Google – Il nome di Dio – Letture-9

Pubblicato il 9 agosto 2022 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

IL SORRISO MASCHERATO DI
GOOGLE – IL NOME DI DIO

Francesco De Napoli

Adam Vaccaro, Google – Il nome di Dio. In quattro quarti di cuore. Prefazione di Massimo Pamio. Postfazione di John Picchione. Con una Nota dell’Autore. Ed. puntoacapo, Collana Intersezioni n. 54, Pasturana (Al), 2021, p. 104.

Impedimenti personali mi hanno, finora, costretto a rinviare una recensione dedicata con dovuta cura e attenzione a questo Google – Il nome di Dio. In quattro quarti di cuore. Ciò mi ha consentito, tuttavia, di leggere e rileggere più volte il volume, al punto da recepire in pieno con quanta forza, passione e verità Adam Vaccaro abbia portato a termine questo disperato capolavoro.
Illuminato da luciferini bagliori infernali, il mondo appare oggi come uno sterminato e virtuale luna park, una miserabile bancarella a cielo aperto che Vaccaro ritrae con tinte drammaticamente realistiche. Una visione del genere potrebbe trarre in inganno, qualora ci limitassimo a sin troppo banali considerazioni di tipo mediatico, riallacciandoci, ad esempio, al dittatore Grande Fratello del sin troppo abusato romanzo 1984 di George Orwell.
In questo poema, perché di un poema si tratta, certamente c’è anche questo, ma l’aspetto fondamentale capace di elevarne enormemente il valore poetico-culturale consiste nel volutamente sottaciuto, onde dare maggior risalto alla denuncia politico-sociale, timbro esistenziale che, per quanto devastato, rinvia alle allucinate intuizioni di Pier Paolo Pasolini, il quale, venuto a mancare nella metà degli anni Settanta, mai avrebbe potuto immaginare l’incontrovertibile imperium dell’omologazione dei cervelli che sarebbe scattato di lì a poco a livello planetario. Di questo fenomeno Pasolini, pur non potendone delineare le cause, tentò comunque, a suo modo, di tratteggiarne gli effetti salienti.
È quanto Adam Vaccaro riesce invece a rappresentare appieno, con assoluta fedeltà chirurgica e quasi fotografica – sviluppando, in un certo senso, il discorso già iniziato da anni e proseguito nella precedente silloge Tra Lampi e Corti (2019).
In Google – Il nome di Dio l’autore molisano, da molti anni stabilitosi a Milano, tocca sempre più le corde di una umanità avvolta e dilaniata dalle spire della sua stessa demenza ed emarginazione. È il caso della lirica Im/potenze, dove Vaccaro rinnova sapientemente quel clima pasoliniano di perversione e degrado un tempo tipico delle periferie e che ormai ha invaso anche i centri urbani:

c’è una tempesta che non cessa
e nei bar girano relitti
la faccia del male è
in un ragazzo di vent’anni
che ha già visto tutto il vuoto
nel passato e nel futuro (…)

Perché l’umanismo che Vaccaro si sforza in ogni modo di cantare è prossimo a quello auspicato da Jean-Paul Sartre nei suoi trattati dialettico-filosofici. Si tratta di un progetto di umanismo che, nella società attuale, ha assunto purtroppo i caratteri opposti d’un disumanismo primitivo e imbelle eppure spesso inavvertibile e strisciante, come traspare dalla splendida lirica Invisibile:

Invisibile era il nodo di paura e fiamme
e attesa battente nel petto mentre le
spinte scoprivano la tua testa e poi
il resto come fosse per noi la prima
immane attonita scoperta del mondo (…)

Altrove l’anelito esistenziale si presenta inizialmente intimo e ponderato, e farebbe pensare allo stile e alla poetica di Montale. Ma il discorso si fa subito rovente e aspro, e passa da meditazioni alquanto generiche e anche un po’ trasognate, a un preciso e duro spirito di denuncia sociale. È quanto si riscontra in Tu non lo sai, una delle migliori poesie del poema che riportiamo per intero:

Tu non lo sai quando e come
l’ala gelida del male ti passa accanto
né come è successo che la sua aria nera
abbia solo sfiorato i polmoni e quest’acqua
putrida di mafia non abbia ancora toccato
la tua pelle. Ma aspetta
ancora un po’ fiducioso e immobile e ne
sentirai presto l’alito e il fetore. Ché se
avrai ancora un po’ di pazienza potrai
sentire anche i denti – che dei sapori
d’amore amano il caldo suo sangue

