Galleria del vento

Pubblicato il 20 maggio 2014 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro
Galleria del vento

di Luigi Cannillo

Questa nuova silloge è certamente un punto di arrivo di tante tematiche sperimentate in questi anni dal poeta; tuttavia questo traguardo, è soprattutto il risultato di una corsa che non ha solo valenza letteraria ma esoterica e risponde ad libitum ad alcune tematiche esistenziali rielaborate lungo quasi un decennio dalla morte della madre, nei cui engrammi sono visibili i simboli di piani astrali, ascendenti, su cui il poeta costruisce la tessitura umana.

Ovviamente, è nella seconda sezione, quella intitolata ai Dodici segniche queste ricezioni si avvalgono di una metodologia secondo un ordine legato al loro significato cosmologico. I segni zodiacali entrano allora dentro la silloge in prismi di luce che investono tangenzialmente la prima sezione che è la più sofferta ed è chiave di volta delle altre: L’ordine della madre.

Entro la casa, in questa parte di mondo sottoposto ad un vuoto improvviso, i segni alloggiano nel silenzio dell’assenza come parte invisibile delle cose. Non giungono da fuori, fanno parte di loro, sono gli oggetti della casa/ anticipano il lutto/, al giro della chiave estranea. Fuori è la ragione, vitrea come la morte che attende senza domandare, solo quel momento, inderogabile. Tutto è assegnato al corpo/ pronto alla fuga, alla sua lingua/ inquieta che si deposita e alimenta,/ perfino il suo esilio sulla pagina. Il poeta ci invita a seguitare nella lettura, mentre indaga il silenzio della casa, perché la morte della madre, come dice Sebastiano Aglieco nella prefazione, è tutto tramite una questione sentimentale; c’è, in sostanza, qualcosa di oltre fisico, di profondissimo che investe il legame tra madre e figlio. I segni sono lo svelamento corporale di questa realtà ontologica che si muove a cavallo tra vissuto e presente e dentro una ineluttabile linea di fuga che è la vita, parallela esperienza legata alle forze della morte.

Ecco aprirsi quei legami causali interscambiabili che vivono entro una logica contingente, dove l’origine, lo spazio si dispongono/ nelle valigie, così l’universo/ viaggia con noi, stabilito/ nei nostri gesti e nel sonno, ma dove anche nel presente viene dichiarata la maternità come fattore imprescindibile di questa operazione transazionale. E’ la madre che impronta forme e limiti in un unico e medesimo atto, vitale e mortale entro la casa. Infatti, nella terza sessione, il poeta affronta il tema del corpo. Ne: Il rovescio del corpo, tutto sembra già preparato ad accogliere il risultato di questa presenza, perché il poeta ha riconosciuto i lemmi del destino senza i quali non si sarebbe potuto manifestare l’ordine dettato dalla madre.

Vita e morte insieme. Lo contempla Berliner che assurge ad allegoria dei giochi umani che prendono parte proprio nel luogo teatro della storia recente e di quel complesso di relazioni estreme che fanno parte del divenire, esperienza del distacco, della perdita, ma anche della rinascita Alla fine del testo si sente la necessità di tornare sui versi che hanno coltivato la prima sezione; Abbiamo suddiviso a bassa voce/ la farina del presentimento/ il compleanno coltiva/ sulla tavola fiori coraggiosi/ ma il profumo si inchina/ a un vento sconosciuto/ che incrina la casa da dentro… Una rilettura che spontaneamente porta a riaprire un ciclo ineluttabilmente vocato alla rigenerazione lungo l’analisi semiotica dell’assenza.

E’ ancora la madre che lo guida con una priorità inderogabile incontro a un ordine necessario, per non disperdere forze che corrono dentro la galleria del vento della vita, delineando tracce che lasciano il segno delle forze di passaggio, aprendo all’universo possibile il dominio della luce contro l’oblio. Ogni gesto in realtà infigge una provocazione lacerante al lettore, costretto a declinare temi dolorosi che, tuttavia, empaticamente lo accolgono entro una direzionalità ordinata secondo flussi paralleli, traccia semantica che si riconosce nella vita di ognuno. Azione e reazione, costanti, inesorabili, si alternano come note sopra uno spartito dichiarando la loro sonorità. Sono sciami di anime e cose che, come note, prendono parte a diverse esperienze nel mondo fenomenico, aspettando solo che l’occhio di un figlio le estruda dall’attenzione ordinaria, per riprendere magicamente a correre incontro ad un traguardo che, come dicevo all’inizio, non è mai finale ma transazionale, perché è la madre che fa da guida e ne impedisce la dispersione a garanzia della legge universale che è nell’anima delle cose. Aky Vetere


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