Anticipazioni – Lorenzo Fava

Pubblicato il 26 gennaio 2025 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Lorenzo Fava
Inediti
Con nota di lettura di Laura Cantelmo

Nota di poetica
Tentando in poche righe di dire del mio fare poetico, penso di poter dire di aver vinto la malattia psichica che mi abita come la stragrande maggioranza dei creativi con studio e dedizione. Non c’è giorno in cui non scrivo. È per questo che accennando a quanto mi trovi in difficoltà a dover dichiarare esplicitamente la mia poetica, più che rifarmi ai teorici, preferirei rimandare ai versi, ai miei appunti sparsi, di cui le poesie qui presentate spero possano essere un campione. La poesia per me è stata sempre una sintesi della crisi, una maniera di scendere nell’agone col dolore, di strappare l’ascia dalle mani del boia nel gioco del mondo. Prima che finisca il mio massacro spero di aver fatto sentire qualcuno meno solo.

Lorenzo Fava

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Dalla raccolta inedita Musica reale – Sezione Natura della lirica

Scrittura, non ti chiedo di cantare
ciò c he va taciuto, nei paradigmi
dell’arte tu dissipi ogni dubbio.
Cerco un significato nel linguaggio:
dalla memoria pesco il mio amore
e una fede manifesta la materia,
il percorso, la vita di un volto. Iniziai
a cadere dentro quel gergo,
tempo e spazio mutavano attorno.

*
Mi chiedevo se vale il dolore che costa
questo talento: l’ho seguito sul litorale
in lungo e dentro, sui monti l’ho fatto
viaggiare, l’ho esposto come il viso
e tenuto caro. E tu mi aiuti a crescerlo,
il dono che muta a se stesso fedele,
nei prati sterminati dei linguaggi
è il solo che davvero mi appartiene.
Cosa sarà di lui io non lo so; però
so che non sarà stato vano, a te dirò
ho preso la strada che volevo.

***
Dalla sezione Sogno aperto

Penso al testo che s’apre alla presenza
prima che riempito stia a un centimetro
dal dirupo. Una somma di orgoglio
e gesti lievi ripristina il totale, dà segno
di lotte e fughe. Io ti conosco quanto
tu conosci il tuo volto, ti guardo
muovendomi, perpendicolare al tuo vestito
rimango inebetito dal fulgore, tenuto
dalla fluoxetina quel che basta a proseguire
indenne la corsa, con la misura che fatica
a tenere dentro questa musica.

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Dalla sezione Serie d’amore

Io ti amo; vieni a ripulire
da questa crosta il cuore. Sono ormai nel ricordo.
Tento un appunto, un ologramma sul vetro,
via Crescimbeni fra poco –
Così dico il mio delirio dopo punta
la bolla sospesa, l’infinitesimale perfezione
che un uomo può vedere io l’ho vista.

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Nota Biobiblio

Lorenzo Fava è nato il 12 giugno 1994 ad Ancona. Vive a Macerata dove lavora come collaboratore a Il Resto del Carlino. Ha una laurea in lettere con una tesi sull’opera poetica di Silvia Bre. Ha pubblicato due raccolte di versi, Lei siete voi per LietoColle nel 2019 e Vile ed enorme per Arcipelago Itaca nel 2022. Ha collaborato con la rivista Inverso ed ora cura il blog di Arcipelago Itaca. Sue note di lettura e traduzioni da Emily Dickinson e Anne Sexton sono apparse online.

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Nota di lettura

Gli inediti che Lorenzo Fava ci sottopone contengono una dichiarata componente metapoetica. Il tema del linguaggio vi prevale, tanto che a partire dal primo testo, il poeta si rivolge, come in un dialogo, direttamente alla scrittura, mentre gli altri, a loro volta, lasciano trasparire l’intento di una continua ricerca che si sviluppa prevalentemente nell’ambio stilistico della poesia: “cerco un significato nel linguaggio”. Avendo dichiarato nella nota di poetica: “io non scrivo significati”, l’intento prevalente sembra essere quello di anteporre all’importanza visiva dell’immagine e degli strumenti retorici che la favoriscono, la musicalità del verso – “la logica sonora”, provocata da “un costante ritorno di musica nelle mie parole” da cui ha avuto origine la sua scrittura poetica. Naturalmente, i discorsi sulle scelte stilistiche si dimostrano funzionali, come di consueto, all’ispirazione, che qui è prevalentemente di natura lirica. Di questa scelta troviamo nei testi a nostra disposizione tutte le componenti: il male di vivere, la solitudine e il ruolo della memoria. Così come sono dolore e solitudine la materia umana da cui sgorgano i versi -” una maniera di scendere nell’agone col dolore, di strappare l’ascia dalle mani del boia” – dice l’Autore nella sua nota. E nei testi, che per l’evidente concisione lui chiama “frammenti”, complessivamente, è il senso di “crisi” a prevalere. Lo spleen accompagna l’Autore fin dai primi anni di vita, con l’isolamento causato da una malattia manifestatasi nell’infanzia. E la memoria, fondamentale per l’ispirazione, gli fornisce le occasioni di scrittura: “dalla memoria pesco il mio amore”: dichiarazione di amore e di fede totale nella poesia, che per questo poeta svolge la funzione di conforto dal dolore. (da Musica reale, sezione “Natura della lirica”)
L’amarezza, che nasce anche da una condizione di lavoro e di autorealizzazione poco soddisfacente, oggi purtroppo assai diffusa soprattutto tra i giovani, cancella qualsiasi possibilità o ricordo di felicità, tanto che una delle parole chiave è “dolore”, sentimento che lo spinge a immergersi totalmente nella poesia, riempiendo con essa i giorni fino al punto di elevarla a madre amorevole. Tant’è che è l’io scrivente a porsi delle domande: “Mi chiedevo se vale il dolore che costa/ questo talento…” (ibidem). Sappiamo, dunque, che il “talento”, la capacità di scrivere versi, è a sua volta una pratica dolorosa, ma proficua, che gli ha indicato “la strada che [il talento] voleva”. Il dialogo amoroso prosegue nel secondo testo, sempre con un interlocutore silente, che è “la scrittura”. Dopo l’affermazione “Io ti conosco quanto/ tu conosci il tuo volto […] rimango inebetito dal fulgore, tenuto/ dalla fluoxetina” (da “Sogno aperto”), troviamo l’accenno singolare all’uso di un antidepressivo (diversamente da poeti di epoche passate che usavano ben altre sostanze psicotrope) è l’Autore medesimo a rispondere: “E tu mi aiuti a crescerlo […] il dono che muta a sé stesso fedele, / nei prati sterminati dei linguaggi/ è il solo che davvero mi appartiene.”(ibidem)
L’ultimo testo è particolarmente struggente nella definizione di amore dal potere taumaturgico che vi traspare: “Io ti amo, vieni/ a ripulire da questa crosta il cuore.” Come già evidenziato nella nota di poetica, che l’oggetto d’amore sia la poesia stessa, più che una persona fisica, appare semplicemente una scelta metonimica a cui di frequente si è fatto ricorso in letteratura, soprattutto tra i poeti romantici. La poesia come rifugio e come valore assoluto, inevitabilmente descritto attraverso immagini ossimoriche, che ne indicano la complessità, ha in Lorenzo Fava il potere di vivificare la desolante solitudine in cui egli, ripiegato su sé stesso, si sente immerso, apparentemente ignaro del dolore del mondo. Essendo, in realtà, parte integrante di esso.

Laura Cantelmo

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