Replichiamo su Milanocosa l’articolo pubblicato dalla Rivista “Odissea”:
Ravizza su Vaccaro “Odissea”, mercoledì 25 gennaio 2023-
https://libertariam.blogspot.com/2023/01/libri-corpo-corpo-con-la-totalita-di.html
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Sono grato delle pregiate letture critiche dedicate al libro, con contributi e testimonianze che ne moltiplicano i sensi di resistenza umana e culturale.
A.V.
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Nel corpo a corpo con la totalità
Filippo Ravizza
Adam Vaccaro: “Google – Il nome di Dio. In quattro quarti di cuore”
Puntoacapo Editrice, Pasturana (Alessandria) 2021
Qui e ora
Ascolta Google, dove sei?Sono qui
sulla coda di una fila chilometro zero
davanti a questa porta con targa che
ci dona il Pane quotidiano e ogni
giorno siamo qui più di mille
in coda che ti cerco ti cerco
per chiederti dove sei così
potente dove sei anche tu
invisibile come tutti gli dei
per avere un po’ di pio pane di
pace – ma non ti vedo – non ci sei
come tutti gli altri cari mille nostri dei
Con questa poesia (“Qui e ora”, pagina 28) tento un primo avvicinamento teoretico a questo “Google – Il nome di Dio”, testo corposo e complesso, dove Adam, da sempre fermo sostenitore della necessità che la poesia abbia una funzione civile di analisi e riflessione sulla e della realtà, una parola che, per prima cosa sappia qual è comunque la sua origine: tutta dentro alle cose, nelle cose del mondo.
Una parola, quella di Vaccaro, che si confronta, uscendo dalla opzione, oggi purtroppo maggioritaria, di una poesia autodelimitata in un contesto autoreferenziale; si confronta, dicevamo, con la totalità. La totalità della realtà sviluppatasi nel contesto della Storia, che è un prodotto delle idee degli uomini. Ma quello che Adam sa e vuole dire, è anche l’origine, il retroterra delle idee: esse non nascono in un non meglio precisato “spirito”: no, sono i dati di fatto che diventano idee. Da questi dati di fatto nasce dunque anche l’arte, la poesia, ogni forma di interpretazione; tutto è costruito dall’uomo, poiein è “fare”; l’azione, l’agire sta dietro a tutte le manifestazioni umane, anche alla poesia.
Ecco dunque: una versificazione che nasce dalla totalità, quella totalità non può non analizzare, interpretare; analizzando costruisce consapevolezza e visione e acquisisce la possibilità di predizione, di ipotizzazione del futuro, individuando le conseguenze e gli sviluppi più probabili delle premesse che si sono venute costituendo. “Oggetto della Storia è, nella più blanda delle accezioni, la trasformazione”, dice lo Hegel nella sua “Filosofia della Storia universale”:
Adam Vaccaro qui, da buon materialista di scuola marxiana, è anche in parte discepolo dell’idealista Hegel. Il suo lavoro prende in esame le trasformazioni della realtà che ci circonda e si immerge nel tandem rappresentato, da un lato, dallo sviluppo dell’economia mondiale, che a partire dagli Anni 50 del Novecento ha visto un progressivo affermarsi, prima del capitalismo tradizionale, legato alla produzione di ricchezza ed alla convertibilità moneta-oro, moneta-valore reale; poi, a partire dagli Anni 70, con l’abbandono della parità oro-dollaro ed il progressivo indebolirsi, almeno in Occidente, delle economie “socialiste reali”, indebolirsi che ha portato al crollo finale nel 1989/90, di quest’ultime.
Da lì, con le premesse del decennio 70 e senza più “rivali”, almeno in Occidente, il “fiorire” pervasivo e totalizzante della economia della globalizzazione finanziaria neoliberista, espressione perfetta del capitalismo vittorioso.
Quale sovrastruttura più idonea, più funzionale a questo nuovo capitalismo (ecco l’altro lato del tandem) -sembra dirci Vaccaro – di Internet, di Google? Di tutte le forme di intelligenza artificiale e realtà virtuale che oramai scandiscono le nostre vite?
Così ormai Rosina è un grumo che
non sa più
cosa o a chi chiedere di avere
una voce per sé-in mezzo
a questo coro-orchestra
di cuori elemosinieri
di santi spioventi e
pressanti sotto
questo cielo
lattemiele
e gelo
della
tv.
(“Rosina e l’orchestra tv”, pagina 34)
Questo libro illustra assai bene la grande dicotomia che è sotto ai nostri occhi: il progressivo crescere delle contraddizioni strutturali a cui sta andando incontro questa nuova forma di economia: il progressivo accumularsi delle ricchezze all’interno di fasce percentuali sempre minori delle popolazioni: i ricchi che diminuiscono gradualmente di numero, ma divengono sempre più ricchi: i poveri che sono sempre di più e, anche qui da noi in Occidente, sempre più poveri ed abbandonati a se stessi dal sistema; la classe media spinta progressivamente verso il basso; quelle classi medie a cui appartengono i cosiddetti “garantiti”, peraltro destinati a divenire sempre di meno ed in procinto di prenderne collettivamente coscienza.
