Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Mauro Ferrari
Testi inediti da
LE FORZE DELL’ORDINE
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Con commento di Adam Vaccaro
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Nota dell’Autore
Mi riesce difficile dire già qualcosa su un piccolo gruppo di inediti che sono tuttavia certo costituiscano il nucleo di un libro futuro. Se Indicazioni per i commercianti di luce cerca di dare forma a un’idea alta di poesia che emerge da un contesto di crisi, tre delle quattro altre poesie – Genova 14 agosto, Entanglement e Da quando… – si misurano con un senso di colpa latente, dell’impossibilità di ricostruire qualcosa e di una triste impotenza. Più eccentrica Omero mente…, la mia ennesima rivisitazione della figura di Ulisse, che pare un divertissement, ma che tende a farsi struttura di connessione con le altre della raccolta.
Le forze dell’ordine – questo il suo probabile titolo – è citato in Entanglement e richiama la proprietà di due particelle che, anche se separate, mantengono a livello di spin le stesse proprietà, quasi un legame indissolubile. Il senso del titolo è duplice: le forze dell’ordine sono le forze cosmiche (in senso fisico e per nulla mistico) che creano e distruggono, a cui provano ad opporsi le misere “forze dell’ordine” umane, il nostro tentativo di dare un ordine al mondo e a noi stessi.
Mauro Ferrari
Indicazioni per i commercianti di luce
L’approdo deve essere cauto,
le rotte scelte con cura, ché poche
hanno il favore del vento,
correnti amiche e dèi benigni,
ma molte sono infide per scogli,
secche, sirene e misteri brumosi:
molti con cui scambiaste
un motto o un cenno una sera
sono mutati in pietra
o trafitti da un riso perenne,
presi nel gorgo o fatti corallo:
non dimenticatelo.
La luce è il vostro commercio,
estratta dalla notte ed elargita
senza patteggiamenti
ai ciechi che nulla chiamano
vita: gli occhi bruciati dal buio,
le mani sozze dal trafficare
merci proibite – le più richieste.
In quella notte senza sogni
hanno affinato gli altri sensi,
le loro vere armi.
Siate cauti nel contrattare,
quindi, perché vi distrarranno
fingendo di non sapere,
vaneggiando di sirene e mostri
o allettandovi con più notte,
e più nera, che una vita possa sfidare.
Allora sia saggio l’approdo
e scelto con cura, se ancora esiste.
Voi commerciate in luce: siate orgogliosi.
Entanglement
Se accordi l’orecchio alle frequenze giuste
curando te stesso senza paura
lo senti, lo scricchiolìo dei mondi
e le montagne che premono per essere
e presto sfarinarsi in nulla:
sono le gòmene tese allo spasimo
dalla tempesta che ha invaso il porto
e squasserà le navi,
le forze dell’ordine all’opera:
il lento, paziente lavoro di Shiva.
Ma noi, che siamo due ma uno
per una strana congiunzione
che la distanza non annulla,
non so
pensarti in altre vite
o immaginarti in universi
dove io non sono,
o sciolta dall’intreccio
inesplicabile che unisce noi,
gli atomi e i mondi
e tutto stringe ed avviluppa,
il tutto che sereno va
nella follia del nulla.
*
Omero mente: Nausicaa già sapeva,
scesa ad accarezzare il mare
già tutto assaporando,
l’argutamente ingenua,
il vergine stupore del sopravvissuto
nudo senza nome e storia.
Così le avevano parlato gli dei.
(Per lui, scampato all’acqua e al fuoco,
fu balsamo su una ferita nuova,
infine umana,
dopo la storia che avrebbe raccontato.)
*
Genova 14 agosto
Il dito sulla polvere
scorre lasciando un segno
di mancanza.
