Anticipazioni – Ranieri Teti

Pubblicato il 1 luglio 2017 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni

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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Ranieri Teti

Inediti:

Ombre sotterranee

  

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Con un commento di Laura Cantelmo

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Ma il tempo non è lo spazio ed è il passato a essere davanti a noi.

Ogni giorno un po’ di più andiamo incontro a quello che fuggiamo.

Pascal Quignard

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I luoghi, le cose e le parole

si vive, progressivamente entrando nella trama di un ritorno dove si incontrano fogli e sangue, tessuti di una carne sola come solo viene il vento, quando nel falso movimento degli alberi prepara un lascito di foglie

con la vastità che entra negli angoli, l’inaccesso non appartiene che a varchi, disfacimenti, movimenti di mappe e costruzioni di paesaggi, percorsi e scie di strade, nuvole nei fondali, legni che galleggiano nelle cose dopo, cercando di trattenere qualcosa che fugge, in figura di nessuno, in una continua impressione di poca luce, l’inedito incontrato in una tenebra illuminata per contrasto, naturale cammino nella fugacità, nel terreno fragile del continuo esordio, nel reale quando viene meno, dove il vero si ritira nel suo segreto in un punto d’arresto che si tiene a distanza, nella zona separata dove ha luogo l’assente, lo scavo, il naufragato

da uguale distanza e con lo stesso sguardo tra luce e oscurità arrivano le parole, quelle che sopravvivono al desiderio, le parole con la notte dentro e quelle che tornano da lontano, che nascono nel fondo dove origina la ferita e quel suo primo lembo, quelle nella cui pienezza è radicata l’assenza, che raccontano il vuoto dai pori di un terreno bianco, quelle che prendono acquistando un non avere, un non avere luogo sulla soglia letterale del gorgo e nel distacco dalla sostanza di questo viaggio

Movimenti dell’invisibile

come se si potesse arrestare il giorno, mentre sale, in un preciso attimo della luce, quello di un ritmo cardiaco colto all’improvviso, di un ritorno dalla parte dell’eco, dai nomi dei venti, con i richiami che nascondono un silenzio, con la differenza nelle voci, di faglia in faglia in tutti gli oltrepassare, ponte attraversato come si resta andando, tra le residue sponde delle cose, e poi cose di un esserci senza restare, tiepida rotaia mentre raffredda, notte che lentamente cambia colore e cerca mani e volti nello spavento

nella resistenza dell’aria, in quello che unisce e divide, nei dintorni assediati dove passano in resa gli anni, che deragliano nelle amnesie, in tutti gli spazi che si abbattono nel moto dell’origine, tra non ricordare e non dimenticare, nel metallo a ringhiera o nel binario di tutti i rimanere, a note di lontananza nella notte del perdersi di vista, in un continuo esilio

cercando il disertato, lo scarto fra l’incontro e la perdita, conosciuta in un estuario, la parte fuggita da una piena, marea senza dimensione, mappa staccata dall’atlante, costa guardata dalla notte, isole sole quasi domande nel deserto del senso

Incontri

chi incontra echi a scavalcare i richiami, il ricordo del nome esiliato nella distanza, perduta di vista la mano separata nella stretta, nell’angolo minore del sorriso, illesi in un saluto e nella stessa inclinazione delle braccia, le falangi dentro un lontano indicato, sulle mani l’odore di ore ore quasi belve, distanti alcune dita le impronte che hanno impressionato i vetri

in quarantena migranti fuochi dispersi, da quali bagliori partire a declinare un arrivo di corriera in distanze estive rappresentata, a luogo e moto, da una nave di sabbia, tra  bende e alcol in un film di polvere e ferite invisibili, in questa vita vista da qui, su una strada che continua dopo un disancorato segnale, un sonoro fasciame che si sfibra in polveri al passaggio, in luoghi disuniti, in un istante attraversato di schianto e ripetendolo, con qualcosa ancora nelle parti vicendevoli del tragitto, seguendo con gli occhi un treno, con il fango sulla portiera in questa fermata

poi la traversata incerta richiamando giorni a fuoco, le parole sopra la lingua, all’improvviso quando il perduto si chiama memoria, con le macerie del corpo nella febbre, nella febbre il brivido di tutti gli incedere, la dissezione dei margini, e quel lontano, dove tutto è solo nei frammenti, solo nell’andare o in esilio

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Nota Biobiblio

Ranieri Teti è nato a Merano nel 1958. Ha pubblicato: La dimensione del freddo, prefazione di Alberto Cappi, Verona 1987;
Figurazione d’erranza, prefazione di Ida Travi, Verona 1993;
Il senso scritto, prefazione di Tiziano Salari, Verona 2001; Controcanto (dalla città infondata), immagini di Pino Pinelli, nel volume collettivo Pura eco di niente, prefazione di Massimo Donà, Morterone 2008; Entrata nel nero, prefazione di Chiara De Luca, Ferrara 2011.