Ma qui ecco irrompere sulla scena il ruolo di Google, di Internet, di Instagram, delle nuove tecnologie: costruire una narrazione dominante tranquillizzante e normalizzante, capace di interpretare – attraverso gli algoritmi – desideri, pulsioni, propensioni. Capaci così di prevedere in ptima battuta, le propensioni al consumo e le tipologie diverse di consumo di tutti noi; ma in seconda e più pericolosa battuta anche i possibili e/o probabili sviluppi delle nostre attitudini caratteriali, delle nostre idee e alla fine, in uno scenario di “capitalismo della sorveglianza” compiuto, addirittura delle nostre visioni del mondo, con la capacità di attutire progressivamente le loro differenze: uniformandole cioè progressivamente, conducendole, come obiettivo finale, ad un’unica, grande, pervasiva e totalizzante “interpretazione del mondo”.
La partita, però, è ancora in parte da giocare, non è ancora persa: infinite sono le variabili della Storia e bisogna sempre tenere conto, ci insegnano Hegel e Marx, delle contraddizioni che si formano incessantemente e che possono mutare i rapporti di forza.
E qui, e poi concludo, “Google – Il nome di Dio” termina invece con una attestazione di speranza: la rivendicazione aperta delle identità comunitarie e collettive, la riscoperta delle radici e degli affetti come antidoto e luogo di contrapposizione all’individualismo selvaggio che alla globalizzazione neoliberista invece si addice. E’ questa la quarta ed ultima sezione “Cuore Bianco”: dopo che le prime tre, “Cuore Nero”, “Cuore Viola”, “Cuore Rosso”, hanno disegnato rapporti di dominio e di sfruttamento, il regno della forza e delle disuguaglianze, ecco che in “Cuore Bianco” il mondo degli affetti, irrompe e dà luce e indicazione di possibili fuoriuscite dall’incubo delle vite irregimentate e inautentiche: così le poesie dedicate ai figli e ai nipoti, alla moglie, a Vilma, la suocera morta centenaria nel 2020, donna-partigiana, attrice della Resistenza “A caccia di noi che cantando bella ciao/ gridavamo viva la Patria” (pagina 56) o, per citare altri testi significativi “Chris”, “fiore d’autunno”, “Claudio e Elena”, “rami che crescono” o “Chiara e l’Ignoto” (pagina 72) “Chiara che stai arrivando/ e mi stai già parlando/ con voce e parole che/ non conosco non capisco-/ sei tu l’Ignoto che parla/ ridendo a questo tempo?”
E il ricordo del padre, staffetta militare in Croazia, durante la Seconda Guerra Mondiale, poi prigioniero dei tedeschi, tornato distrutto dal campo di concentramento. O altre memorie di sensi: “Profumami origano di colline molisane/ i miei ricordi di ragazzo inerpicato/ sui suoi sogni saporosi – come le fette/ di pane e pomidoro che facevi diventare/ un pranzo da re!” (Origano e monti molisani, pagina 64)
L’abbraccio alla terra natia, ai suoi profumi che riconducono alla ricerca del tempo delle proprie origini (Adam Vaccaro vive da 60 anni a Milano, ma è nato ed è vissuto sino ai suoi 20 anni a Bonefro, in Molise, in provincia di Campobasso) rincuora e dona nuove energie per resistere ad ogni omologazione.
Non posso chiudere queste note senza dire che il volume, uscito per le edizioni Puntoacapo di Pasturana (Alessandria), si avvale di due interventi acuti ed empatici: una prefazione di Massimo Pamio ed una postfazione di John Picchione; due contributi teorici e critici di non indifferente spessore che portano ulteriore ricchezza a questo libro già di suo densissimo ed intenso.
Filippo Ravizza
Raccolta che analizza accuratamente la situazione della società, della distribuzione del potere odierna con riferimenti al recente passato storico.
Viste le premesse, una palude senza alcuno sbocco se non fosse per la speranza che –
spesso è dura a morire per i poeti- si fa strada verso il futuro attingendo il nutrimento dalle radici molisane dell’autore e dai “nuovi arrivi” che, forse,sapranno indirizzare la realtà verso traguardi più positivi da quelli scelti da noi finora.
Raccolta ricca di contenuti e stimoli.
Un vero piacere leggere l’accurata
recensione di Ravizza che scava in profondità nelle composizioni .
Ringrazio Milena del bel commento, con sintesi congrua e partecipata, sia del libro che della lettura critica di Ravizza.
Ricevo per email il comemnto che segue di Mauro Macario, che pubblico a causa di suoi problemi tecnici. Sono fraternamente grato a Mauro per la sua condivisione e per le sue parole magnanime, capace di sentirle e trasmetterle come pochi, poeti e no.
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Caro Adam,
ho letto, esultando, la recensione di Filippo Ravizza. Oggi più che mai serve scuotere dalla letargia autoreferenziale e egoligarchica quei poeti, tanti e troppi, che mantengono un aristocratico distacco dalla realtà epocale che ci sta nutrendo di escrementi subculturali e distopie liofilizzate. Per non parlare di quelle sublimazioni tese al divino che per leggerle necessita l’assunzione preventiva di un po’di cortisone. Finchè non si uscirà da una sottomissione catto-scolastica, queste sabbie mobili ingoieranno la restante poesia giustamente inascoltata.Tu sei un condottiero del verso combattente di cui c’è un bisogno addirittura fisiologico. Buon arrembaggio, amico mio ! tuo Mauro