Un fiume, le colline, il mare e il cielo;
e l’uomo, controluce a mani sporche,
dannato a non durare
ma a mandare segni d’esistenza –
torri abolite in un morso un lampo uno scossone
mentre tutto tutto si sfarina in nulla
e l’urlo
*
Da quando il villaggio è stato abbandonato
fuori dalle porte marce nelle rade visite
appare ogni sorta di oggetti –
materassi e bottiglie, cartacce e bambole
e poi frammenti incomprensibili
che rigiriamo ottusi fra le mani
cercando di decifrarne il senso
mentre l’erba ricresce tutto intorno,
gli alberi sono un fermento contro i muri
e i vetri vanno in briciole da soli
o sotto i colpi di mani invisibili.
Mani ci accarezzano e tentano di afferrarci,
aliti nel silenzio ci avvolgono,
voci che non parlano alcuna lingua:
vorremmo fuggire, ma torniamo
e torniamo senza saperne la ragione
urlando il nostro nome, in attesa.
Anno dopo anno, giorno su giorno.
È questo il segreto che caparbi
custodiamo nella nuova vita,
cenando in silenzio, gli occhi bassi.
*
Notizia Biobiblio
Mauro Ferrari (Novi Ligure 1959) è direttore editoriale di puntoacapo Editrice. Ha pubblicato: Forme (Genesi, Torino 1989); Al fondo delle cose (Novi 1996); Nel crescere del tempo (con l’artista valdostano Marco Jaccond, I quaderni del circolo degli artisti, Faenza 2003); Il bene della vista (Novi 2006, che include la precedente plaquette); Il libro del male e del bene, antologia ragionata (puntoacapo 2016); Vedere al buio (ivi 2017). Ha inoltre pubblicato la raccolta di saggi Civiltà della poesia (puntoacapo, Novi 2008) e i racconti di Creature del buio e del silenzio (ivi 2012).
Ha fondato e diretto fino al 2007 la rivista letteraria La clessidra ed è stato redattore delle riviste margo e L’altra Europa; ha curato con Alberto Cappi L’occhio e il cuore. Poeti degli anni 90 (Sometti, Mantova 2000) e molte altre antologie, tra cui Dove va la poesia? (puntoacapo 2018). Come anglista si è interessato di Conrad, Tomlinson, Hughes, Bunting, Hulse, Paulin e altri poeti contemporanei. Suoi testi e interventi sono apparsi sulle maggiori riviste letterarie. Attualmente dirige l’Almanacco Punto della Poesia Italiana, edito da puntoacapo. È membro della Giuria dei Premi “Guido Gozzano”, “Lago Gerundo” e “Voci di un eterno dire”, ed è direttore culturale della Biennale di Poesia di Alessandria.
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Nota di Lettura
Da quando – ormai decenni – ho avuto con Mauro Ferrari “commerci di luce”, una costante che continua e cambia nel suo percorso, rimane: è la tensione e la capacità di dare forme al bisogno di una poesia che sappia coniugare complessità e transitività. E oggi, nella poesia circolante nell’affollato laghetto poetante, non è frequente trovarla. Poesia alimentata da entrambi i luoghi di possibili fornitori di materie prime di luce: la stanza e la strada. Dando pari rilievo sia al testo che al contesto.
Anche questi inediti perseguono in tutta evidenza tale obiettivo, per me fondante la poesia che più mi interessa. E lo perseguono, ovviamente, traendo alimento “da un contesto di crisi”, che per chi non vive appartato e appagato da esercizi illusori di luce chiusa in sé, non possono non avvertire “un senso di colpa latente, dell’impossibilità di ricostruire qualcosa e di una triste impotenza”.
Nel primo testo aleggia già un Ulisse che beccheggia e brancola nel buio di una notte di cui non si vede fine, in cerca di una luce tra ben altri trafficanti, “ciechi che nulla chiamano/ vita: gli occhi bruciati dal buio, le mani sozze” di “merci proibite – le più richieste”. Un intreccio di ironia e autoironia, che naviga e cerca “l’approdo” difficile entro un contesto infido e drammatico, in cui la prima vittima è la luce della verità, ricoperta da gesti e parole che dicono il contrario. In tale quadro, la responsabilità sociale della scrittura, così spesso denegata e derisa da tanti scriventi, non viene tuttavia abbandonata da Ferrari, che declina il suo personale binario etico, resistendo e raccomandando cautela e orgoglio. Sensi di poesia cui non bastano quelli forniti dall’analisi letteraria.
