvezza”.
All’interno degli intrecci dinamici tra una sezione e l’altra, alcuni testi sono riedizioni di poesie esistenti in precedenti raccolte, che qui assumono più che valore di citazione, quello di nuova valenza nel contesto del progetto poetico più recente.
Un elemento tematico centrale significativo è quello rappresentato nella pietra: le pietre del letto del fiume o che costituiscono un paese di sassi, ma anche frammiste come detriti tra muschi e sterpi: pietre da costruzione ma anche frananti. Con un effetto fortemente evocativo come nel distico La mano e il sasso: “nel volo di un sasso cogli la mano e/ nel suo brillio la memoria dell’acqua”.
Simbolo quindi di opposti, proprio a partire dalla sua matericità. Come osserva Gabriella Galzio nella postfazione, “quelle di Vaccaro non sono semplici trasformazioni dell’esistente, ma vere e proprie trasmutazioni, ovvero mutamenti di sostanza, di natura, che in quanto tali ricorrono alla via della trasmutazione alchemica o al registro biologico del bruco che muta in farfalla […] Ma, in quanto umane, le trasmutazioni di Vaccaro sono colte nella loro ambivalenza, ora regressiva ora evolutiva […]”
Altre tematiche, spesso trasversali, riguardano gli eroi quotidiani, momenti di socializzazione e incontro, di comunità, in un panorama che si forma tra un selfie e l’altro, elementi della contemporaneità e della storia più recente (il green pass, la guerra in Ucraina e in Palestina insieme alle figure della propria origine o dell’infanzia, quella del padre o dei prodotti della terra (le mele verginelle, l’origano).
D’altra parte l’uso dell’immagine come metafora è frequente in Vaccaro: i criceti alla ruota, la macina, l’odore di sedere del potere, il gioco carta-forbice-sasso, le parole come perle, insieme alle sinestesie (acqua di luce) o alle similitudini (come formiche, come un tapiro). Altre forme di slittamento dal linguaggio convenzionale sono rappresentate dall’uso di neologismi (fratella, dindare) o vocaboli attinti dal linguaggio centromeridionale dell’area d’origine dell’autore (trappeto, tabarra, tina) o accostamenti di parole polivalenti (mostro Stato).
Molto variegata, insieme all’uso delle figure e del lessico, è la struttura dei testi, anche graficamente diversificati tra strutture lineari e altre in diagonale, a bandiera, in calando/crescendo o articolati attorno a un punto di snodo, o allineati al centro, in blocchi prosastici, o con utilizzo del verso lungo, in sonetto o in sole terzine. Ricorrendo anche alla figura della tmesi, come tipico della scrittura di Vaccaro: re/legati, ri/fare farfuglia/menti, pro/cesso, uni/versi, co/stanza, in/tenta. Diversificato appare anche l’uso della rima, fino all’interno dello stesso verso (“calura che dura”) o in immediata successione (sasso passo) o sdoppiamenti (lamento Mento) con assonanze (Soros cuore d’oro), anche giocose, con scambi di consonanti come anagrammi (l’alibi di abili) o cambi di vocale.
L’arco e lo slancio creati dalla raccolta sono ben rappresentati da due estremi, personificati in due figure: quella di Vilma, staffetta della Resistenza partigiana e prima donna giornalista della Rai (suocera di Vaccaro): (“[…] a voi spetta il tempo di inventare un vento/ capace di liberare l’aria e i vostri cuori spersi […]), e Chiara, la nipotina del poeta: “Soffia Chiara iride sospese bolle di/ sapone ignote a chi non vede i mondi/ dei clausi fiori nel tuo nome – tondi/ come i tuoi occhi – pianeti ricolmi di te/ […]”.
Al Poeta il compito etico, creativo, di farsi traghettatore, oltre che di senso, di rivendicazioni e sogni, di speranze e realizzazioni tra mondi e generazioni. Nel compito/impegno della poesia.
3 febbraio 2025

Luigi Cannillo

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