A Sud del Sud dei Santi

Pubblicato il 10 settembre 2013 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

A Sud del Sud dei Santi. Sinopsie, Immagini e Forme della Puglia Poetica (Cento anni di Storia Letteraria)

a cura di Michelangelo Zizzi – Faloppio, LietoColle, 2013 pp. 470 € 25.00

Com’è noto, Tynianov si opponeva a una concezione evolutiva della letteratura, che secondo lui procede per salti e per spostamenti piuttosto che secondo uno sviluppo uniforme. In ogni genere, osservato a un dato momento, si distinguono tratti fondamentali e tratti secondari: sono proprio i tratti secondari, i risultati e le deviazioni «casuali», gli errori, che producono nella storia dei generi mutamenti più cospicui da annullarne in certa misura la continuità. Si può parlare di continuità per la nozione di «estensione», che oppone le «grandi forme» (romanzo, poema, racconto lungo) alle piccole (racconto breve, poesia), e di continuità per i «fattori costruttivi» (per esempio, il ritmo nella poesia e la coerenza semantica – trama – nella prosa) o per i materiali; ciò che cambia è ben più importante per la individualità del genere: è il principio costruttivo che fa utilizzare in modi sempre nuovi i fattori costitutivi e i materiali.

Gli spostamenti all’interno di uno stesso genere, mettiamo la poesia, sono molto importanti per comprendere come a volte delle piccole novità conseguite in periferia possano avere ripercussioni, per vie sotterranee, sulle linee maggioritarie che si esprimono attorno alle due più grandi città italiane. Ecco allora la spinta al rinnovamento o la diversa funzione che la periferia viene a svolgere nel rinnovamento di un genere. Questo studio a più mani coordinato da Michelangelo Zizzi viene incontro a questa esigenza di indagare per quali vie sotterranee una poesia come quella pugliese possa aver contribuito al rinnovamento del genere poesia ma non tanto per la forza specifica delle singole linee (borbonica, salentina, cittadina etc) quanto per la capacità di fare, tutte insieme, massa e peso specifico. Non solo sono indagati in questo volume i poeti statutari o ritenuti significativi, 14 in tutto, trattati con monografie: Vittorio Bodini, Raffaele Carrieri, Enzo Mansueto, Antonio Bux, Girolamo Comi, Salvatore Toma, Cristanziano Serricchio, Lino Angiuli, Vittorino Curci, Giuseppe Goffredo, Gianpaolo Mstropasqua, Carla Saracino, Annamaria Ferramosca, ma anche Michele Pierri, Claudia Ruggeri, Luigi Fallacara, Antonio Verri, Pasquale Vitagliano, la dotatissima Agata Spinelli, la grande Giovanna Sicari (che attende ancora una giusta valutazione), Daniele Giancane, Angelo Lippo, Rita Marinò Campo e i più giovani Ilaria Secli, Vanni Schiavoni, Carla Saracino, Anita Piscazzi, Maria Grazia Palazzo, Angelo Petrelli, Vincenzo Mastropirro, Luciano e Vittorio Pagano, Antonio Natile, Francesco Onirige, Gianluca Misturini, Daniela Liviello, Enzo Mansueto, Giacomo Leronni, Biagio Lieti, Irene Ester Leo, Florinda Fusco, Simone Giorgino, Mario Desiati.

«Il Sud come contenitore di lingue» e di dialetti è un fatto ma è un fatto anche che il Sud, dall’unità d’Italia in poi, non è mai stato capace di produrre una letteratura egemone, grandi personalità sì, ma isolate; e questo vale anche per il genere lirico, vi si trovano numerose spiccate personalità ma nessuna in grado di scuotere la subalternità della poesia meridionale rispetto a quella che si è fatta a Firenze, a Roma e a Milano.

Comunque, un lavoro di dimensioni notevoli quello fatto da Zizzi, coadiuvato dai saggisti collaboratori Roberta Dalessandro, Stelvio Di Spigno e Stefano Donno: l’aver saputo tracciare con accuratezza la mappa di un universo poetico lungo cento anni non era cosa semplice né scontata, e l’aver studiato gli snodi e i numerosissimi rappresentanti di questa non piccola parte della geografia della poesia italiana.

