Anticipazioni – Sara Comuzzo

Pubblicato il 15 giugno 2019 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
*****

Sara Comuzzo
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

Nota sulle poesie inedite
I pezzi inediti presentati appartengono a una quinta raccolta di poesie (finita ma ancora inedita) intitolata Dove i clown vanno quando sono tristi. La silloge tocca diversi temi dell’epoca post-moderna, come l’effimerità di certe relazioni, un senso di alienazione in un tempo di guerre e missili, battaglie perse, nevicate interne ed esterne. Ma è soprattutto un invito a guardare oltre la facciata delle cose, abbattere le distanze, rovistare tra i segreti. Il libro sostiene che esista un luogo che accoglie i superstiti; una coordinata geografica dove anche i clown possano permettersi di essere tristi, sconfiggendo le convenzioni che li vorrebbero sempre allegri.
È stato scritto tra Dublino, Londra e Brighton, ed è composto da 3 parti precedute da un prologo e seguite da un epilogo. A livello stilistico, tra le maggiori influenze brillano la poesia di Frank O’Hara e di altri esponenti della New York School, la poetica di Boris Ryzij e la scrittura teatrale di Sarah Kane.

Sara Comuzzo

Buone intenzioni
Trova qualcuno che ti allacci le scarpe,
ma ricorda:
a giocare a servo e padrone, si diverte solo il secondo.

Dite a Rosie che conservo ancora il suo fiore.
Ditele che buone intenzioni
non sono necessariamente indice di buone azioni.
Provate a spiegare voi
la direzione del vento,
a capire i corridoi del silenzio.

Discorso fra superstiti:
Eri tu alla guida, lo so,
ma no, non ti odio.
Non ho tempo per odiarti.

*
Soffio
La sera è solo un altro modo per chiamare
i rimasugli del giorno.
È tutta colpa degli elicotteri
e delle loro pale
che hanno spazzato via ogni cosa.

Aggiusteremo tutto con la colla.

In mezzo ai calcoli
di una costellazione che arranca a sbocciare,
raccolgo rose
solo per ferirmi le mani.

La luna si è presa tutto il merito,
le notti sono bellissime anche senza fuochi d’artificio.

La neve ha paura di cadere
atterrare sulla strada
e semplicemente essere lasciata lì.

Siamo ancora giovani, però qualcosa avanza
ha mille anni questo divenire
che nasce dai fiori.

Eventualmente accartocciati,
i desideri arrugginiscono in fretta.

Poi le stagioni si invertiranno
e ricuciranno le foglie agli alberi,
le piume ai colombi,
le chewingum alle lingue.

Ogni vento inizia con un soffio.

*
Me ne andrò
La tristezza negli occhi di mia madre
ogni volta che parto.
L’ebbrezza incontenibile del ritorno.

Ubriacarsi solo per dimostrare di saper ricondurre
le cicogne a casa, anche se non sanno dove abitano.

Ricomponiti ora, dobbiamo uscire di scena.
Il sole non illumina, semplicemente scolorisce
ed io faccio ombra
per suggerirgli
che può toccarti
ma con delicatezza.

Da qualche parte, il nascondino è iniziato.
È troppo presto per cercarti
troppo tardi per perderti di nuovo.

Me ne andrò, trafitta dall’alba.
Avremo comete al posto dei cuori
quando e se ci rincontreremo,
stelle cadenti, ormai in pensione.

*

Cadere
Si fa canestro
solo quando non si prende la mira.

Camminiamo per un po’
sulla riva
dove non esistono lampioni

così vicino all’orlo
che cadere è un’opzione.

Me ne dai la colpa
ma poi ce la smezziamo.

Ho riallacciato i rapporti con il mai
e chiuso quelli con i per sempre.

Ricominciare ancora da dove si era messo in pausa.

Ci si taglia anche con un pezzo di carta
allora sfoglia queste poesie
senza perdere troppo sangue.

Il dolore delle cose lasciate così
a prendere la polvere;
una sigaretta fumata di fretta
una busta della spesa bucata
– cade tutto fuori – :
una cascata di buoni propositi
diventa disegno sull’asfalto.

