Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Rita Pacilio
Inediti
Con nota di lettura di Luigi Cannillo
Nota dell’autrice
Attraverso la poesia mi educo e incoraggio a non temere la debolezza, ma, anzi, a farne una forza per rifondare la comunità dei viventi. Mi interrogo incessantemente sul tempo, sull’assenza, sulla compassione, sul perdono, sull’amore e sul dolore. Diverse, dunque, le tematiche sottese tra scienza e coscienza: la solitudine e la frustrazione dell’ammalato, l’indifferenza sociale, l’incuria, la dimenticanza e, inoltre, l’amore, in tutte le sue forme, come unica motivazione di vita: testamento simbolico e intimo per l’umanità intera. L’urlo civile ed etico nasce dalla mia formazione di Sociologo e dallo studio della musica, del teatro, della letteratura e della religione. Venendo a contatto con la musica ho seguito il percorso del suono metrico che intona la recitazione, la passione, il dramma, il canto e la parola annunciata (Sprechstimme, dal tedesco: tecnica del parlato/intonato/recitato). Obiettivo della mia poetica è la verifica, la connessione e la diagnosi della stratificazione della realtà in correlazione con la valutazione del vissuto emozionale, con cui è in stretta sintesi. Potrei dire che sono sempre di fronte a una parola in movimento. Concludendo, per me la poesia è un atto maturo e responsabile di continua esplorazione del micro/macrocosmo e di riscontro delle proprie tensioni verso gli altri. La poesia, nella ricerca della verità, è sempre stato un luogo di esperienza, di incontro, di elaborazioni e modificazioni scaturite dalla fede e dalla speranza.
Rita Pacilio
*
La mattina dopo
mi sono fatta avanti per consolarlo,
il grande ventre sterminato del mondo
indottrinato, bisognoso,
sconosciuto e maltrattato
mi dice a voce roca di cantare
aprire le tende al motivetto complice;
così
al freddo glaciale amoreggiano i grilli
al ghiaccio furioso ripetono con me
non aver paura, ci vediamo domani.
*
Mia figlia tiene in mano una lucciola
devo proteggerla dal freddo e dalle bestie
se piange può morire adesso!
Mi accompagna un attacco di debolezza
penso agli occhi liberati dalla morte
alla condanna di non ricevere nulla.
Faccio il turno di notte per la veglia
il respiro è vicinissimo alla febbre
allora torno indietro di corsa
per sprofondare nell’arsenale della terra
e con la mano aperta illumino le radici del bosco.
*
La montagna in fiamme il giorno prima
dispera
l’ultimo lungo sospiro di sconforto
ma un merlo fischia sulle arance
perdonando il fumo delle piume nere;
non dirmi che la terra è vedova
e finita
non giudicarmi colpevole
se provo a rianimarla. Pensi mai al parto delle api,
alle mani giunte dei gelsomini in fiore?
Se sento l’allegrezza delle cose che crescono
forse è tutto:
perché sono troppo vecchia per odiare il mondo.
*
Nota Biografica
Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di saggistica, di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. Sue recenti pubblicazioni: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice 2012), tradotto in francese Les imparfaits sont des gens bizarres, (L’Harmattan, 2016 Traduction en français par Giovanni Dotoli et Françoise Lenoir) e per Uet Tunisi la traduzione in lingua araba (a cura del Prof. Othman Ben Taleb), Quel grido raggrumato (La Vita Felice 2014), Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni 2015), Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria, 2011); L’amore casomai – racconti in prosa poetica (la Vita Felice, 2018).
Per la letteratura per l’infanzia: La principessa con i baffi, fiabe (Scuderi Edizioni, 2015); Cantami una filastrocca, quaderno operativo per la Scuola dell’Infanzia (RPlibri, 2018); La favola dell’Abete, storia per la magia del Natale (RPlibri 2018). È stata tradotta in greco, in romeno, in francese, in arabo, in inglese, in spagnolo, in catalano, in georgiano, in napoletano. A ottobre 2019 la recente pubblicazione di poesia La venatura della viola (Ladolfi Editore).
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Nota di lettura
L’istinto, l’approccio di Rita Pacilio nei confronti della poesia si manifesta in un doppio movimento. Inizia in picchiata fino a scendere nel “grande ventre sterminato del mondo” per esplorarlo, percepirne le necessità, consolarlo per i maltrattamenti subiti. Considera la stratificazione della realtà, la sua complessità nella quale si alternano crolli e rinascite. Lo “sprofondare nell’arsenale della terra”, ricavandone conoscenza e slancio, porta quasi come contrappeso al secondo tipo di movimento: risalire dalle profondità alla superficie avvertendo la fascinazione esercitata dai fenomeni naturali: stupirsi per i grilli che amoreggiano nonostante il freddo glaciale oppure ascoltare il fischio del merlo sulle arance, ammirare il parto delle api e i gelsomini fioriti con le mani giunte dei loro petali.
I versi di questi inediti si articolano con una cantabilità particolare nella misura costante di sequenze omogenee, interrotta dagli a capo di singole parole come note messe in evidenza, e nell’accenno esplicito al “motivetto complice” del coro dei grilli. D’altro lato a questa sensibilità poetico-musicale contribuiscono anche gli studi specifici dell’autrice, la sua attività artistica e i riferimenti alla musica presenti già nel titolo di alcune sue opere.
Altri elementi poi riconducono allo stupore e a una scommessa sulla leggerezza. La lucciola tenuta in mano dalla figlia e protetta dai pericoli può anche essere letta come sopravvivenza della poesia, cura per il linguaggio, per un sentire fragile e prezioso. Lo stesso che, davanti a quanto dal mondo pulsa e riemerge, fa ripetere all’autrice in coro con i grilli: non aver paura, ci vediamo domani.
La spola compiuta da Rita Pacilio tra le profondità del mondo e i fenomeni della superficie è consapevolezza sia delle diverse manifestazioni della realtà come del vissuto emozionale, viaggio tra microcosmo e macrocosmo, tra osservazione e visione. Il viaggio è compiuto non senza tensione febbrile né senza tralasciare il dolore del mondo o le sue ingiustizie e illuminando con la mano aperta le zone più oscure, “le radici del bosco” ma si risolve in leggerezza, saggezza e spinta vitale: “Se sento l’allegrezza delle cose che crescono/ forse è tutto:/ sono troppo vecchia per odiare il mondo”.
Luigi Cannillo
Ringrazio tutti per l’invito e per lo spazio dedicatomi.
Onorata e grata.
Rita Pacilio