ALLE FONTI DELLA SAGGEZZA
Donatella Bisutti, Erano le ombre degli eroi, Passigli Poesia, 2023 – pp. 203
Entro gli Orizzonti sempre più tragici e antiumani che stiamo vivendo, spesso dobbiamo registrare indifferenze e inadeguatezze, sia politiche che culturali. Ci sono tuttavia, per fortuna, esempi contrari di analisi, denunce, espressioni, iniziative, di presa di coscienza e difesa coraggiosa della verità. Le quali tendono a farsi carico delle responsabilità storicosociali, senza di che la china dei degradi antropologici in atto proseguirà, nella incapacità di riuscire a vedere, immaginare e progettare, come e quando potranno aprirsi le possibilità di un altro Orizzonte epocale. Credo che questo libro di Donatella Bisutti abbia alle spalle il nondetto che ho sintetizzato. Di Donatella conosco il percorso e la storia, costantemente impegnati nella ricerca di un pensiero critico rispetto alle derive e alle falsificazioni dei poteri di turno. È un atteggiamento generale, che definisco oltre la qualifica di civile, termine ormai usurato. In chi, come Donatella, matura un senso di responsabilità politicosociale, l’espressione e l’azione diventano politici, con senso alto ed etimologico, in riferimento alla cura e all’amore per lo stato della polis.
In chi vive nel corpo e nell’anima tale punto di partenza, possono ovviamente generarsi varie forme o sbocchi della propria espressione. In Donatella ne è sempre scaturito il bisogno acuto e costitutivo del nostos, del ritorno alle fonti profonde della nostra identità culturale, che risiede nella complessità di visioni, forme ed elaborazioni del Mondo Greco. Ma tale moto non è a testa indietro, da fuga neoclassica e paludamento nobile di scarico di responsabilità rispetto al presente. Donatella ne fa un reculer pour mieux sauter, per caricarsi di rinnovate energie alla ricerca di possibilità di condivisioni e salvezze. Che, o sono collettive o non sono, quindi fuori da ogni delirio individualistico, esaltato dalle ideologie del neoliberismo dominante.
Senza questa premessa, non sarei stato capace di dire alcunché di questo libro, di cui intendo esaltare i sensi se collocato e vederlo profondamente innervato nella storia dell’Autrice. In caso contrario, non sarebbe adeguatamente inteso. Dico subito che è un libro arduo e luminoso, che trasmette la fatica felice che lo ha costruito. Un libro al tempo stesso ponderoso, non solo nelle dimensioni, e lieve, con versi che fanno sentire il fruscio delle vesti e l’alito, fino ai meandri, pieghe e propaggini intime del corpo, del sesso e dell’anima, dei personaggi mitici che sono ripresi come nelle mani, per farli rivivere e farci raccontare tutto il loro dolore e la loro gioia. Ma il disegno non è di bellezza autoappagante e ornamentale, perché intorno fioriscono echi continui tesi alla speranza che ne derivi per noi un olio di sapienza, dalla sorta di frantoio riattivato dalla nostra fame inesausta di sapere e sapori della vita attesa, che oggi sentiamo sfuggirci.
Il libro si dispiega in una gigantesca messinscena, inanellata in sette parti e 52 Atti, dunque un poema teatrale, che ci fa cavalcare senza respiro e ci travolge, attraverso registri formali raffinati ma mai leziosi, perché ricchi di umori vitali. Per questo, la lettura non ci fa sentire nel passato, ma al contrario rende presenti questi personaggi di migliaia di anni fa, e ne fa nostra carne viva, echi e voci delle nostre angosce e delle nostre resistenti speranze e utopie. Veniamo così immersi in Tebe e Giocasta, Edipo e Tiresia, Elettra e altre Ombre, ma questo viaggio nel Tempo accende la coscienza che non siamo mai partiti dal punto di arrivo, qui e ora, giacché dai loro aliti e corpi, sangue e stupri, genocidi e stragi, si ergono ben altre ombre degli eroi greci. Si ergono aloni di chi si sente simile agli Dei, ignari scienziati di illusioni e fallimenti, in cui ci stanno decerebrando e conducendo, come un esercito di topi dietro un pifferaio attratto da un precipizio ignoto e invisibile.
Lo scenario è dunque tragico e senza speranza? Uscire dalla caverna platonica, aprire gli occhi e le coscienze, non è mai il male che chiude e uccide la speranza. È il dolore necessario, per restare umani, per capire che se “Le ombre degli eroi” mitici ci dicono che oggi “Non ci sono più eroi” adeguati ad affrontare i rischi di Apocalisse della notte in atto, sta ancora in noi, e solo in noi, riaprire le possibilità di un altro scenario.
16 ottobre 2024
Adam Vaccaro
Inserisco questo commento di Donatella giunto per email, a causa di momentanei problemi tecnici:
Caro Adam mi hai fatto un regalo grande. Sono felice anch’io di questo sostegno che ci diamo a vicenda nella convergenza delle idee e dei sentimenti, il che è per me un grande conforto. Tu fai onore all’antichissima stirpe dei Sanniti e sono contenta di conoscere un Sannita nostro contemporaneo!