*
Rami
I coleotteri danzano in giardino:
eroinomani impazziti per un centone.

Senza ragnatele, gli angoli del soffitto possono respirare.

Accendi un cero, vendilo per faro.

Una tesi bibliografia sull’estinzione delle balene
per te che volevi salvarle come pesci nell’ampolla.

A dicembre, la notte è lunga quanto un torneo di scacchi
giocato fra ciechi.

Il rumore assordante delle mense
quando tutti hanno fame.

Le domande senza asfalto sostano sulla sabbia.
Ho assaggiato il miele direttamente dall’alveare.

Tenere in vita una sigaretta sotto al diluvio:
il tentativo è uno sparo in una galassia sterminata.

Non posso respirarti
e allora lascio stare,
i mattoni non fanno una casa
solo un muro.

Non è un dirsi addio o buona fortuna
è più una decriminalizzazione del reato,
a domani o a mai più.

Nonostante questo,
ci sono scoiattoli pronti a fidarsi
della stabilità dei rami.
*

Breve nota biografica

Sara Comuzzo (Udine, 1988) ha vissuto in Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Irlanda e Inghilterra. Al lavoro nel sociale, principalmente con senzatetto, bambini di strada, tossicodipendenti e adolescenti problematici, accompagna l’insegnamento di italiano a stranieri. Ha pubblicato 4 raccolte di poesie: Mentre loro parlano di non so cosa (Thauma, 2012), Siamo sopravvissuti a un altro inverno (Thauma, 2014), Invecchiano anche le rose (Il Rio, 2014) e Una Bellezza Lontana (Gnasso Editore, 2018). Ha vinto il Premio “Valerio Gentile” con la raccolta di racconti Dove nessuno può cadere (Schena, 2014). Ha appena completato un master in letteratura moderna e studi di genere alla Sussex University con una tesi sul teatro di Sarah Kane. Vive e lavora in Inghilterra.

*
Nota di lettura

Mi sembra utile affrontare come esordio di questa nota il tema del linguaggio di Sara Comuzzo per la sua vicinanza alle forme visive della Pop Art ispirate all’esperienza quotidiana delle masse e non delle élites, referente spesso implicito dei poeti. I richiami culturali e formali dichiarati dall’Autrice si rifanno alle modalità espressive delle avanguardie sbocciate in ambito anglosassone e statunitense nel secolo scorso e sono presenti nei testi qui proposti. La rappresentazione colloquiale dell’everyday speech, che in sintesi si può intendere come il corrispettivo linguistico delle forme visive della Pop Art ricorrenti nella società dei consumi, con la leggerezza e frammentarietà scherzosa e quasi beffarda che le sono proprie, sfocia nell’aforisma e nel paradosso, divenendo dolente percezione di un disagio profondo, di un disincanto connaturato a questa società emotivamente e culturalmente ridotta allo stremo. Colpisce il richiamo alla vitalistica disperazione e al ruolo di rottura esercitato dalla giovane drammaturga inglese Sarah Kane, vero fenomeno del teatro britannico del secolo scorso.
Della giovane Sara Comuzzo ciò che colpisce è la novità del dettato, frutto di una ricerca approfondita in campo artistico entro l’area anglofona, che partendo dal proprio vissuto estende una critica profonda alla società in cui viviamo. In questo senso la tradizione vanta illustri personalità, da Apollinaire a Auden, da Pound a Eliot e a Marianne Moore fino alla Beat Generation e non solo. Il mondo a cui Comuzzo fa riferimento è fatto di superstiti di un tragico diluvio che faticosamente aspirano a ricomporre la propria verità. Ancora e sempre una verità, una genuinità al di fuori di ogni infingimento imposto dalle convenzioni sociali.

Laura Cantelmo

18 comments

  1. Paolo Quarta ha detto:

    Splendide poesie.

  2. Luca Pillon ha detto:

    Uno stile innovativo pazzesco nel panorama fin troppo lirico italiano. Forse, abbiamo bisogno di più poeti che parlino di un quotidiano così crudo. Mi viene da pensare ciò sia dato anche dalla biografia dell’autrice, visto il suo lavoro in campo sociale… Ad ogni modo queste poesie arrivano dritte al ventre. Una bellissima sorpresa.

