Peter RUSSELL – “This is not my hour”
Studio e traduzione dai “Sonnets”, a cura di Raffaello Bisso
Edizioni del Foglio Clandestino di Gilberto Gavioli
Sesto San Giovanni, Milano, 2010.
Il pressoché totale silenzio della critica, successivo alla scomparsa del poeta, certo conferma come la volontaria marginalità della vicenda di Peter Russell renda oltremodo difficoltosa la valorizzazione della sua figura ed opera, in questi nostri clamorosi tempi massmediatici. Si deve al coraggioso impegno editoriale di Gilberto Gavioli ed alle sue Edizioni del Foglio Clandestino, se il prolungato silenzio sull’opera del poeta inglese viene finalmente interrotto. E’ infatti uscita una pregevole raccolta di traduzioni russelliane, curate da Raffaello Bisso, scrittore e poeta genovese, a suo tempo legato da un solido rapporto di amicizia a Russell, e, tre anni prima della morte, da lui stesso incaricato del lavoro. I 41 sonetti sono stati infatti scritti tra il Gennaio e l’Agosto 1999, poco prima che una fortissima crisi fisica privasse il poeta della sua autonomia corporea e di vita, preludio alla sua scomparsa.
Anticipato dalla pubblicazione in rivista (il “Foglio Clandestino”, l’ “aperiodico” al quale, a suo tempo, lo stesso Russell aveva redazionalmente contribuito), il lavoro di Bisso ha dovuto a lungo confrontarsi con la straordinaria ricchezza e complessità di questi testi senili, nei quali il sonetto, forse la forma principe dell’esperienza letteraria del poeta, perviene a risultati di grande maturità e consapevolezza creativa. Nell’affrontare i testi, Bisso ha beneficiato dell’iniziale contatto diretto con Russell, elemento, questo, che aggiunge ulteriore valore ed attendibilità ad una strumentazione critica già affinata in un serio percorso di studio interculturale. Muovendosi sul versante di un’interpretazione in grado di restituire fedelmente i nuclei culturali di fondo, Bisso si cimenta talvolta in una più personale restituzione linguistica dei testi, senza però mai allontanarsi dai nuclei “tensivi” che costituiscono la base dell’originale inglese. Il curatore parla infatti di “studio di traduzione”, che intende “come riscrittura e ricodifica in italiano e perciò anche interpretazione”, appunto, del testo.
Un’interpretazione, quindi, non rigidamente didascalica e schematicamente letterale, ma aperta ad un continuo confronto ed interrogazione, mai arbitrari, con i quali sa cogliere, oltre ad una qualità letteraria non raramente eccelsa, la problematicità che sostiene quasi sempre l’enunciato russelliano, la complessa coesistenza e sedimentazione di multiformi elementi culturali, che solo la profonda frequentazione del genio può semplificare e restituire condensati nell’espressione poetica. Il baricentro dal quale si diparte il Russell senile di questi sonetti, per il traduttore è costituito dal genere “pastorale”, non però inteso come chiave in senso meccanico dell’esperienza esistenziale, artistica ed abitativa, ma piuttosto come il perseguire, in uno stato di totale isolamento, il “chiarimento delle sue scelte” di vita e, come lo stesso Bisso afferma, un ritiro “necessario”.
La forma sonetto, rigida nel suo secolarizzato canone, e duttile al contempo, se intimamente conosciuta nei suoi meccanismi espressivi, è stata declinata dal poeta in infinite varietà, all’interno del suo lunghissimo percorso poetico. Rispetto della norma e sua costante trasgressione, sono gli elementi che legano i componimenti, analizzati dal punto di vista metrico dal giovane studioso Marco Baldini, in un utile saggio, posto in appendice al libro. Alcune riproduzioni di testi, con note manoscritte e commenti-didascalie dello stesso poeta, completano il materiale presentato. Non riconosciuta nei canali editoriali e culturali ufficiali, la figura e l’opera di Russell in questo libro sono quindi oggetto di una prima indagine, entro un circuito amicale il cui intento è quello di valorizzare un primo e fondamentale aspetto della sua produzione letteraria, ponendo alcune interessanti premesse per un futuro, auspicabile lavoro critico a più ampio raggio, che possa restituire al poeta inglese la collocazione che gli pertiene all’interno del frammentato panorama poetico odierno, di ambito anglosassone, ma anche, e non secondariamente, italiano.
Un’esperienza culturale, quella di Russell, del cui valore egli mostra di avere piena consapevolezza, quando, nel sonetto 21, orgogliosamente afferma:
Della piramide, io abito il vertice
le lingue del passato mi riempiono la penna;
frizzante è la mia coppa, di millenni di pensiero.
Leonello Rabatti