CIVILTA’ ITALICHE: IL LARIO E I LARIANI PER VINCENZO GUARRACINO
V. GUARRACINO, Lario d’arte e di poesia, Guida, NA, 2010, € 10,00.
Il poeta, critico e traduttore Vincenzo Guarracino, un campano naturalizzato comasco, nella collana “Ritratti di città” dell’editore Guida di Napoli, ha pubblicato un documentatissimo excursus sul lago di Como, intitolato Lario d’arte e di poesia (2010). Secondo l’etimologia, i làroi sonoi gabbiani di lago che caratterizzano quel territorio, di cui l’autore rintraccia le più antiche testimonianze preromane (celtiche), per poi soffermarsi sugli scrittori della civiltà classica, come Virgilio, i due Plinii (le cui satue – com’è noto – sono collocate sulla facciata del Duomo di Como), Cecilio, Catullo, e via via risalire nella storia, facendo perno su quel Paolo Varnefrido dell’VIII sec. d.C., più universalmente noto come “Diacono”, lo storico dei Longobardi che visse nell’Abbazia di S.Pietro al Monte di Civate e scrisse anche un’opera in esametri sul territorio lariano: Te, Lari maxime. Al cui latino si richiamerà nel Novecento il poeta Roberto Sanesi, che nel poemetto In laude Larii laci ripercorre le lodi del Diacono e fa “del poeta – dice Guarracino – l’ultimo depositario del segreto per salvare il mondo dal ‘buio’ e dal ‘fallimento’ di un inarrestabile impoverimento estetico e morale” (p. 12).
E’ forse per questo che nel libretto viene dato ampio spazio ai poeti e agli scrittori, anche se poi – per compensare le scelte – sono rappresentati tutti gli artisti, dai pittori e scultori (Hayez, Thorvaldsen, Appiani, Segantini, i “razionalisti” astratti M.Radice, C.Badiali, M.Rho, Aldo Galli, A.Salardi, A.Molteni, o i più recenti Bruno Azimonti, Gaetano Orazio ed Ernesto Solari), ai musicisti (Liszt, Paganini, Verdi, Bellini, Rossini, i cantanti), o anche gli storici e gli eruditi come Carlo Amoretti, Benedetto, Giambattista e Paolo Giovio, Giuseppe Rovelli. Ma si tratta sempre di cultori delle scienze umane e non di quelle esatte. A esempio, non vi è citato nemmeno Alessandro Volta (tranne che per l’omaggio del faro di S.Maurizio a Brunate a lui dedicato), che si rifece a Galvani e ai suoi esperimenti con la rana, che pure campeggia sulla facciata del Duomo di Como. Quest’ultima città viene descritta per la sua forma a “granchio”, o a “gambero” come dice qualche altro: e ciò – con maggiore spirito scientifico/naturalistico – avrebbe potuto richiamare la recente invasione della specie di gamberi americani che ha debellato quelle indigene (con gioia dei buongustai).
E, stranamente, fra le assenze nello stesso campo della poesia non è citato Parini (c’è solo un indiretto accenno del poeta Lucio Zaniboni), forse perché appartenente più all’area brianzola che a quella lariana, mentre poi il libretto si chiude con una citazione di alcuni versi tratti da Le Grazie del Foscolo.
Che sul Lario spiri una certa “aria”, tra malinconica e crepuscolare (la sua vera atmosfera verrebbe fuori nei giorni di novembre, secondo il romanziere Andrea Vitali, anche a prescindere da quelle descritte in Malombra da Antonio Fogazzaro), non ha impedito che sulle sue sponde vi abbiano soggiornato visitatori illustri, fino a creare una sorta di “mito”, quando quelle sponde erano incluse tra gli itinerari d’obbligo del Grand Tour. Basti ricordare i musicisti che vi hanno composto opere, o Stendhal o Giovanni Verga, che soggiornò a Villa Kraemer di Tremezzo e vi ambientò il suo romanzo Eros (1874), che tratta di amori fra aristocratici. D’altra parte a Villa Carlotta di Tremezzo si trova il famoso gruppo scultoreo Eros e Psiche di Canova.
Nel modo di titolare tanti dei paragrafetti del libretto, sembra trasparire un’accentuata sensibilità “visiva” da parte di Guarracino. Come si deduce dai seguenti: Una festa degli occhi, Finestre sulla città, Balconi sul lago e sulla città, Vedere il lago dal lago. E forse perché l’autore procede secondo accensioni liriche, più che prosasticamente argomentative, vi si possono rintracciare alcune ripetizioni: l’etimologia che Cassiodoro fa dal verbo coměre a p. 22 e 24, la novella verghiana I dintorni di Milano a p. 19 e 32, la sede del quotidiano “La Provincia” opera dell’architetto Mario Botta a p. 39/40 e 47, l’immenso ninfeo dai giochi d’acqua della poetessa Carla Porta Musa a p. 33 e 51, la “fontana intermittente” di Torno a p. 24 e 69, l’Eros e Psiche del Canova a Tremezzo a p. 9 e 82 e 85, e qualche altra minore.
Infine Guarracino procede a descrivere brevemente le varie località del lago, partendo dal ramo occidentale e ridiscendendo da quello orientale, più noto grazie a Manzoni. Ancora una volta non dimenticando nessuno dei suoi poeti e scrittori, ma anche le sue particolari caratteristiche, come i lumaghitt galleggianti verso l’Isola Comacina. E conclude dicendo che “le genti del lago fanno della misura e della sobrietà di gesti e pensieri il loro tratto distintivo” (p. 105).
SERGIO SPADARO
Moltissimi complimenti a Vincenzo Guarracino e un saluto cordialissimo sia a lui che a Sergio Spadaro
lucetta frisa
Complimenti al curatore dell’immaginifico viaggio e al recensore, preciso e puntuale come sempre.
girate questa recensione, se già non l’avete fatto, anche a Vincenzo gurracino, grazie e cordiali saluti, antonio de marchi-gherini