    • Sara Comuzzo ha detto:

      Salve Luca, ti ringrazio per il commento. Mi piace l’idea di arrivare dritta al ventre delle cose e dei lettori. Sono felice ti sia arrivato questo. Grazie.

  3. silvana baroni ha detto:

    è una poesia a frammenti, una successione incalzante d’aforismi veri e propri, alternati a visioni rapide dissacranti e/o ironiche, a dettagli che il lettore non può non vedere.
    il tutto senza mai cadere nelle sacche del sentimentalismo o dell’autobiografia.
    Mi piace.

  4. Serena Artico ha detto:

    Una scrittura surreale, capace di passare dall’umorismo alla tragicitá anche nello stesso verso. Sembra quasi una collezioni di fotografie assurde accostate a casaccio; eppure nonostante la frammentarietá e a volte illogicitá, le parole sembrano avere un senso. Non avevo ancora incontrato una voce cosí particolare nella poetica italiana. Davvero notevole. Cercheró altro dell’autrice in rete o in libreria perché mi ha incuriosito.

  5. Laura Cantelmo ha detto:

    Mi fa piacere che le mie impressioni su questi interessantissimi testi siano confermate da altri lettori ed estimatori. Almeno così mi pare, o mi sbaglio?
    Come si dice, una boccata di aria fresca.

    • Sara Comuzzo ha detto:

      Cara Laura, grazie per la sua lettura e la nota. C’é un detto qui in lingua inglese “you made my day” che non si riesce a tradurre con lo stesso significato e la stessa sfumatura in italiano, ma significa piú o meno che il suo commento ai pezzi mi ha migliorato la giornata. Perció: grazie davvero.

  6. Laura Cantelmo ha detto:

    Gentile Sara Comuzzo,
    chi legge dei versi e poi ne pubblica una riflessione ha la curiosità di sapere se l’Autrice/Autore si riconosca nelle sue considerazioni. In caso contrario sarebbe utile per chi recensisce conoscere il dissenso dell’Autore/Autrice, cioè in questo caso il suo personale parere. Non si è giudici onnipotenti. Ne nascerebbe un confronto interessante, non le pare? Gradirei quindi un suo riscontro.

  7. Laura Cantelmo ha detto:

    Per qualche misterioso meccanismo non avevo letto la tua risposta, Sara. Mi fa piacere il tuo gradimento.
    Un linguaggio nuovo e pregnante. Così va avanti la poesia, scansando il paradigma italico Petrarca/Leopardi, troppo abusato qui da noi.
    Grazie.
    Tanti cari auguri.

    • Massimiliano Bardotti ha detto:

      Gentilissima Laura, anzitutto buona domenica. Sono d’accordo su quanto afferma rispetto alla bontà del lavoro di Sara, ma non credo si debba a priori scartare il lirismo e la tradizione. È sempre questione di qualità. Sara è brava, ha una voce incisiva, chiara, sa usare il nuovo linguaggio in maniera davvero importante. Non vale per tutti però. Non farò nomi, ma ci sono tentativi di smarcamento che fanno ribrezzo. Quanta poesia oggi è priva di ogni vitalità, morta dentro, inutile anche a chi la scrive, spesso solo un esercizio di stile. La poesia non può smarrire la sua forza, la sua vita, e non è detto che questo avvenga cercando ad ogni costo nuovi linguaggi o scansando paradigmi. Leopardi è modernissimo! Dante è avanguardia, ché ancora non l’abbiamo compreso e nemmeno per sbaglio possiamo imitarlo, tanto è più grande di noi.
      Naturalmente questo è solo un punto di vista, vale quel che vale, ma trovo sia sempre interessante confrontarsi.
      Un caro saluto e ogni bene

      • Luca Pillon ha detto:

