Le cose del mondo – Paolo Ruffilli

Pubblicato il 7 gennaio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

LA PAROLA PER ESSERE NEL MONDO

Adam Vaccaro

Paolo Ruffilli, LE COSE DEL MONDO, Mondadori, Lo Specchio, 2020

Questo libro di Paolo Ruffilli rientra appieno nel sogno e bisogno da me sempre coltivati, di versi capaci di parlare di sé parlando dell’Altro, in un continuo entresci teso a dare forma alla molteplicità del Sé. Detto altrimenti, ne deriva un disegno poematico di passi nell’ignoto dell’autopoiesi, che man mano dischiude l’intreccio di una prassi che decostruisce materia, corpi, pensieri ed emozioni, cancellando i nomi ricevuti per ricostruirli e ridargli nuova vita. Ne deriva una narrazione di gesti del daimon socratico, che esiste e resiste, nel percorso diacronico del Soggetto Storicoreale (SSR), solo generando punti di attimi d’infinito del sincronico stato modificato di coscienza del Soggetto Scrivente (SS), in cui si rinnova la vita, anche attraverso il fulgore e l’illusione dell’arte primigenia di dare nomi nuovi alle cose del mondo.

La partizione del libro diventa e inventa serie di stanze, al tempo stesso interne ed esterne, della fatica felice fatta per esserci, come inteso da Seamus Heaney. Moto di un viaggio da fermo della mente, nel suo perdere e riprendere il bandolo del senso umano cercato. Senso complesso che intercala sensi, pensiero critico, senso del limite ed etica, svolto in una sorta di paso doble tra ritmi e canto con prevalenza di piede endecasillabico, ricchezza di allitterazioni e rime, che ci prende sin dall’avvio della prima sezione, Nell’atto di partire (pp.9-41):

“Nel porsi in viaggio, prese le distanze/ e tutte le misure per quello che si può/…contro i rischi dell’ignoto” (p. 13); “È proprio andando che si capisce/ che è una questione del tutto relativa./ Avanti e indietro…qui e là…” (p. 14); “Carico di gente, di storie di luoghi/ di sapori…/ per ciò che non c’è più nel vuoto” (p.38); “E, poi, in procinto di partire/…/ il desiderio di restare a casa/…/ Il sogno tante volte già sognato” (p. 15); “Ma poi, alla fine, mi rimetto in moto/ nonostante ogni volta sia tentato/ dalla voglia che mi prende di restare” (p.16);“Partito senza mete, solo per partire/ di fronte all’infinito…sicuro intanto/…/ nel suo andando e fino al suo finire/ non dovrà arrivare da nessuna parte” (p.39); “E mi ritrovo solo, di nuovo/ in posti alieni, straniero tra la gente/ …/ non c’è più il filo a cui annodare/ la mia storia, di colpo senza rete! (p.41)

Dopo di che, il percorso di rinnovata nominazione e tensione a più ampia canoscenza, si snoda nelle sezioni che seguono, con titoli che continuano ad aprire chiudendo, e viceversa: Morale della favola (pp.43-76); La notte bianca (pp.77-102); Le cose del mondo (pp.103-138); Atlante anatomico (pp.139-170); Lingua di fuoco (pp.171-198).

La Morale della favola trasmuta il passo in una sintesi ossimorica, tra leggerezza e dettame etico: “Un segno curvo in largo di matita/…/ meno che mai l’intenzione/ di rovesciarti addosso non gradita/ chissà quale altra mia opinione/ sulle cose del mondo e della vita” (Al principio, p.47). Il SS non parla solo con sé stesso, non mugugna né si esalta, ma strattona un tu, unico modo per dare un calcio al vuoto irrisolto, anche se persino con le presenze più care “Si scopre presto, ognuno per suo conto” (“Gli amici, p. 53). Ma non s’arresta il bisogno di “esplorare da vicino/ i misteri senza fine dell’anatomia” (p.60), nell’illusione di dare “ordini al mondo che, invece,/ non ci sente e fa a suo modo, mente,/ …/ e, a rompersi, è la tua testa/ nel bel mezzo della corsa e della festa” (Resistenza, p.61); “ma poi finisce che non è mai finita/ e c’è ancora e sempre un’altra cima/ da conquistare su per la salita” (Successo, p.65)

