Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Sebastiano Aglieco
Inediti da “Mare nostrum”: “’na matri” – “’na buttàna” – “’nu strazzùni”
Con un commento di Laura Cantelmo
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Mare nostrum
I temi di questi testi sono due: la cronaca dolorosa degli sbarchi per mare e l’esilio delle persone nei territori di confine: i campi di fortuna, le piazze della stazione di Milano, il metro. Con l’assoluta certezza che niente possiamo, se non l’obolo di qualche moneta, un’infinita pietà, una poesia sempre più disarmata e nuda.
Sebastiano Aglieco
*
‘stu mari nunn’avi nnomi
sulu ossa ri bbèstii
carùsi anniiàti
cunta ri morti mmazzàti
*
questo mare non ha nomi
solo ossa di bestie
ragazzi annegati
racconti di morti ammazzati
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Voci dal campo
‘na matri
rumpu i lati ra ggèbbia
tutt’i matìni mi spaccu a testa ri pinzèri
e a luci mi fa n cori mmenzu e manu rapùti
àgghiu n carùsu appinnùtu o coddu
comu n ciùri ca si scusi
una madre
rompo gli argini del canale
attraverso ogni mattina la mia stessa mente
e la luce mi disegna un cuore sulle mani aperte
ho un figlio appeso al collo
come un fiore che sta per scucirsi
*
‘na buttàna
ciàiu na chiàzza nno coddu ca nun si scancèlla
tàgghiu a notti co fumu
mi fazzu agniddùzzu pi nun fàrimi pazza
una prostituta
ho una macchia sul collo che non si cancella
taglio la notte col fumo
mi faccio agnello per non impazzire
*
‘nu strazzùni
ta ià vistu, oggi, e ta ià priiàtu
pòttimi cu tia
scancèllimi, pulizìimi nna sta uci ca
ogni vota purtusìa u me ncuttùmi
un mendicante
oggi ti ho visto e ti ho implorato:
portami via dal tempo
cancellami, lavami in questo suono che
perfora ogni volta il mio silenzio
***
Notizia Biobibliografica
SEBASTIANO AGLIECO, insegnante nella scuola elementare, è nato a Sortino (SR), il 29 gennaio 1961. Tra i suoi libri: Giornata, La Vita Felice, Milano 2003 (Premio Montale Europa 2004); Dolore della casa, Il Ponte del Sale, Rovigo 2006; Nella storia, Aìsara, Cagliari 2009; Compitu re vivi, Il Ponte del Sale, Rovigo 2013, (premi Salvo Basso e Luciana Notari 2014, Il Ceppo 2015). Inoltre il libro di critica Radici delle isole, La Vita Felice, Milano 2009. E’ consulente editoriale e redattore di diverse riviste di poesia. Si occupa di teatro e scrittura per la crescita delle persone. Il suo blog: «Compitu re vivi» (miolive.wordpress.com)
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Nota di lettura
L’esilio che piaga gli esuli, coloro che affidano al mare ciò che resta della loro vita, ma che è comune a tutti gli umani, specie ai più fragili, è il tema modulato dai brevi testi che Sebastiano Aglieco offre nella lingua della sua infanzia, il dialetto siciliano, quella delle prime parole e per questo più immediata, sgorgata dal cuore. Sradicamento, alienazione vengono rappresentati come destino cosmico che ci travolge in un precipitare incessante di tragedie. Aglieco ha la capacità di richiamare in un unico grido coloro che nella sua poesia, fremente di pietà e di rabbia impotente, riconoscono il dramma che sconvolge il nostro tempo. Il mare dei naufraghi non porta nomi, ma ossa – l’apocalisse umana cancella identità annichilendo anche noi stessi.
“Disarmata e nuda” umanità come quella narrata da un cantastorie: la madre (“’na matri”) che attraversando il canale ogni mattina, sembra raccontare l’evento della nascita di un figlio da cui “sta per scucirsi”, uno strappo dalla propria carne, una separazione dal proprio cuore. Oppure i pochi versi sulla prostituta (“’na buttana”) che esce da se stessa e si fa “agnello (agniddùzzu) per non impazzire” narrano di profonde lacerazioni. Strazianti forme di esilio nel destino dei personaggi della storia umana che Aglieco va dipingendo, come in un grande albero della vita, nelle biografie individuali come in quelle collettive, che trovano un’iconica metafora nell’implorazione del mendicante: “portami via dal tempo” (“’nu strazzuni”). Poesia alta, senza orpelli, oscurità mistificanti o compiaciuti giochi linguistici.
L’intensa affermazione di umiltà della sua nota: “l’assoluta certezza che niente possiamo, se non l’obolo di qualche moneta, un’infinita pietà, una poesia sempre più disarmata e nuda” è di per sé una dichiarazione di poetica. Il mettersi a nudo attraverso la lingua materna, l’identificarsi in modo diretto, violento, con i dannati della terra è una denuncia contro il male del mondo, contro la malheur de vivre, sottolineata da una forte musicalità nello splendore scabro, nella tenerezza del dialetto, che riecheggia anche nella traduzione italiana.
Settembre 2016
Laura Cantelmo
* tipica siciliana, “ggebbia” tradotto “canale” è fuorviante. si tratta di un fosso dove si raccoglie acqua, generalmente piovana, da usare per irrigazione.