        Ciao Massimiliano, mi permetto di intromettermi nella discussione avendo amato questi testi e avendo in seguito acquistato tutta la produzione dell’autrice. Io credo che la critica al lirismo contemporaneo e alla tradizione, di cui la nota e il commento di Laura Cantelmo parlano, siano da leggere proprio in rispetto ai testi proposti. Non é un dire la tradizione non ha senso, secondo me; é piú un’affermazione di quanto questa poetessa effettivamente rompa con la tradizione e con il lirismo. A mio avviso, sembra quasi che questi testi si prendano gioco di un certo modo di fare poesia per dare voce ai disagiati, alle cose quotidiane. Detto questo, rompere con la tradizione e dare qualcosa di innovativo non significa non essere a conoscenza della tradizione stessa. Anzi spesso, proprio per poterla criticare ci vuole una certa conoscenza in materia. Dopo aver letto le poesie e la nota biografica si potrebbe definire la Comuzzo come la Sarah Kane italiana: un’espolosione nella galassia di ció che é tanto caro alla critica, agli editori e alle riviste italiane; tanto é vero che io prima di qui, della poesia di Sara Comuzzo non ne avevo mai sentito parlare.

        • Sara Comuzzo ha detto:

          Salve Luca, grazie per il tuo commento. Sarah Kane é il mio idolo e nonostante una parte di me sia lusingata dal tuo paragone, purtroppo non credo di essere al livello di Sarah. Chissá magari un giorno. Peró ti ringrazio davvero, é il complimento piú bell che mi sia mai stato fatto. Grazie anche per aver trovato i miei libri. Grazie. Ti auguro un’estate luminosissima

    • Sara Comuzzo ha detto:

      Grazie ancora, Laura, per le sue parole e la nota. E mi spiace il mio commento non fosse arrivato in qualche modo, ma c’era, come certe cose invisibili, come la lista degli ingredienti sulle scatole di cereali che dicono “ci puó essere qualche traccia di noci”, ma io le noci non le trovo mai. Ad ogni modo, mi piace molto la sperimentazione, usare linguaggi quotidiani, di strada che arrivino anche a gente che in genere poesia non ne legge. Io stessa, da lettrice, mi sono sentita spesso piú vicina ad una poesia meno di nicchia. A volte faccio fatica a leggere, capire o immedesimarmi nel paradigma italiano attuale.
      Tanti auguri anche a lei

  8. Massimiliano Bardotti ha detto:

    Ogni vento comincia con un soffio. Anche noi, tutti noi, abbiamo cominciato così. Nei versi di Sara c’è questa bellezza che è dappertutto e arriva dappertutto. Indaga questi tempi, ci dice chi siamo ma anche chi potremmo essere. Nel bene e nel male.

    È stato un piacere e una grande emozione ritrovarti, Sara. Non so se ti ricordi di me, io di te benissimo. E non sai che gioia vedere che tutta la bellezza dei tuoi versi risplende, nuova e generosa, sempre più vasta…

    Un abbraccio Sara, continua, continua…

    • Sara Comuzzo ha detto:

      Massimiliano, e come dimenticarmi? scherzi?! Ti considero ancora uno dei miei maestri! E sono felice di esserci in qualche modo ritrovati, sempre attraverso la letteratura. Grazie per la lettura e le tue parole di incoraggiamento. Significano davvero molto.

      Il discorso sulla tradizione italiana che rimane a volte stazionata su un orizzonte piú lirico e canonico é complesso. Concordo che molta avanguardia italiana attuale sia un puro esercizio di stile a volte privo di contenuto. E concordo su maestri come Dante e Leopardi. Confesso peró che personalmente mi sento piú vicina a poeti e artisti anglosassoni, russi o americani, il cui sperimentalismo é qualcosa di innovativo e sensazionale non volto solo all’esercitare la penna ma impegnato a parlare con parole piú semplici, cosí che possa arrivare a chiunque. Poesia che racconta di cose semplici e di ogni giorno o di qualcosa non necessariamente poetico come un supermercato o la sporcizia di certe strade nelle baraccoli. Confesso anche che molti poeti italiani contemporanei (e anche io non faró nomi) pubblicati da grandi case quali Eunandi o Mondadori, io li leggo, dico e penso sinceramente che bravi che sono, ma non mi arrivano, non mi fanno sentire niente e devo anche decifrare la loro sintassi perché non é qualcosa di immediato. Preferisco qualcosa di meno studiato e piú viscerale. Non so se stiamo parlando della stessa cosa… Ad ogni modo, grazie della riflessione.

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