ADAM VACCARO, Seeds, con traduzione a fronte di Sean Mark. 165 pp., 20$
New York, Chelsea Editions, 2014
Dante Maffia
Sean Mark ha fatto davvero un lavoro encomiabile per le poesie di Adam Vaccaro. Innanzi tutto ha scelto, ponderato, cercato le affinità e poi è entrato nel mondo del poeta evitando di mutilarlo, anzi spesso dandogli qualcosa di suo, com’è inevitabile in tutte le opere tradotte.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: limpido, essenziale, capace di dare ai lettori americani e inglesi un’idea congrua di questa poesia così densa di umori e di problematiche, così ricca di fulgori sinestetici.
Vaccaro è un poeta sanguigno e tuttavia non si è mai abbandonato al dettato interiore senza prima averlo vagliato attraverso le consonanze filosofiche che coltiva da sempre. Egli sembra volerci dire che non può esistere poesia se non corroborata dal pensiero, ovviamente senza funestarlo di teoremi o di ossessioni teoriche.
Nella versione inglese Vaccaro guadagna in sintesi, e dimostra che il suo mondo può raggiungere anche emisferi lontani, perché non è mai disgiunto da una carica umana davvero calda e convincente.
Sarà l’effetto di quello che lui chiama adiacenze? Sarà quel che vi pare, ma in questo libro possiamo sentire un’ampiezza di dettato e di respiro rari nella poesia italiana odierna troppo spesso legata all’assurdità degli enunciati tout court.
Ma sia chiaro, egli non è per nulla lontano dalle consuetudini della quotidianità, soltanto che dopo l’incipit sale verso sfere diverse e cerca approdi nuovi. E ciò, è evidente, lo porta a considerazioni che hanno accensioni inaspettate.
Egli viaggia dentro se stesso e fuori di sé senza fare distinzione e così l’io e l’universo si scambiano il fiato, si accapigliano, giocano perfino, per trovare un punto d’arrivo.
Naturalmente questi affondi sono possibili perché egli possiede in sommo grado la facoltà dell’intuito, una larga cultura ben digerita e la necessità del canto.
Dante Maffia