Giorgio Linguaglossa

7 comments

  1. Davide Gheda ha detto:

    Ho apprezzato molto il pensiero che sottende l’ articolo del critico Linguaglossa, ma vi e’ una confusione negli autori citati, i 14 monografati di cui vivaddio 6 viventi ( tra cui 2 trentenni,che rivoluzione! Ode alla grandezza oltre ogni anagrafe, finalmente!) sono : Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri, Carla Saracino, Michele Pierri, Lino Angiuli,Vittorino Curci, Giuseppe Goffredo, Enzo Mansueto, Gianpaolo Mastropasqua, Cristanziano Serricchio. Un lavoro sorprendente e coraggioso, dove la Poesia vera e’ protagonista assoluta, un mondo inedito tutto da scoprire!

  2. Davide Gheda ha detto:

    Ne mancano due: Antonio Verri e Raffaele Carrieri, ecco ora sono 14!

  3. Giorgio Linguaglossa ha detto:

    un esempio: per quanto riguarda Giovanna Sicari, di nascita pugliese ma di adozione romana, sarebbe da decidere se la sua poesia sia da annoverare tra quella pugliese o tra quella romana; io personalmente, che sono un estimatore della poesia della Sicari la ritengo più romana che pugliese, e per una considerazione di ordine generale, che Roma è l’unica città d’Italia che conta tra i suoi migliori poeti personalità che sono nate altrove ma che nell’Urbe hanno trovato l’humus adatto allo sviluppo della loro poetica. Inoltre, ho trovato spesso una sotto valutazione di poeti che avrebbero meritato maggiore attenzione critica (come ad esempio la Giovanna Sicari)rispetto ad altre personalità, a mio avviso, decisamente minoritarie.
    Per quanto riguarda poi l’influenza che la poesia pugliese (con le sue interne diramazioni periferiche) abbia avuto (se ce l’ha avuto) sulla poesia nazionale (cioè quella che si fabbrica nelle due fucine: Roma e Milano), questa è un’altra questione, e qui entriamo in un diverso piano di argomentazione che con la poesia ha poco a che fare ma che deve affrontare questioni che afferiscono più alla questione dell’egemonia prodotta dalle scelte dei grandi marchi editoriali nelle pubblicazioni di poesia.
    Insomma, ritengo che sia chiaro, oggi la poesia nazionale viene fabbricata negli uffici stampa degli editori a maggiore diffusione nazionale e in certi ristretti ambienti letterari che contano. E qui non ha più molto senso di parlare di questioni di critica di poesia.

  4. Davide Gheda ha detto:

    Condivido pienamente il pensare che ‘ i santi dei Sud’ non siano mai stati in grado di fare ‘ squadra’ nella grande partita della letteratura, a differenza di molte ‘ imprese’ di ‘ officine ufficiali’ presenti in altri luoghi d’ investimenti e capitali. Le personalita’ sudarie con annessi temperamenti da fuoriclasse, fuorirotta, fuoriluogo dell’ essere nell’ arte fuori dal sistema dell’ arte, di certo non hanno giovato alla causa, anche se nel contempo in quanto slegate dalle linee dominanti e grazie ad una solitudine smisurata, hanno potuto sviluppare una liberta’ creativa superiore spingendosi da un decentramento periferico verso una poetica ‘ mediterranea’ di piu’ ampio respiro e originalita’. Giovanna Sicari, in effetti, non e’ facilmente geograficamente e poeticamente collocabile, certo avrebbe meritato una monografia , ma essendo gia’ molto nota, credo che i vari critici abbiano preferito per questo libro scandagliare talenti ancora sommersi e troppo spesso introvabili nelle librerie.