Il problema è che la condanna “ad essere liberi” dell’esistenzialismo di Sartre si è trasformata in un sadismo feroce. È questa l’implicita presa d’atto di Adam Vaccaro di fronte ad una globalizzazione che ha cancellato qualsiasi ideale, mentre si ripetono più che mai belluine le eterne lotte per il potere tra una fazione e l’altra, tra una nazione e l’altra, come leggiamo in Ah populisti!:

E noi nomati populisti, coturni socialisti sovranisti –
attardati su la sovranità appartiene al popolo
di quella Carta che i dominanti del vento
iperliberista amano stracciare – troppo
democratica, troppo rossa scia di
cosafuturo sognata da voci d’atomo di gleba –
tra moti condotti da guanti dipinti di rosso o
di nero e asfissiati tra selfie ed happyhour (…)

La voce trafelata del poeta tuona con tutte le sue forze, con ironia e irrisione, all’indirizzo di milioni di beceri Bravi italiani:

Bravi italiani educati come bambini
in fila rieducati come topini come
marmotte pietrificate da ordini che
cadono categorici tra virus invisibili (…)

A questo punto, Vaccaro restringe l’angolo di campo per rivolgere un accorato appello ai giovani del nostro tempo, i quali sono le principali vittime di un pianificato e infame stillicidio di psiche, ratio e sentimento. La sofferenza è esacerbata dal constatare come tali scempi infernali vengano offerti su piatti d’argento come merce prelibata a schiere di Sereni ragazzi:

Sereni ragazzi – in groppa
a questa bestia che
scodinzola e vi morde
chiappe cerebro cuore –
resto incantato dai vostri
visi che continuano a fare
inni alla vita incuranti
inconsci e resistenti

Nonostante la dilagante disumanità, Adam Vaccaro con la sua poesia riesce a resistere caparbiamente, poiché intende restare nella sfera esistenzialista in cui crede fermamente. È una poesia pronta a rinnovare e rinsaldare determinati ideali, per quanto il mondo tutt’intorno abbia rinnegato il senso e la forza di quelle medesime idealità. Epperò l’esistenzialismo non può inventarsi una felicità che non esiste, deve pertanto rispecchiare la realtà, tutt’al più affidarsi ai ricordi, a immagini e volti lontani.
Così, nella toccante Lettera di Vilma, dedicata alla staffetta della Resistenza Vilma Venturi, suocera del poeta, rivivono con immenso amore e dedizione gli ideali della lotta partigiana contro il nazifascismo. È questo un modo – forse l’unico ancora possibile – per tenere in vita l’umanesimo cancellato da Google, nel nome di Dio. Nella lirica è la voce di Vilma che rievoca le antiche battaglie oggi finite in una “palude senza guida e senza idee”:

A caccia di noi che cantando bella ciao
gridavamo viva la Patria e nascondevamo
armi e salami e formaggi in cunicoli che
solo noi sapevamo Resistenti con quel
vento dentro – che ci ha guidato fino a
questa palude senza guida e senza idee (…)

Francesco De Napoli

5 comments

  1. Mariella Bettarini ha detto:

    Adam carissimo,

    meraviglioso saggio davvero sul tuo magnifico lavoro! Ne sono felice per te, con te!
    I miei più vivi auguri sempre e un saluto affettuoso da

    Mariella

  2. VACCARO ADAMO ha detto:

    Ricambio con affetto, carissima Mariella, e grazie sempre della tua per me vitale “adiacenza”!
    Adam

  3. Laura Cantelmo ha detto:

    Ha colto appieno lo spirito e l’anima dei tuoi versi questa recensione molto acuta. Complimenti a Francesco Napoli e ancora a te, Adam!

  4. Marisa Papa Ruggiero ha detto:

    Mi ha colpito la prosa limpida ed efficace di Francesco De Napoli e ho molto apprezzato i versi di Adam, aspri e precisi come colpi di bisturi.

  5. Adam Vaccaro ha detto:

    Ringrazio Laura e Marisa per i loro commenti sensibili e capaci di sintesi illuminante.

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