Un abbraccio
Donatella
Ho avuto il piacere di leggere quest’ultima “fatica” letteraria di Donatella Bisutti, poetessa che seguo ormai da tempo e che stimo. Parlo di fatica letteraria, perché in questo suo recentissimo lavoro, “Le ombre degli eroi”, la Bisutti fa un’operazione a mio parere piuttosto singolare, e realizza un vero e proprio poema – come dice anche Adam Vaccaro – e al contempo una sorta di saggio. Dunque unisce le sue indubitabili doti di poeta alla altrettanto già comprovata esperienza di studiosa. È evidente che realizzare un tale libro ha certamente comportato anche uno studio approfondito della mitologia greca, che non si sarà certo compiuto senza un lavoro di anni, in quanto non sono sufficienti le proprie reminiscenze culturali per leggere e interpretare con tale consapevolezza la contemporaneità attraverso la mitologia dei padri della cultura occidentale.
Questo lavoro dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la classicità sia sempre attuale e rappresenti un mezzo di enorme efficacia per leggere le dinamiche umane e il loro farsi Storia.
Nel suo poema la Bisutti utilizza una lingua chiara, a tratti quasi discorsiva, ma che non manca di mantenere un suo registro lirico, riesce con naturalezza a trasportare il lettore, con salti fluidi, dal racconto del mito al racconto/analisi della contemporaneità, e viceversa, ponendolo in un continuo raffronto, sino ad arrivare a una fusione del tempo storico che stiamo vivendo e del racconto mitologico che ci accorgiamo aver accompagnato la nostra vita da sempre, senza nemmeno rendercene conto – quasi fosse qualcosa che ha a che fare col sangue, col DNA della cosiddetta civiltà occidentale e non solo.
Non vorrei dilungarmi troppo, visto lo spazio breve che dovrebbe essere concesso a un semplice commento, ma vorrei fare solo un paio di esempi estratti dal libro della Bisutti. Si pensi ai brani poetici della prima sezione dedicati al mito di Europa, tra l’Atto IV e l’Atto VIII, e a come parlando di tale mito la nostra poetessa denunci i problemi fondamentali, e purtroppo radicali, della realtà europea contemporanea. Alcuni versi dell’Atto VI, “Il Sogno di Europa”, recitano quanto segue: «Europa sogna di aver partorito / un gran numero di figli / sono piccoli ma già curiosamente vecchi» e poi «Ma è solo un sogno – Europa si risveglia affannata / Le sembra che le manchi il respiro» …«No, lei non ha mai voluto essere madre / di quella progenie nefasta / Sogna di avere abortito – di essere sterile». Questo brano, mi ha fatto pensare al sogno abortito in partenza dei padri fondatori della moderna Europa che non riesce a riconoscersi madre di una nuova Nazione – aggiungerei di una vera nazione, fondata, non sul danaro e la finanza (come è stato), ma sulla cultura e la Politica, sulle comuni radici culturali, storiche, civili, in cui ogni europeo dovrebbe riconoscersi in quanto tale.
Altro esempio, che ritengo centrale nello svolgersi del poema è l’Atto XLI, “L’Acqua di Tebe”, dove si comprende appieno che i Tebani siamo noi, la nostra malconcia civiltà, che si è perduta ed è votata alla propria estinzione, perché non riconosce più la sacralità dei doni della terra e della stessa vita che la popola – umana e non.
Il libro della Bisutti è un vero e proprio resoconto della storia contemporanea, in cui anche la cronaca quotidiana viene messa sotto la lente di ingrandimento, perché è nella cronaca quotidiana che si parla anche delle storie dei singoli individui, di quell’umanità sola e derelitta che il grande racconto scientifico degli storici spesso lascia da parte. Credo sia verso questa umanità, e dentro di essa, che la poesia trova il suo respiro e la forza di farsi canto.
Con ciò, termino e mi congratulo con Adam per aver dato spazio a questa lettura e con Donatella Bisutti per il suo bel libro.
Un saluto.
Andrea Lanfranchi
Mi compiaccio dei riscontri di Donatella, pubblicati anche altrove, oltre che del commento articolato di Andrea Lanfranchi. Non era facile la sintesi da me cercata di questo libro, per le sue dimensioni e la sua complessità. Mi ha aiutato certamente la conoscenza ricca di scambi, accumulati con Donatella nel corso di decenni, con alla base una condivisione e Adiacenza di pensiero e visione critica profonda. Per questo devo ricordare che non è stata casuale la sua partecipazione e presenza tra i fondatori qualificati e immaginifici di Milanocosa.
Molto appropriata questa nota di lettura di Adam Vaccaro.
Conosco bene il poema di Donatella per averne scritto a mia volta e lo considero un capolavoro di passione civile e poetica, una riflessione sconsolata sulla realtà odierna e insieme una rivisitazione del mondo antico che non può che affascinare. Un poema che merita molto, scritto con una passione e una competenza rara. Apollo e Dioniso sono i suoi numi.
Adam ha saputo cogliere molto bene il paradiso e l’inferno che lo animano.