Anticipazioni – Marco G. Maggi

Pubblicato il 20 maggio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco G. Maggi
Inediti

Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
Scrivo avvertendo una reminiscenza, il richiamo dei ricordi, ma la mia scrittura si confronta anche con la quotidianità dell’attimo, a volte si fissa sul particolare o sull’oggetto più banale per rimandare a discorsi ed evoluzioni più profonde. Nelle mie poesie la natura ha un’importanza particolare: sono nato e cresciuto in una zona agricola in quella fetta di pianura che si estende da Milano fino all’appennino ligure, ma in realtà sono e resto concentrato sull’umanità, che guardo con sguardo compassionevole, a volte mosso anche da impeti civili, perché mal sopporto i soprusi e le ingiustizie. Per la tipologia degli argomenti proposti ho scelto quindi di esprimermi con il verso libero, al quale non disdegno di aggiungere, di tanto in tanto, versi in metrica, soprattutto endecasillabi, perché la poesia non dovrebbe perdere mai, a mio avviso, la sua capacità di diventare canto e quindi la sua espressività orale.
Un tema che mi è sempre stato caro, e a cui sto indirizzando la mia scrittura degli ultimi anni, è il tema del lavoro, sul quale incide anche la mia esperienza personale e famigliare: anche in questo caso si toccano tasti molto delicati. In piena pandemia ho iniziato quindi questo progetto, del tutto work in progress, il cui titolo rimane ancora vago ma che, orientativamente, dovrebbe essere “La fabbrica della gomma”, che dovrebbe costituire una silloge a cui potrebbero aggiungersi anche testi inediti degli ultimi anni.

Marco G. Maggi

Carmina non dant panem

La poesia mi afferrava un pensiero
visto di traverso senza troppi complimenti
quasi una perversione
il segno certo di un futuro infelice

il tuo sasso scagliato contro un vetro:
“i poeti finiscono sempre male”.

Trovai in seguito, nella grande biblioteca,
Montale e Pavese,
i poeti e i filosofi francesi e tedeschi,
ancora Pound e T.S. Eliot

allora capìi
la paura che voleva essere il mio bene
e andai incontro a una nostalgia
che ancora mi spezza dentro

adesso cerco
e quasi più non ricordo
nemmeno il suono della tua voce.

*
La fabbrica della gomma

La fabbrica della gomma,
ovvero, “Rä fabríca drà güma”,
come la chiamavano in dialetto i vecchi
è ancora tutta lì, vicino a un gomito di strada,
nel pensiero che travalica la mente

Nell’industria, per quanto se ne dica,
non si va avanti solo coi macchinari
i fogli di calcolo e i bilanci

serve il cuore delle persone, la loro storia.

*
Segnale da un futuro incerto

La sigla sul sacco a grandi lettere
“M.B.T.S.”
un accelerante della gomma
velocizza il processo di vulcanizzazione
il nome, “Dibenzotiazolo disulfide”,
l’ennesimo scioglilingua
della nomenclatura chimica

Ai miei occhi
quasi un segnale dal futuro
l’epopea di una rincorsa senza arrivo
forse, pensando al dopo,
il sinonimo prevedibile dell’avverbio
precipitevolissimevolmente.

*

Epilogo

Sparito l’odore dolce del caucciù
rinnovati o smantellati i reparti
i mescolatori e le presse
cancellato il sapere occulto delle ricette
la pesatura artigianale
la grammatura esatta per ogni ingrediente.

Adesso comanda il pronto all’uso
la scienza multinazionale delle plastiche
il risultato certo.

*
Nota biobiblio

Marco Giovanni Maggi (Marco G. Maggi) è nato e vive in provincia di Alessandria. Ha partecipato a letture in pubblico in molte località italiane e sue poesie sono state selezionate su numerose antologie e riviste letterarie, nonché su siti e su blog specializzati. Nel 2014 ha pubblicato la sua prima raccolta, intitolata Punto di fuga, (Puntoacapo Editrice). Del 2018 è la sua ultima silloge, Il quadrato delle radici, (Edizioni Ensemble – pref. di C. Fiorentini). Nel novembre 2020 ha pubblicato un poemetto tripartito, Né padri né madri, (Giuliano Ladolfi editore, pref. di I. Fedeli).