Allora, mentre “lo scricchiolìo dei mondi” che tendono a “sfarinarsi”, nella “tempesta che ha invaso il porto/ e squasserà le navi”, continuare a dare voce alle “forze dell’ordine all’opera”, forze umane misere ma irrinunciabili e “tese allo stremo” quanto più pare senza scampo “mentre tutto tutto si sfarina in nulla”. L’orrore della “follia del nulla” è il filo rosso di questi versi, che impone di non arrendersi all’ignavia della chiusura individualistica, predicata e inoculata dal pensiero dominante.
Adam Vaccaro
Ricevo con piacere da Mauro Ferrari l’email che segue e che può essere utile anche ai lettori:
Caro Adam,
grazie infinite per lo spazio concessomi e per l’acutissima nota al mio libro. E’ un onore.
Mauro
Versi originalissimi e intensi: qui Mauro Ferrari ha usato il calibro. Non quello del semplice artigiano, ma quello del gemmologo, che sceglie con cura le pietre preziose e le espone una a una. Né la sua breve introduzione svela tutte le piste. Se da un lato parla di “forze cosmiche (in senso fisico, per nulla mistico)” – nella sua rispettosissima visione laica – dall’altro ci propone un termine quasi liturgico: “misteri brumosi”. E poi ci sono i ciechi e i sordi (“se accordi l’orecchio alle frequenze giuste”). La cura, se non la guarigione, sembra auspicio palpabile e insieme disperazione incredula. Incredula ma non lontana, forse, da una pre-visione spirituale, ancorché rinchiusa nella pietra e nel corallo.
Mondi in disfacimento, oggetti mutilati, frammenti nella polvere..tutto sembra sfuggire a qualunque possibilità di salvezza. Fa da contrasto questo quotidiano ignorare la marea, “..cenando in silenzio, gli occhi bassi”. Quali forze ordinano il tempo, la vita, il sentire che si avverte dalla corruzione oscura delle cose, quali possibilità.. Forse un certo splendore dei frammenti che intravediamo tra le macerie, che ci riconducono alla memoria, al senso più profondo.
Del resto la poesia è questa raccolta di frammenti nel tentativo di creare un racconto. Come scrive Otto Neurath “Noi siamo come naviganti che devono restaurare la loro nave sul mare aperto, senza mai poterla smontare in un cantiere e senza poterla mai ricostruire con parti migliori”.
Grazie a Mauro Ferrari per queste voce, che continua a cercare di “vedere al buio”, e grazie ad Adam Vaccaro per le sue riflessioni mai scontate sui testi che propone.
Sono grato, a nome di tutti coloro che ci seguono, dei contributi di lettori attenti come Raffaele Floris e Carla Mussi, che con sensibilità e capacità critica hanno arricchito i testi di Ferrari e la mia nota di lettura
Sono testi preziosi che spaziano attraverso il tempo, dal mito ai fenomeni quantistici, alla realtà che abbiamo sotto gli occhi. Sebbene alcuni versi siano immagine di un mondo in disfacimento,(gli occhi bruciati dal buio,le mani sozze dal trafficare/ merci proibite), e ancora, (torri abolite in un morso un lampo uno scossone/ mentre tutto tutto si sfarina in nulla), è presente una volontà di speranza, una fiducia racchiusa in piccoli frammenti. I seguenti tre versi, “vorremmo fuggire, ma torniamo/ e torniamo senza saperne la ragione/ urlando il nostro nome, in attesa” sono potenti, rischiarano tutto il senso. Illuminante la nota di Adam Vaccaro.