Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Giuseppe Leccardi
Inediti
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Con un commento di Laura Cantelmo
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Nota di poetica.
Il tempo, l’interrogazione incessante, prevalentemente entro gli orizzonti del panorama metropolitano, il senso di perdita e difficoltà di senso, gli scatti e riscatti tentati dal corpo amoroso. Questi i punti cardinali entro cui questi esercizi di scrittura tentano la propria resistenza vitale.
I TIGLI DI VIA DANTE
I tigli di via Dante a primavera
odorano d’infanzia e di fragranze
che il vento diffonde nell’aria,
mentre il sole gioca a rimpiattino
fra spigoli di nuvole e speranze.
Suonano le campane della chiesa
rintocchi che feriscono la quiete
svegliando le coscienze addormentate
e danno inizio ai voli in girotondo
delle rondini intorno al campanile.
Questa è la meta, il sogno del ritorno,
passata la stagione degli inganni,
il cerchio della vita che si chiude
e mi riporta al punto di partenza:
nella casa natale di Livraga
all’ombra dei tigli di via Dante.
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MONACO SULLA SPIAGGIA
(dal quadro di Caspar David Friedrich)
Piccolo punto esclamativo
il monaco fronteggia sulla spiaggia
la solitudine dell’anima e del mare.
Striscia d’inchiostro vivo,
bacino di raccolta,
di scritti e di pensieri liquefatti.
Riflette, forse prega
mentre la nebbia fitta
nasconde l’orizzonte
d’un cielo in dissolvenza
che lo strega.
È il quadro suggestivo
d’una attesa, l’eterno istante
sospeso sopra il vuoto
d’un inquietante
punto interrogativo.
*
LA ROTTA
Sei tu la barra dritta del timone
che dà la direzione dei miei passi,
l’ombra fissa della meridiana
che il tempo inchioda ed il pensiero
all’idea che ho dell’infinito.
Sei la stella polare che dirige
i gesti, le parole, la mia rotta,
la calamita che attrae prepotente
il desiderio semplice d’amore.
Sei l’algoritmo segreto che gestisce
l’altalena cigolante d’ogni giorno,
il calendario dei viaggi oltreconfine.
Sei la bussola che indica la meta
ai miei delusi sogni di ritorno.
*
PROFUMO
Frenetiche si cercano le mani
le labbra ora s’incollano nei baci,
mi guidi nella danza dell’amore,
nel lento movimento del silenzio,
nel buio oltre il sipario della notte
dove intenso risalta quel profumo.
A briglia sciolta galoppano i pensieri
oltre i vetri pulsanti delle stelle,
rincorrono i tuoi sogni, i desideri
che, al cambio omologato dei risvegli,
non valgono gli abbracci mattinieri.
*
GLI OCCHI DI MILANO
Milano ha mille occhi,
finestre delle case nero-fumo,
ha il volto grigio-scuro del suo cielo
e l’anima di cenere un po’ stinta.
Le piazze sono angoli di nebbia
come le vene d’acqua dei navigli.
Corre il tempo e corre la gente,
nella città eternamente inquieta.
Procedono tutti in ordine sparso,
cieche formiche senza orientamento,
s’affollano sui tram e nella metro
o sono ostaggi nelle auto in coda.
Lo sguardo perso su quel formicaio
che segue un ritmo frenetico, stressante,
dalla riva del giorno un po’ in disparte,
guardo chi arriva e subito riparte
verso una meta o un sogno più distante.
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TABULA RASA
Ghiotta mi si presenta l’occasione,
giocando la partita in casa,
di prendermi la gran soddisfazione
di far d’ogni mio scritto “tabula rasa”.
È questa la suprema tentazione!
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Nota biobiblio
Giuseppe Leccardi è nato il 27/03/1948 a Livraga (LO), paese rurale della “Bassa” lodigiana, ma da cinquant’anni vive a Milano. Ha pubblicato la prima raccolta di versi Diario poetico, seguita nel 2011 da Oltre ogni ragionevole incertezza e nel 2018 da Settantadue (Premio della Critica al Concorso Internazionale “Thesaurus La Brunella” VII Edizione/ Aulla e il Premio Speciale della Giuria al Concorso internazionale “Cinque Terre-Golfo dei Poeti” XXX edizione” di Portovenere (SP).
Ha vinto diversi concorsi di poesia inedita fra i quali: ”Il Trofeo Raffaele Cioni” di Barberino del Mugello, “Versi e Prosa” di Quarrata nel 2017, Il Premio “Città di Mortara” nel 2018 e il Premio Letterario Internazionale “Casentino” di Poppi nel 2019. Attualmente frequenta gruppi e Associazioni, tra queste, “Milanocosa”,“Ogginpoesia”, “Poeti al Ponte delle Gabelle”,
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Nota di lettura
Scrivere è un impulso a riflettere su di sé, sull’esistenza e su quanto essa ancora riserva a chi ha conquistato l’agio di trasferire la propria energia dal lavoro quotidiano a tempi più dilatati, più generosi nel donare spazi alla mente, al corpo.
Questo ci dice Leccardi nel presentare i suoi versi, tonalizzati da un richiamo alla terra natía e sognato ritorno alle origini come luogo materno, approdo di pace pronto ad accogliere in un abbraccio il figlio che si era allontanato. Un percorso temporale circolare, un nostos che nella ciclicità gli antichi consideravano ineluttabile, un cardine di certezza nel percorso di vita. Una solida idea delle emozioni come dono e insieme incanto. Nel momento della fusione dei corpi (v. “La rotta”), sospiri e profumi sono carne e corollario di un’idea appagante, non tormentosa, delle relazioni sentimentali e specchio di un equilibrio improntato a un’idea della tradizione che forse è eredità delle origini lodigiane agresti.
Poesia apparentemente lontana dai turbamenti così frequenti nei nostri contemporanei, d’intonazione prevalentemente lirica, riconoscibile anche nell’immagine della propria compagna come “barra dritta del timone”, “stella polare”, certezza di uno scambio fecondo e sereno. E a ciò si adegua la forma poetica classicheggiante, con un ritmo che spesso scaturisce da una struttura tendenzialmente chiusa, con endecasillabi e settenari e la ricorrenza di rime alternate.
Ma in tutta questa visibile tranquillità, quale può essere il ruolo del “Monaco sulla spiaggia”, ispirato a un dipinto di Caspar David Friedrich, pittore di ispirazione tumultuosamente romantica? L’immagine solitaria nella nebbia comunica ”un’attesa”, “un inquietante punto interrogativo”, che resiste in fondo al cuore dell’autore. Tanto che l’ultimo brevissimo testo confessa il desiderio di fare “tabula rasa” degli scritti, quasi dessero voce a un tormento e a un’insoddisfazione della propria scrittura, quel “senso di perdita” e ”la difficoltà di senso” che, anziché sminuire, aggiungono complessità alla percepita serenità degli altri versi.
Laura Cantelmo