L’acuto squillare del sole sotto la corteccia del dominio
Adam Vaccaro
Giacomo A. Graziani, La corteccia del mondo, La Vita Felice, 2020
Giacomo Graziani incarna uno stile consonante a quella che Saba definiva poesia onesta, che qui si muove come un fiume carsico, dalle esondazioni disinteressate a zampilli spettacolari o a forme innamorate di sé, perché prevale l’interesse a un contributo di conoscenza, di sé e del Mondo. Un Senso complessivo interrogante che il Soggetto Scrivente trasmette e ci raggiunge, se non siamo seduti su qualche scranno idiota di Verità sussiegosa, come quella scodellata quotidianamente dall’ideologia e dalla propaganda dominanti, attraverso i mille canali della informazione accreditata.
Una interrogazione sulla somma di flussi maleodoranti, falsificazioni e strumentalizzazioni, che tendono a ridurci a tifosi o a merci sociali passive. Salutare diventa perciò una linea espressiva come quella di Graziani, che parte dal piano esperienziale dei sensi e delle emozioni, per estrarre dalla corteccia della superficie gocce di senso e conoscenza contrapposti al diluvio narrativo, che ci inonda spesso con fetori di cloaca.
Condivido per questo quanto scrive in Prefazione Alberto Figliolia: “Nulla è semplice e scontato nella ‘fatica’…datoci in sorte”, “eppure la corteccia, oltre la quale è la calda polpa, la carne, l’intimo senso…occorre andare al cuore delle cose…per quanto dolore o disagio ciò possa comportare”, per continuare a immaginare anche “con ingenuo coraggio e ardua pazienza” un oltre invisibile tra “le insidie delle tenebre”.
Il libro di Graziani si articola dunque lungo una linea di lucida coscienza e saggezza di umiltà (Eliot), oggi quanto mai necessarie rispetto alla complessità del Tutto, che la superficie rugosa tende a nascondere. Il libro è autoantologico, e si compone di otto sezioni (di cui la prima dà il titolo alla raccolta), attraverso le quali l’Autore, architetto urbanista nato in Romagna e residente a Milano, racconta di sé e del suo percorso, a caccia di quel senso profondo suddetto, svolto nel canto di condivisione fraterna e di un nostos di collettività che ci manca, fuori dagli individualismi (questi sì, deliranti) anche tra le scritture poetiche:
“Sopra il tappeto grigio delle nuvole/ ci figuriamo un sole/ per i cieli del nostro immaginare./ Ma è in ombra il mondo che ci tiene vivi” (Ombra e luce, p.36). Mi pare una tranquilla e insieme tagliente sintesi del senso che rincorre questo libro, tra schegge amorose, elegiache e dolorose denunce nell’incrocio di sentimenti e sguardi nello scenario di memoria immemore, che ci sconvolge lungo il nostro cammino nel tempo-spazio della storia o della natura. Faccio seguire altri pochi significativi esemplari di versi, che ne sono conferma con varie cadenze, endecasillabiche, alessandrine e haiku:
“Con robuste radici offrire una certezza/…/ Con rami tenaci resistere a bufere/…muta testimonianza delle mia vita in pace.” (Un albero, p.58);
“Risentire dal calmo respiro del mare/ l’urgente pienezza/…l’acuto squillare del sole.” Prima vigilia, p.37); “Amo la terra dura, scalfita dall’aratro/ vado per bori asciutti/ d’esili canne spente sfioro la venatura” (Lascio l’estate, p.32); “Luci d’infinito silenzio/ da un palpitante esilio/ trafiggono l’immenso” (Notte mediterranea, p.68); “Cresce un prato/ silenzioso/ d’erba nuova” (Aprile in Baraggia, p.62); “Dondola lieve/ il ramo del ciliegio./ Vento nell’aria” (Primavera, p.73);
“Quotidiano sterminio di innocenti/ ci raggiunge senza scalfire/ il muro di un’ipocrita distanza./…/ per la gloria dell’oro che del suo colore/ ogni delitto copre e ci nasconde/…/ Pareggiano il conto/ sussiegosi ministri della Chiesa/…/ Deboli e distratti/ siamo una folla anonima che ignava/ si raduna in popolo dei buoni” (Per una messa disarmata, p137); e su tale linea di denuncia, il libro si chiude con una cantata dolorosa dedicata A Gaza, Miserere per Ghaza: “Bombe!/ un tuono, la polvere in gola/ panni insanguinati/ innocenti senza scampo/…/ La lingua di Ghoethe udimmo urlata/ da bande spietate di mostri diligenti/,,,/ Noi, infingardi astiosi/ saliremo al trapasso? Miserere!” (p.138)
2 marzo 2023
Adam Vaccaro