Welfare all’Italiana – Epigrammi, di Francesco De Napoli
Mondostudio Edizioni, Cassino 2011
Violenti (qui nel senso di opposti a lenti) e spiazzanti cortocircuiti, operanti su piani diversi, come deve fare la scrittura epigrammatica. I piani sommossi riguardano quello del costume e dei nervi socio-economici, della cloaca politica italiana, ma anche di vicende minimali. Tuttavia, tali piani sarebbero solo solleticati superficialmente da una posizione subordinata e marginale o ideologica, da aggiungere ai tanti esercizi comicanti del beotismo televisivo prevalente, se l’operazione critica non sfociasse in un’azione sul piano e nel corpo della lingua.
Alcune di esse piegano in due, secondo chi viene raggiunto dal lampo, di irritato livore o di sapido gusto irridente. Sberleffi e schiaffi, dai fondamenti ritenuti sacri della cultura ebraico-cristiana della civiltà occidentale, ai tristi figuri della scena politica attuale. Ma anche il livello più alto non diventa scherno sacrilego perché non è mai rozzo: solleva i massi su cui poggiano tali fondamenti e ne fa tremare la sicurezza (o la sicumera), infilzando punti di contraddizione offerti all’intelligenza libera.
Prendiamo “Il libro dell’Edonita”, di p.52, che riguarda “il Dio d’Abramo/ svelatosi come pura potenza:/ ‘Io sono ciò che sono’”. La chiusa e il salto sono: “Bricolage/ del nichilismo.” Il vertice dell’onnipotenza è dunque rovesciato – come fenomenologicamente da un momento all’altro succede – nel suo contrario. Ma non è Dio il punto, è l’Io (che viene punto).
Di questo Io (occidentale) tocca potenti e no. In “Nobel per la pace” (p.44), graffia Obama, con buona pace dei suoi incantati adoratori: “Obama convocato/ d’urgenza al Pentagono/ recita/ il mea culpa/ e invia in Afghanistan/ altri cinquantamila/ mercenari/ dei corpi speciali”. In “Bombardamento” (p. 42): “Teche devastate/ al Museo di Bagdad./ Raggiante/ l’assirologo yankee:/ scoperte/ grazie alle bombe/ trecentomila/ nuove tavolette.”
In “Centocinquant’anni (d’abbagli e incoscienze): Italia 1861:/ fantasie eroiche./ / Italia 2011/ fantasie erotiche” (p.97). In “Affinità collusive: È normale/ che la politica locale/ sposi così bene/ i riti del carnevale:/ lazzi/ e intrallazzi.” (p.99). E con “Interinale” porge occhio e condivisione alle “vittime collaterali” dello scempio sociale: “trecento euro/ al mese,/ più vitto/ e alloggio/ alla Caritas.” (p.100). Ma non tollera pulpiti, né dimentica la “Squallida verità: Chi punta il dito/ contro il Caimano/ non ha capito/ quanto traviato sia/ il buzzurro italiano.” (p.110). La verità non consolatoria “di quest’Italia balorda/ e truffaldina”che addolora più dei poteri corrotti, “il tipico italiota/ metà pulcinella/ metà esaltato.” (p.111).
Al pari di altre opere precedenti di Francesco De Napoli, anche in questo Welfare all’Italiana – Epigrammi, ritroviamo moduli e binari che però non vanno a morire nella noia di Epigonia o Ideologia.
Ritroviamo passione civile non gravata da prediche scontate, grazie alla leggerezza prodotta dal lavorio nella lingua. Indignazione etica e creazione di “sostanze antinomiche”, come rileva opportunamente nella prefazione Domenico Cara (citando R. Barthes), costituiscono l’intreccio di una materia letteraria che si fa stile umano di ricerca di cultura e scrittura, come “occhio nel tempo per (tentare di) decifrare il Caos” (lo scrissi già per La dimensione del noumeno, del 2003).
Anche qui emerge forte la necessità di sondare ogni “possibilità sospesa” sul “destino del Resto”, anche se “la chiusura del cerchio” rimarrà precaria o impossibile. Mentre oscilliamo su tacchi a spillo e trampoli per resistere alla melma in cui siamo, queste schegge taglienti sono radice e frutto di sorrisi amari e rabbie che aiutano condivisione, anche se non concedono né requie né illusioni d’accatto.
Adam Vaccaro