*
Nota di lettura

Quali le risorse e le domande irrisolte, ma necessarie, se la nostra presenza qui e ora, vuole misurarsi con la complessità del modello di società in cui siamo? La maggioranza – come diceva Spinoza – non si pone problemi, accetta e vive passiva. I testi di Maggi si pongono invece, e pongono a noi, domande di fondo, aperte e inarrese, di cosa voglia dire esistere, coinvolgendo pensiero critico, canto ed etica. Tanta poesia contemporanea li lascia ai margini dell’esistenza, e non fatti materia dell’autopoiesi – come analizzata dalle Nuove Scienze – che cerca di farsi carico della prassi di un obiettivo antropologico di passioni gioiose, rivitalizzanti e tese alla costruzione di un soggetto attivo e pienamente realizzato.

È questa la sfida e l’utopia da cui nascono questi versi, facendo del dolore e della difficoltà di capire, “sassi” e fascine, memorie e facce capaci di alimentare il lento aggrumarsi di una esistenza umana degna di tale nome, in una identità spinoziana “libera e forte”, pur entro un conteso difabbrica di gomma”.

Quest’ultima diventa perciò immagine, che nasce in tutta evidenza dall’esperienza concreta di un Soggetto Storicoreale, “nato e cresciuto in una zona agricola in quella fetta di pianura che si estende da Milano fino all’appennino ligure”. Il quale, se inizialmente subisce la nuova realtà come dato esterno scontato, poi, attraverso il proprio Soggetto Scrivente ne fa simbolo metonimico, che va oltre la semplice metafora, posto sulla pedana di versi di un poièin che non si accontenta di uno sguardo vinto dallo sconcerto, ma tende a essere linfa e voce del bisogno primario, attivo e resistente, di una nuova nascita.

Il punto di partenza è: “La poesia mi afferrava un pensiero/ visto di traverso senza troppi complimenti/ quasi una perversione/ il segno certo di un futuro infelice!”. Il disegno delinea coscienza dei propri limiti e avviso delle forze sovrastanti: “il tuo sasso scagliato contro un vetro:/ “i poeti finiscono sempre male”.

Tuttavia, i nomi della Cultura soccorrono con esempi che insegnano come partire dalla selva oscura della paura e del dolore, per capire e re-agire, diventare re del proprio Sé.  Azione e resistenza svolta, non in un rarefatto e riparato giardino di carta, intorno al proprio egolalico ombelico, ma nella “fabbrica della gomma” di dominio e menzogne, alla quale interessano solo “i fogli di calcolo e i bilanci”, e non “il cuore delle persone, la loro storia”.

Il futuro non è perciò (mai) garantito, rimane “incerto”, nel suo andare “precipitevolissimevolmente” tra giochi di parole e falsità del ”sapere occulto delle ricette”, della “scienza multinazionale delle plastiche” che persegue il proprio “risultato certo”. Lucida presa di coscienza, che però non diventa lamento e resa, ma ben altro gioco, di necessità e azione di una vita attiva.

Adam Vaccaro

4 comments

  1. Mario M. Gabriele ha detto:

    I linguaggio poetico è sciolto, ben articolato nella costruzione estetica, Sintetico, nessun canone lirico, ragione per cui è sempre possibile utilizzare i frammenti del subconscio.

  2. Marco Giovanni Maggi ha detto:

    Ci sono intenzioni e modi diversi di approcciare una raccolta poetica. Adam Vaccaro ha saputo estrapolare con precisione chirurgica, solo da alcuni frammenti (quasi mi vengono in mente quelli lasciati dai poeti e dai filosofi dell’antica Grecia) i concetti più profondi, quasi sacri, che sono stati linfa per la stesura di questi versi. In qualche modo la sua lettura, fatta da studioso e da amante coscienzioso dell’ars poetica, si è trasformata in un compasso con cui fare il punto e quindi ritracciare la rotta di questa raccolta in fieri. Da autore non posso che essergliene profondamente grato.

  3. Adam Vaccaro ha detto:

    Sono felice del riscontro articolato e profondo di Marco Maggi, che conferma la mia analisi dei suoi testi. Con tanti auguri per gli sviluppi futuri della sua scrittura.

  4. Laura Cantelmortecipaxionr ha detto:

    Interessante e attuale questa poesia che racconta anche l’origine della propria scrittura. Adam ha letto tra i versi con grande partecipazione.

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