Adam Vaccaro, Tra Lampi e Corti, Marco Saya Ed., Milano 2019
Affondare le mani e gli occhi nel presente – Da Sein, “essere nel mondo” secondo Heidegger – per scandagliarlo come ultima e inarrestabile pulsione, perché non esiste altra via, se la propria realtà socioeconomica e culturale risulta inaccettabile, questo è il tema fondante dell’architettura poetica di Adam Vaccaro. Con la passione che lo contraddistingue il suo occhio attento e disincantato affida alla parola poetica il suo grido di rifiuto e di protesta.
Ricco di sonorità, di consonanze e di giochi semantici che si susseguono con ritmo incalzante, articolando la fitta rete metaforica, il linguaggio non dà tregua. Tanto che il lettore non può che affrontare la sfida facendosi condurre nel vortice delle parole, delle tmesi (v. “Con-Divisioni”) delle rime interne e degli enjambements – una fitta rete di assonanze ed associazioni entro una catena di enunciati che irradiano significati molteplici, con l’effetto di ampliare il discorso richiamandone altri. Quello che una avanguardia pressoché consunta risolverebbe in gioco abile, ma spesso vacuo a livello paradigmatico e sintagmatico, nella poesia di Adam Vaccaro riafferma il primato della parola come materia viva da concatenare e modellare, da plasmare e trasformare, colorare e anche frantumare.
Il mondo “delle passioni tristi”, sempre più soggiogato dalla pubblicità e da una preoccupante dipendenza tecnologica che omologa, indirizza, annulla il pensiero critico a favore di stereotipi e dogmi diffusi in ogni campo, svela in questi testi la sua profonda fragilità. Ne emerge un grande affresco dalle immagini dure e fortemente sarcastiche (v. la dedica a Piero Manzoni, oppure la trafiggente immagine di Clitennestra), intrise di un eros come sfida alla falsità diffusa (“Fondi incombusti”, dedicata all’amico poeta Antonio Spagnuolo). Sullo sfondo – ma poi anche in primo piano (v. la sezione Corti) – aleggia il ricordo del natío Molise agreste, terra di migrazioni accecata dal sole, corroborata dall’antica sapienza di una società contadina ormai scomparsa. Non si tratta di una pasoliniana attitudine a idealizzarne la purezza, ma di indicare un punto fermo e imprescindibile da cui ha avuto inizio il cammino dell’Autore, migrante ricco di un fardello di sogni e di affetti, che con studio e fatica ha saputo costruirsi il futuro, altrove.
Spontaneo il confronto con le migrazioni cui ogni giorno assistiamo: la sezione Stranieri affronta lo sfregio dello sfruttamento e della violazione dei corpi nella durezza di ritratti, come “Clitennestra” e “Mira a Milano”, elementi di un esercito di potenziali schiavi utilizzati da un progetto politico sempre più cinico e disumano. Eppure in tanto disinganno trova posto l’utopia – sogno “impossibile”, che dalla morta polvere può divenire forza propulsiva per un futuro volo (“Improvviso”). In questo contesto drammatico, vibrante di passione civile verso temi dimenticati, come il martirio del popolo palestinese o la poverissima isola di Haiti, stupirà forse che trovi spazio l’amore erotico, tema caro a Vaccaro, che in passato vi aveva dedicato una raccolta. Sostegno e impulso di vita, l’amore, si esprime con l’energia che attraversa l’intera raccolta, senza sdolcinature o a ripiegamenti lirici (v. “Tu fiore d’autunno” e altri testi): “(…) come fossimo// la voce di tutto l’universo – io/ immerso in te e preso dalla tua/ bocca fino alle mie radici di pace” (“Risuonano”)
La parola poetica dà voce all’Es, senza filtri o sovrastrutture alienanti, vede e dice la verità senza inibizioni. Questa la sua funzione, per l’Autore – riconoscere la miseria e la bellezza, osservare il corpo nella sua spoglia imperfezione, lungi da stereotipi estetici, penetrare senza occulte persuasioni né artifici mediatici nei mali della società e sapere “ancora dire di me e di te”.
Settembre 2019
Laura Cantelmo
Intensa lettura per questa nuova pubblicazione di Adam Vaccaro che leggerò appena possibile e com vero piacere
Pubblicare sul sito di un’Associazione la rec. di un libro il cui autore è il presidente non mi pare il massimo dell’eleganza e della discrezione.
Lelio, ti lascio libero di pensarla come credi, ma non c’entra per me né l’eleganza né la discrezione. Tutto dipende dagli intenti e dallo spirito con cui questta attività culturale si fa. Per me è attività di promozione e conoscenza di qualcosa che si ritiene possa interessare e ravvivare il panorama culturale e poetico attuale. Lo spirito è di servizio e non di foga autopromozionale.