* “pòttimi” dovrebbe essere imperativo di “purtari” verbo irregolare che in questo caso prende la “o” al posto della “u”, ma con la doppia “t” è un termine falso, nel senso di inesistente: la grafia esatta ha due soluzioni, “pòrtimi” o, perfino, “pò’timi”
* “nnomi”! in siciliano esistono solo le seguenti due dizioni: “nomi” (che è parimenti sigolare e plurale) con una sola “n” oppure “nnomu” (che non ha plurale) che vuole la doppia “n”
* “ta ià vistu”! “ià” da solo non significa niente: la trascrizione dovrebbe essere “t’aia vistu” ma l’esatto siciliano di “ti ho visto” è “t’aiu vistu”, cioè “ho” si dice “aiu”
* “a luci mi fa n cori”! la “n” da sola non significa niente:
o scrivi “mi fa’n cori” (che mi pare azzardato) o scrivi “mi fa un cori” – così vale anche per “…n carusu”
* ma “agghiu” in siciliano significa “aglio”! quindi “aiu’n” (“aiu un” sarebbe cacofonico) – lo stesso per “comu n” che trascritto giusto dev’essere “comu’n”, ma, meglio ancora, “comu nu”
* “cunta” tradotto “racconti” è sbagliato – il siciliano “cuntu” fra le sue accezioni più importanti significa “calcolo” o “racconto”, al singolare però; il “cuntu” relativo a “calcolo” al plurale fa “cunta” (li cunta), mentre il “cuntu” relativo a “racconto” fa “cunti” (li cunti) – occorre ricordare che “cunta” è anche terza persona singolare del verbo “cuntari” – quindi la tradduzione di “cunta ri morti mmazzati” è (il mare) “racconta di…”, se invece nella traduzione si vuole rimarcare che è senpre un racconto di morti ammazzati in siciliano esatto è “cunti ri morti mmazzati”
* in siciliano “prostituta” si scrive “bbuttana” con due “b”
* “a notti co fumu” si scrive … “ccu fumu” (doppia “c” in particolare)
* “u me ncuttumi”! due errori! – l’italiano “mio” si trascrive me’ con l’apostrofo anzichè “meu” quando genera, come in questo caso, cacofonia – ma il secondo errore è più grave: se scrivi “ncuttumi” con la “c” come con la “c” si deve scrivere “uncuttumari” (= indurire), ma nel significato di “cruccio”, “afflizione” quindi “silenzio” (ma la traduzione “silenzio” è azzardata) si deve scrivere con la “g”, cioè “nguttumi”
* “uci” si scrive o ‘uci con davanti l’apostrofo oppure “vuci”
* “ciaiu” non è un ciao in siciliano! devi scriverlo “c’aiu”
* “ca”, “co”, “cu” nel senso di “con” si scrivono con la doppia “c”: “cca”, “cco”, “ccu”
* “puliziimi” il verbo è “puliziari” con il circonflesso sulla seconda “i”, quindi devi scrivere “puliziami” aggiungendo una “a” dopo la “i” con il circonflesso, non con due “i” e senza la “a”
* “o coddu” – si scrive “o’ coddu” – così in “mmenzu e manu” la “e” vuole la virgoletta in alto a destra: e’
Gentile signore, lei riporta regole sintattiche e grammaticali, io le variazioni del parlato. Il suo commento mi sembra veramente inappropriato e anche normativo. Sebastiano Aglieco
Mi pare opportuno riportare una più estesa precisazione che Sebastiano Aglieco ha pubblicato sul proprio Blog, Compitu re vivi, in merito alle note di grafia fatte da Franco Paone. Riporto qui sotto il link e la nota ulteriore, che penso sia utile a tutti i lettori:
https://miolive.wordpress.com/2016/09/15/uniniziativa-di-milanocosa/
Le mie poesie in dialetto fanno riferimento alle varianti della lingua parlata, non a una grammatica e a una sintassi codificate. Ho solo mantenuto, dopo lunghe riflessioni, l’accentazione, in modo da far risaltare il valore musicale e ritmico della parola. Non mi interessava far riferimento a un manuale di regole; mi bastano quella dell’italiano. E’ una lingua che varia, la mia, come, del resto, tutte le lingue prima di essere codificate. Nel caso delle scritture dei cosiddetti neodialettali si usa il termine “idioletto”, ma si tratta solo di un tentativo di razionalizzare una materia che procede con la vita e con i sostrati di cui siamo fatti. Queste erano le mie urgenze. Altro non mi interessa.
Sebastiano Aglieco
Al di là delle precisazioni e delle sottigliezze di tipo linguistico e ortografico, mi sembra che i testi di Aglieco si impongano – dovrebbero imporsi! – per la tematica forte, legata alla vita e alla morte, all’esilio, all’umanità “disarmata e nuda”,come ben sottolinea Laura Cantelmo nella sua presentazione. Una tematica forte, qui affrontata senza ipocrisia né infingimenti, in una lingua potente e tragica.
Sono particolarmente felice dell’avvio di Anticipazioni con questi testi di Sebastiano, con i quali l’Autore sa dare parola al dolore immane che la realtà sociale contemporanea produce – parola tuttavia leggera di sovraccarichi ideologici o aloni di letterarietà retorica e pietistica. Sono pericoli che pochi evitano e che qui invece sono rovesciati in forte impatto espressivo da una lingua scabra e viva, perché Aglieco si fa corpo adiacente, che incarna e fa proprio il dolore trasmesso dalla sua parola.