La metafora della salita si attaglia anche, e forse primariamente, ai rapporti più stretti, della figlia o del padre, in cui siamo più nudi e indifesi nel “fiume…che…corre via e ti porta…dove vuole lui” (Fiume, p.72), per cui “A un tratto l’ho capito…/ che non sarei stato più, io, il figlio” (Scoperta, p.75), nell’incessante flusso che detta: “lascia che ti attraversi/ l’aria della vita” (Salvezza, p.73) È un dettato che esclude riposo e sfocia nella III sezione, di una notte bianca, “con tutti i suoi sospesi, rimorsi/ e sottintesi” (Mai più, p. 81), mentre “La memoria cede, annaspa e caracolla” (Memoria, p. 83), tra “gli oscuri mostri del pensiero/…/ senza reale soluzione…” (Servi del mondo, p.84), mentre “Sogna la ragione una coerenza del reale” (Sogno di non contraddizione, p.98), un’orma labile gonfiata dal riflesso/ dell’analogia…/ restituita in pieno alla sua vita” (Traccia, p.99). Una vita che “per quanto corra basso rasoterra” (Lo sguardo umano, p.100), “Da essere simbolico e pensante” tende a “quel salto spiccato verso il cielo” (Verso il cielo, p.101).

Il mondo evocato nella sezione successiva, che è anche titolo del libro, come già detto e visto, è materia di un poièin di incessante ricerca di nominazione. Un poièin che nasce dalle cose del mondo, di cui vuole farsi luce di coscienza e senso, senza le quali l’oggetto e il soggetto rimangono ectoplasmi in attesa di un corpo.

Entrambe la IV e V sezione sviluppano con acribia la traduzione di oggetti e parti del corpo in testi che si fanno “Registro, elenco, catalogo, inventario”, nella passione di farsi “sistematico schedario di tutto l’universo” (Vocabolario, p.136). Parimenti, “Ogni parte del corpo chiede di essere/ stanata e nominandola scaldata/ sottratta al vuoto, ripresa e rianimata/…/ e permearne ogni rilievo e anfratto/ con le parole che aprono la carne/ amplificando la vista e il gusto/ l’udito, l’odorato e il tatto.” (p.170)

È il bisogno di dare parola alla totalità interiore ed esteriore del Multiverso in cui viviamo, anche se rimane sogno e tensione, al pari delle due dita michelangiolesche della Cappella Sistina. Col che Le cose del mondo implicano banalmente anche l’intangibile e l’invisibile. Con un corollario di domanda: alle cose “succede che il pensiero/ nominandole faccia da tiranno/ ad annullare la loro libertà?” (p.137).

È una domanda che apre alla sezione finale, Lingua di fuoco, la lingua che accende ed “emerge dal fondo, esonda la parola/…/ dentro il magico reticolo del nome”, perché “Ha filamenti lunghi la parola” (La parola, p.176), nel mistero dove “le cose vive hanno radici lunghe/ che pescano sempre nelle cose morte” (Il vento della vita, p.179), continuando a dire che la morte non esiste, assiste. Da qui nascono versi dal battito più secco, di quinari e settenari, dedicati alla luce, con echi danteschi: “È la luce che/ leggera ma puntuta/ cucendo la bocca/ scuce gli occhi” (5. La luce, p.193), “Luce che fora il buio/…/ Vita vivente/ mobile e vagante/ distesa nel mistero?” (6. Il vecchio nuovo, p.194)

Il termine del viaggio accende luci su un vuotopieno, in cui il punto di arrivo non c’è, non ci può essere e non ci appartiene, non solo per limiti biologici, ché se il percorso non è un girotondo ombelicale tra deliri egolalici, perviene nel mare condiviso, nel quale ogni fine genera un principio. Ed è proprio l’immagine del mare, con correlative domande inesauste, che chiudono questo libro denso e ricco di uno sguardo molteplice: “Che sia laggiù/ la nostalgia del mare/…/ la zona misteriosa/…/ da cui proviene/ insieme con la vita/ tutta la schiera/ di mostri e di fantasmi/ dispersa e trascinata/ dalle onde?” (p. 197. Un moto che è in noi e non è nostro, magistero ignorato dalle hybris dominanti il mondo contemporaneo, di cui Paolo Ruffilli fa nucleo di senso della sua “resistenza delle cose”, de “Il nominare chiama e, sì,/ chiamando ecco che avvicina/ invita ciò che chiama a farsi essenza/ convocandolo a sé nella presenza” (p.198)

6 gennaio 2025

Adam Vaccaro

One comment

  1. Adam Vaccaro ha detto:

    Segue la risposta-commento per email di Paolo Ruffilli, che ha in corso problemi tecnici e, in attesa, provvedo a inserirla:

    ——————————-
    7 gennaio 2025
    caro Adam
    sei un lettore profondo, mi ritrovo nella tua recensione e nei riferimenti ai miei testi che fai nel tuo discorso. Non ho trovato refusi né nel tuo testo né nelle citazioni. Fammi sapere quando esce, grazie
    Paolo
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    Da parte mia mi compiaccio del riscontro afferto da Paolo, utile anche per i lettori.
    Adam

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