BookCity Milano
Biblioteca Comunale, Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa 30 – 20021 Bollate (MI)
14 novembre 2014 – H 20,45
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Adam Vaccaro, Seeds (Semi), Chelsea Editions, New York
Dialoghi con l’Autore
alla ricerca di semi di senso sotto il sole del pensiero unico
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Video di Roberto Caracci su https://www.youtube.com/watch?v=nNm2gjtvYNk
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Prolusione di Patrizia Gioia
Un ringraziamento a Bookcity e alla Biblioteca Comunale di Bollate per l’opportunità di questo momento e di questo luogo per condividere l’ultimo libro di Adam Vaccaro: SEMI edito da Chelsea Edizioni, con la traduzione inglese di Sean Mark.
Ho accettato l’invito di Adam Vaccaro e sono lieta di essere qui questa sera in un ruolo che mi piace e che spesso pratico, un ruolo del femminile, quello di accompagnatrice – senza nessuna velleità critica o letteraria – dentro l’altrui poesia e in questo caso dentro l’ultimo libro di Adam.
Vi accompagnerò poi alla conoscenza dell’ Autore e dell’amico Roberto Caracci che invece affonderà con maestria la sua prua nel mare della Poesia di Vaccaro.
L’amicizia che mi lega ad Adam è semplicemente e naturalmente poietica, una Poesia del fare, una quotidiana “militanza non armata“ in un tentativo di diventare ogni giorno più umani.
E questo libro di Adam dà testimonianza di una Parola non vana, una parola che scava nella dimensione profonda del nostro essere, cercando di liberarci e di risvegliarci al compito a cui siamo chiamati, lo siamo quotidianamente chiamati a questo compito, ma oggi è più che mai urgente e necessario.
Una Poesia che tiene insieme corpo anima spirito, che cerca di ri-articolare saperi troppo spesso tenuti separati come la politicala spiritualità l’economia la filosofia, la psicanalisi, e molte altre dimensioni dell’essere, una poesia che si fonda sull’individuale senza dimenticare che da sola non esisterebbe: senza l’altro l’uomo non è uomo.
Ma soprattutto una poesia che è desiderio di pietà verso ogni cosa, ogni persona, ogni essere, come se lo scrivere potesse avere il potere di sottrarre loro dal dominio del tempo e dalla nostra umana finitezza, proiettandone la luce nel cosmo intero.
La poesia è per me soprattutto musica e, ascoltando la musica che sorge dal libro di Adam, mi è arrivata al cuore una storiella ebraica che racconta di un uomo che trova al porto l’amico che sta per partire e gli chiede: dove vai? Lontano, risponde l’amico. Lontano da dove?
Mi pare questa la metafora della vita, di ogni viaggio, interiore od esterno che sia, e metafora di questo libro. Ma lontano da dove vorremmo andare? Come Giona, fuggiamo sempre lontano da Ninive, invece che andarci ed incontrarlo il nemico, e oggi imparare ad amarlo proprio nella inconciliabile diversità.
Non è forse qui , qui dove sono, che ho da mettere a dimora i semi e i talenti e custodirli e coltivarli e possibilmente farli fruttificare?
Siamo sempre incamminati verso una terra che è sempre promessa, ma è proprio nel passo che possiamo danzare nel ritmo dell’Essere, in un presente che è già passato ed è già futuro: tempiternità.
Che sia questo un piccolo graal
simile a un seme che può forse
aprirsi e vendicarsi della morte
del male stupido che ci invade
e delegittima la vita
Questo “Semi” tocca l’ineffabile precarietà di ogni vita, illumina l’ansia e l’inutilità dell’attesa e contemporaneamente dice che quel che conta è stupirsi continuamente del miracolo
Lo sai che l’acqua era un prodigio
che allevava gli occhi Altrove
Verso un universo atteso
sorridente e muto da sempre
(p.42)
Il viaggio è sì Altrove, è si partire senza bussola, è sì perdersi. Ma soprattutto il viaggio è partire per essere visti e, con occhi diversi, vedersi, perché, come scrive Maria Zambiano: il vedere alla maniera umana è inseparabile dall’essere visto, e ci vuole sempre qualcuno per condividere la gioia come il dolore; qualcuno che possa farci da specchio, perché solo la pupilla dell’altro può riflettere la caricatura di quello che siamo diventati, uno sguardo che ridimensioni la hybris e, si spera, faccia germogliare la piethas.
dunque tu mi dici che il mondo non finisce qui
che questo è solo un confine
e non una fine
Dammi allora una mano a seguire questo filo
che mi si perde tra le mani
dammi ancora una mano che non mi
faccia perdere tra le tue mani
(p.40)
Questo libro descrive un po’noi tutti, poveri diavoli che siamo, chi di noi non ha lasciato dietro di sé una terra, un campanile, un amico, un amore, una pietra?
Siamo tutti migranti, ogni volta è da fare nuovo anche il nostro nome, la nostra lingua è continuamente da ritrovare, abbandoniamo casa e abiti, portiamo nel cuore gli avi e le scintille di un fuoco paterno alla cui fiamma vorremmo sempre ristorarci
…più forte, diceva
mio padre, più forte e la mano sugli occhi,
ma le scintille spulciavano l’aria
come pianeti finiti, o baciavano appena
il braccio, la fronte
e se avessi potuto
spillarne uno, uno
di quei momenti di luce fuoco
(p.62)
E’ di nostalgia che ci racconta Adam, una nostalgia che vaga tra tragedia e commedia, una nostalgia che conosce il corpo inseparabile dallo Spirito,
è solo in questa non dualità infatti che l’ironia può fare irruzione,
un’ironia umile e coraggiosa che strappa ogni velo lasciandoci nudi,
l’ironia: arma dello Spirito, che ci sfila da tutte le pacchiane collane dell’Io
siamo sempre qui, con un occhio
che piange e uno che ride
nel co(s)mico disastro
E per terminare, questo libro ci mette in mano
l’unico coltello necessario
a fare dell’orrore un ventre aperto
e questo coltello è l’AMORE, un amore che tradiamo quotidianamente diventando sordi e stupidi allineandoci al potere di chi grida di più o di chi mente di più tv media giornali partitica leggi senza giustizia religioni senza amore, perché l’amore chiama al valore dell’esperienza, chiama a responsabilità e consapevolezza a una solidarietà umana dove l’Etica è un movimento che viene più dal cuore che dalla mente
a nulla può servire conoscenza e sapienza
del viaggio nel mondo a chi è immerso
chiuso dio assoluto in sassi chiusi
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il cuore del mondo non è nei mari
ma qui in fondo ai nostri rami
quel Quid che non torna rimarrà un esule introvabile
a consolazione dell’infimo e dell’immenso