Google – Il nome di Dio – Letture6

Pubblicato il 26 febbraio 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Adam Vaccaro, Google – il nome di Dio, in quattro quarti di cuore,
puntoacapo ed., Pasturana (AL), 2021

Nota critica di Laura Cantelmo

 

Pur essendo questa nuova raccolta di Vaccaro, divisa “in quattro quarti di cuore”, può apparire tripartita come una moderna Commedia – essendo la seconda sezione, Cuore viola, sostanzialmente un’estensione della prima. Per di più, tra i tanti indimenticabili personaggi che giganteggiano nell’Inferno dantesco, alla memoria se ne è imposto uno che richiama i toni di Adam Vaccaro, Farinata degli Uberti, che vediamo ergersi carico di furore tra le arche di un cimitero,: “ed el s’ergea col petto e con la fronte/ com’avesse l’inferno in gran dispitto.” (Inferno, X, 35/37). Restando nell’ambito dell’analogia, non sarà inutile ricordare che Farinata è collocato da Dante nel cimitero dei seguaci di Epicuro “che l’anima col corpo morta fanno”. Oggi lo definiremmo un ateo, un materialista, lontano da ogni idea di trascendenza, ma per ricondurre il discorso ai nostri giorni, su quanto il materialismo dialettico di Vaccaro possa avvicinarsi al grande eretico ghibellino, lasceremo da parte le idee sull’aldilà per concentrarci su quell’avere “l’inferno in gran dispitto”.

L’inferno di Vaccaro, invisibile ai più e dai più acriticamente accettato, è la realtà quotidiana in cui tutti siamo immersi – il mondo regolato dalla tecnologia che agisce sulla nostra sostanza umana per farne materia da plasmare e dominare. Ne è l’emblema Google, i cui algoritmi controllano e regolano la nostra vita, regalandoci l’illusione di possedere una libertà di pensiero e di parola che nei fatti è subdolamente tenuta sotto scacco. Un contesto di distopia, che ricorda il 1984 di Orwell, e che accende in Vaccaro la naturale vis polemica, con toni di violento sarcasmo rivolti verso tutti coloro che dai mezzi tecnologici imposti dall’ideologia neoliberista dominante si lasciano adescare, inquadrare, abbindolare – “intelligenti cretini”, “italiani educati come bambini/ in fila rieducati come topini”. Vox clamans in deserto, il Poeta Vaccaro assume su di sé il dovere di svelare l’inganno di questo inferno con fallaci parvenze di paradiso richiamandoci, sulle orme dell’Ulisse dantesco, alla dignità della nostra umana semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Inferno, XXVI, 118/120).

Accrescendo la disperazione nella vita di molti con l’ampliarsi delle disuguaglianze sociali a favore di pochi privilegiati, il modello neoliberista viene additato come principale responsabile del degrado politico, culturale e sociale, come altrettanto lo sono coloro che ciecamente si piegano pur nel disagio, compiacendosi del possesso di qualche misero oggetto concesso a prezzi vantaggiosi dal mercato.

Ma è il cuore, non solo la ragione a muovere l’invettiva del poeta. La raccolta, avverte il sottotitolo, è scandita dal battito di “quattro quarti di cuore” (immagine di per sé potente ed evocativa di sanguinose realtà). Le staffilate sono inflitte dalla sofferta consapevolezza di una mente che aspira alla rinascita di un’utopia, restando vigile affinché non vadano persi ulteriori spazi di democrazia e di libertà. E sono anche gli affetti familiari a far palpitare il cuore del marito, del padre e del cittadino che rivendica la propria identità molisana come antidoto al livellamento e allo sradicamento dell’ideologia globalizzata.

Grazie a un corposo apparato critico che amplia ed articola il discorso dell’Autore aggiungendo riferimenti ai modelli – principalmente quello di Antonio Porta – la raccolta ha il pregio di ricondurre il ruolo del Poeta alla antica profetica sacralità di vate e di guida, evitando ripiegamenti lirici e torsioni autoreferenziali che vediamo dilagare tra gli indomiti seguaci delle avanguardie. Il linguaggio aspro, ricco peraltro di martellante musicalità, di espedienti metaforici e metonimici, non teme il registro basso e popolare ed evita concessioni orfiche privilegiando la provocazione indirizzata al lettore, che si sente in tal modo vigorosamente chiamato in causa da una robusta affermazione della funzione pedagogica della poesia, e del sogno resistente di un essere umano “ricco e immenso in ogni cosa”. (p.60)

Laura Cantelmo

 

2 comments

  1. Fabia Ghenzovich ha detto:

    Sulla funzione della poesia intesa come azione che svolge la parola, ponendosi come logos e luogo d’incontro con l’altro e viadotto di un linguaggio comune, pur aspramente critico come in questo libro di Adam Vaccaro, riconosco la voce forte e coerente con le proprie radici di Adam. Poesia quindi come flusso di pensiero critico reale che nasce dalla totalità dell’ essere in rapporto col mondo, con le sue derive ipertecnicistiche e manipolazioni del potere. Un luogo di resistenza che salva l’umano e Adam Vaccaro è un ricercatore di senso e di dissenso rispetto ad un contesto globalizzato e disgregato del presente. Non è proprio la poesia chiamata a svolgere questo ruolo per uscire dai rischi autoreferenziali e letterari compiacenti alle sirene e agli inganni del potere? Un progetto di vita che prende in mano la responsabilità del proprio tempo per indicarci un possibile cammino comune attraverso il linguaggio, e sprona ad aprire gli occhi e il cuore. Credo sia questo il percorso che Adam Vaccaro ci sprona ad intraprendere con coraggio e totale coerenza in tanti anni di militanza nella critica e nella poesia.

  2. Adam Vaccaro ha detto:

    Ringrazio molto Fabia Ghenzovh del congruo e adiacente commento, adeguato alla sua capacità e alla nostra reciproca conoscenza.
    Adam

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