La Presenza di Dante a 700 anni dalla morte.
Testimonianze di voci contemporanee.
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A partire da Dante
Progetto di Milanocosa per BookCity Milano 2021
Proposto da Rinaldo Caddeo e definito con contributi di:
Claudia Azzola, Rinaldo Caddeo, Laura Cantelmo, Luigi Cannillo,
Gabriella Galzio, Giacomo Graziani, Paolo Quarta,
Fausta Squatriti, Adam Vaccaro
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Realizzazione a cura di Adam Vaccaro
A partire da oggi e fino a ottobre, pubblicheremo post dedicati ai contributi degli Autori partecipanti. A ogni post,
seguiranno riunioni Zoom, utilizzando i link corrispondenti pubblicati sul Sito e a ridosso per E-mail.
Al termine di questo percorso tutti i contributi verrano assemblati in un video per BookCity 2021
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Dopo il 1° post del 26 mazo scorso – https://www.milanocosa.it/eventi-milanocosa/a-partire-da-dante-progetto-per-bookcity-2021 – e del 2° del 26 aprile scorso – https://www.milanocosa.it/eventi-milanocosa/a-partire-da-dante-progetto-per-bookcity-2021-2a-tappa -proseguiamo con il 3°, dedicato ai contributi di Fausta Squatriti e Paolo Quarta.
Contributi che – come per tutti cgli Autori partecipanti – a partire da un verso, una terzina, o anche un testo/brano non tratto dalla Divina Commedia, abbinano un proprio testo, con una breve nota esplicativa di connessioni formali e riferimenti semantici. Seguirà il prossimo 4 giugno la corrispondente riunione Zoom, con specifico comunicato-invito e relativo link di connessione.
Adam Vaccaro
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Contributo di Fausta Squatriti
Nel prelevare alcune singole parole dal Canto I° dell’Inferno, parole che per me hanno assunto un possibile valore rapportabile al mio linguaggio poetico, ho verificato il loro valore semantico, sia quello che hanno nella loro solitudine, sia quello che assumono dopo essere state congiunte ad altre, dando luogo a un pensiero che si forma per associazione. Parole che non abbandonano il contesto poetico dantesco, il cui climax si mantiene tale anche se le parole scelte sono state usate per costruire, a posteriori, un mio pensiero. Malgrado lo smembramento del testo dantesco, nella mia poesia permane un’aura dantesca, allo stesso modo in cui mi pare si diffonda in modo inequivocabile l’aura del mio modo di fare poesia, che parrebbe opera di un terzo poeta.
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Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Dante, Inferno I,
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Parole scelte dal Canto I dell’Inferno
Nel dolce lago della notte
pensier superbo di spiriti dolenti
altro viaggio impediva.
Abbandonai
a largo fiume
invidia e speranza
per ritornar con rabbiosa fame
nel gran deserto
che non lasciò persona viva.
E allor si mosse noia:
sarà silenzio
d’altezza amara guida
che oscura vita rinnova.
Nel dolce lago della notte
pensier superbo
altro viaggio impediva.
Noia uccide, rinnova
per ritornar con rabbiosa fame
nel gran deserto
che non lasciò persona viva.
A largo fiume invidia e speranza
abbandonai: sarò silenzio
di spiriti dolenti.
E allor si mosse oscura vita
dell’altezza amara guida.
Fausta Squatriti, Inedito, marzo 2021
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Contributo di Paolo Quarta
DANTE, LA MODERNA SCIENZA E LA SCOPERTA “DELL’ACQUA CALDA”.
Si sono versati fiumi di inchiostro sulla capacità del Sommo di affacciare il suo naso adunco anche nella scienza del ventunesimo secolo utilizzando l’intuito. Se posso azzardare un paragone, Dante è come Leonardo Da Vinci: entrambi hanno usato la mente come ponte per il futuro. E spesso ci hanno azzeccato. Ora, Ulisse parla ai suoi compagni di viaggio alle prese con la paura del superamento delle colonne d’Ercole, dell’allora Ignoto. Li tranquillizza e li rende consapevoli di ciò che rende l’uomo diverso dalla bestia: virtù e conoscenza. E fin qui ci siamo: l’uomo è una bestia dotata della coscienza di sé. Direi, con “sommo” rispetto, che il Sommo nulla ha detto di nuovo fin da allora. Nel testo, giocando un po’ con il suo stile (e me ne scuso), mi rivolgo direttamente a Dante. In qualche modo, lo relaziono sul percorso che Ulisse (l’uomo) ha percorso da quel tempo ai giorni nostri in termini di virtù e conoscenza. Di quest’ultima abbondiamo; l’ennesimo Rover su Marte ne è un fulgido esempio. Di virtù, se penso alla pandemia che ci ha travolti o a come stiamo distruggendo il pianeta, però, non ne scorgo tanta. Mi verrebbero altre parole in mente da usare al posto di virtù, ma sono un signore e, poeticamente, mi astengo.
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“O frati,” dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.
Dante, Inferno, XXVI, 112-120
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“O Frati”, disse Ulisse negli occhi impauriti dei fratelli,
ne aveva pena, dolcezza, ammirazione e sostegno.
Ma tu, Sommo, non tanto hai vissuto da veder quali flagelli
han causato gli uomini sospinti da quel legno.
Ben può dirsi che nulla hai inventato, amico caro;
hai mostrato loro virtù, e scienza ma non discernimento.
Han preso il mare sconosciuto, avendo dentro te come faro.
Ulisse, sappi, sfoggia ora canoscenza ma poco pentimento.
Paolo Quarta, Inedito