  5. antonio sagredo ha detto:

    giorgio linguaglossa ha detto:
    novembre 24, 2013 alle 2:53 pm

    Mi sembra evidente che Antonio Sagredo abbia mandato in rottamazione definitiva la poesia italiana che si è scritta in questi ultimi decenni; scrive come nessuno osa scrivere, scrive con una libertà che va dal kitsch al sublime e, di nuovo, dal sublime al plebeo mescidando vocaboli colti e desueti a quelli del parlato… ma senza mai utilizzare quel pastrocchio di linguaggio koinè nel quale la poesia italiana si è impantanata per amore di un verismo o neoverismo ora petrarchesco ora antipetrarchesco, in verità un tipo di poesia sempre e purtuttavia lineare e già telefonata. SAGREDO SCUOTE LO SPAZIO-TEMPO, i vocaboli sembrano stare appesi sul filo dello stenditoio della biancheria, esposti al vento, anzi, ai venti, balcanici ed equatoriali, scrive con una libertà che ha del rocambolesco e del clown, ben lontano dalle spiagge asfittiche di quel linguaggio tutto autocontrollato che Sereni ci ha lasciato in eredità, buono tutt’alpiù per i letterati ma inutilizzabile per una poesia di livello elevato. Per il semplice fatto che non si dà alcuna piattaforma pre-formata, alcuna poetica normativa che sia autorizzata a dire che si scrive così e così. Il pregio della poesia di Sagredo è la sua libertà (ma è anche un rischio non da poco) che lui tratta come una sgualdrina alla cavezza del suo padrone infingardo. È una poesia clownesca e infingarda, teatrale e entusiasta, c’è molta allegria, ci sono molti brindisi, molte grida di giubilo, come a dire: c, nonostante tutte le calandrone e i cialtroni io sono ancora qui, sono vivo e vegeto e sprizzo scintille di energia e di vitalità mentre VOI TUTTI SIETE TUTTI MORTI…

  6. marcello mariani ha detto:

    Conosco prsonalmente Antonio Sagredo e pure conosco bene la sua Poesia da decenni, e da decenni lo ritengo Poeta a cui tutti si devono rapportare altrimenti per loro è la fine! Scrive bene il Linguaglossa che non ha peli sulla lingua! E non glissa altrove i suoi giudizi e lo sguardo, nel senso che non scrolla le spalle, ma “guarda e passa e non ti curar di loro”, che poi è l’atteggiamento costante del Sagredo da 50 anni! La grande Poesia del Sagredo ha fatto gridare di meraviglia e stupore insieme lo Squarotti, che in una lettera cartacea (al Poeta) ribadisce ( anticipando il giudizio del Linguaglossa) che la Poesia del Sagredo primeggia sola su una riva e tutti gli altri sull’altra riva stanno a guardare!D’altra parte il Sagredo stanco degli aggettivi superlativi dello Squarotti (che non sapeva più come definire i versi) ha troncato la corrispondenza cartacea! Definito poi paradossalmente da una critica-poetessa (non il contrario!) M.G.C. poeta “inclassificabile”, non ha percepito la stessa che gli ha dato del fuoriclasse, mentre forse intendeva altra cosa opposta: insomma gli ha fatto un non voluto elogio!
    Non stupisce che lo stesso De Palchi – dai pochi versi che ha letto del Sagredo – poi abbia deciso di pubblicarlo, scorgendo all’orizzonte un Maestro, da cui tutti devono prendere lezione!
    Che i poeti italiani se ne facciano una ragione!
    marcello mariani

  7. rodolfo granafei ha detto:

    “..senza mai utilizzare quel pastrocchio di linguaggio koiné nel quale la poesia italiana si è impantanata per amore di un verismo o neoverismo ora petrarchesco ora antipetrarchesco, in verità un tipo di poesia sempre e purtuttavia lineare e già telefonata” è un giudizio semplicemente perfetto e vero. riassumendo: Petrarca continua a vincere e Dante a rimanere esule in patria. l’esclusione del tragico e del comico fanno della poesia italiana una poesia da camera nella quale si fa la calza. complimenti vivissimi
    rodolfo granafei pensionato poeta non pubblicante

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