E’ presente nelle antologie: Istmi. Tracce di vita letteraria, a cura di Eugenio De Signoribus, Ante Rem. Scritture di fine novecento, a cura di Flavio Ermini,
Akusma. Forme della poesia contemporanea, a cura di Giuliano Mesa,
Verso l’inizio. Percorsi della ricerca poetica oltre il novecento, a cura di Andrea Cortellessa.

Fa parte della redazione della rivista ‘Anterem’. Collabora a riviste, cartacee e on-line, italiane e straniere. Per conto delle Edizioni Anterem cura la collana “La ricerca letteraria”.

Fondatore e coordinatore del Premio Lorenzo Montano, ne cura il periodico on-line ‘Carte nel Vento’.

Vive a Verona.

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Nota di Lettura

Come non pensare a Nietzsche nel leggere questi versi ricchi di echi, il cui mistero sta nell’affidare alla parola il ruolo di evocare (non diciamo il potere: qui di potere, qualsiasi potere, non si parla). Si intende il Nietzsche dell’Eterno ritorno (La Gaia scienza, il più celebre dei suoi aforismi, il 341)  quando l’esordio della prima sezione “I luoghi, le cose, le parole” recita: “si vive, progressivamente, entrando nella trama di un ritorno” . Un viaggio, dunque, codificato dall’ultima parola della sezione stessa, “ritorno”. E posto che materia della letteratura è generalmente la memoria, un viaggio nel proprio passato, nell’Es, le cui orme/scorie si ritrovano nel disfacimento del presente.

Questo il richiamo filosofico che Teti elabora, sviluppando il tema nella sua complessità, a partire dalla citazione che funge da prefazione, tratta da uno degli autori francesi più affascinanti degli ultimi decenni, Pascal Quignard – autore del capolavoro Tutte le mattine del mondo (da cui venne tratto un film splendido).  Tramite l’aggancio a questi due riferimenti (Nietzsche/Quignard), Teti ci guida lungo un percorso intrigante, di notevole fascino e profondità, consentendoci l’illusione dell’approdo al senso del suo discorso (poiché di incertezza, di oscurità e di senso di perdita e di sconfitta – “resa” – il Poeta lo va intrecciando).

Si tratta di poesia discorsiva, quasi prosastica, che tuttavia mostra con grande misura e abilità una conoscenza degli artifici della retorica poetica, principalmente legati all’assonanza “vento…movimento” e all’allitterazione “chi…echi …richiami”, che formano la trama sonora di un ordito di natura filosofica.

Il materiale simbolico del viaggio (con tutte le attribuzioni del suo campo semantico: binario, rotaia, corriera) mano a mano si connota nella sua cocente difficoltà, nella solitudine, nell’assenza e nel silenzio, nell’oscurità del percorso di una damnatio memoriae: “il perduto si chiama /memoria” e di “domande nel deserto del senso”,  fino all’arrivo finale (“un lascito di foglie”, “tutto è solo nei frammenti, solo nell’andare o in esilio”). Nessun lemma potrebbe concludere meglio questo travaglio dell’esistenza, nella sua pregnanza semantica e simbolica, se non “esilio”, sottolineato dalla iterazione di “solo”.

Laura Cantelmo

 

4 comments

  1. adam ha detto:

    Come adeguatamente nota la lettura di Laura, trovo questi testi di Ranieri Teti sollecitanti e interessanti, densi tra luci e ombre, con tensioni vitali all’incontro con le cose e con ciò che accade, tra violenze, perdite, macerie e frammenti che ci sfidano a esserci e a non appagarci dei nostri giochi verbali, come fossero di per sé sufficienti per un percorso di conoscenza e liberazione.
    Adam

    • ranieri ha detto:

      Grazie Adam per le tue parole che dicono tantissimo del testo e che si fondono in maniera precisa con la puntualissima nota di lettura di Laura Cantelmo, che è riuscita a illuminare fino alle profondità questa prosa poetica. Ranieri

  2. Laura Cantelmo ha detto:

    Grazie a Ranieri Teti per i suoi inediti. Anticipazioni è un’esperienza stimolante per chi, come me, scrive versi e ama leggere poesia. Ranieri Teti fa parte di questa bella opportunità che ci siamo dati, cpn Adam e Gigi Cannillo,di sondare i versi nel profondo,come verità che si disvela fino a raggiungere possibili affinità nella riflessione sull’esistenza e sul mondo in cui ci è dato vivere.

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