Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Gabriela Fantato
Testi da “LA SECONDA VOCE”, raccolta inedita: Al mio minotauro; Stanze di un amore – Ultimo colloquio tra Eloisa e Abelardo
Con un commento di Laura Cantelmo
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Qui è come se volessi tirar fuori il SEGRETO…da chi non c’è più, da ciò che non ha più voce, vita, esistenza. Esempio, la poesia su Anne Sexton, che dialoga con il suo “minotauro”, ossia il suo “mostro interiore”, che la portò al suicidio; o l’altra su Eloisa e Abelardo, due amanti medioevali, che finirono travolti dal loro amore
E ci sono nel libro inedito anche testi su persone contemporanee, contro le logiche di denaro, religione, indifferenza dei più, tramite una VOCE che interroga/ si interroga…sul senso della vita, oggi….
Insomma cerco IL LATO OSCURO DEL REALE, E DELLE VITE VISSUTE. CIO‘ CHE è IL NASCOSTO DENTRO/DIETRO I FATTI, PUR VOLENDO PARTIRE DAI FATTI, DALLE VITE VISSUTE, DALLE STORIA VERE, del passato, del presente…interrogo o il silenzio, o l’Ombra psichica, o i corpi…
Gabriela Fantato
Al mio minotauro
Anne Sexton – la sua fuga
ostinatamente registro il vibrare
dei muscoli e quel franare
di mani dentro al cervello
– ti amo, esisto dentro
un letto di troppe lenzuola,
chirurgicamente ispeziono
i ventricoli, le lamelle del cuore
e il battere impazzito
all’arrivo di lui che mi prende bambina
ti scavi, ti scendi giù a fondo
apri ferite tra i sassi e quel gesto
in attesa di un abbraccio…
basterebbe lasciare la preda,
quel sogno dei fianchi di tua madre,
quel tuo sogno bambino
fisso in verbali quei giorni
in cui un dio mi faceva bella,
fermo il tempo – non lo lascio mai,
non mi lascio un momento di pace,
guardo lo specchio oltre l’argento,
lo spio dentro, più sotto a scoprire
le ossa – la mia condanna
nel foro, la pena, quel nascersi male
rastrelli le foglie secche del diario,
porti addosso le stanze di case in cui
dormi una notte soltanto…
basterebbe salire dove gli occhi
aprono il mondo, dove l’aria
è cenere e vento
dalla cantina alla camera da letto,
sempre scendo laggiù, ancora più giù
a toccare la macchia, quel mio
profilo amato, mai nato, amato
cancello quel segno di me,
quel lento farsi lontano del corpo
– invecchiato,
lo scrivo in faccia, lo conficco
nei denti aguzzi di troppi amori
guarda la tua coda di lucertola,
la voce di ancora, di sempre
figlia del padre…
basterebbe perdonarti il sangue,
il tuo corpo di donna,
i cicli di luna nella fiaba più bella…
rido di lato agli ospiti ignoti,
– domani sarò la più bella, mummy,
domani, nella pelliccia selvatica
appesa al tuo cuore….
Domani, mummy, saro’.
Domani, per sempre.
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Stanze di un amore
Ultimo colloquio tra Eloisa e Abelardo
I.
Sono l’ombra dietro la nuca dove
è più docile il profilo
e la memoria acqua che corre.
Vengo all’appuntamento
e svanisco tra le tue labbra.
Ti invento gli occhi per invocare
le notti a capofitto
sin dove è solo fame
un morso che chiama,
ti regalo la mia preghiere…
II
Sei spietato, conosci la mancanza,
la inventi come fa l’onda che respira
nelle conchiglie,
nel ritmo antico di un’infanzia.
Ti regalo il gesto che incide
il tuo male salato,
la lama che spicca il nòcciolo
sino a dove non è che vita,
solo vita che preme..
III.
Sono qui, celebro l’offerta
e mi fingo cagna, lontra o muschio
nella tua saliva bagnata.
Aspetto il colpo che strappa – destino.
Segno il confine esatto,
perché sia intera la sconfitta.
Sarai la terra che accoglie
la mia stagione umana,
una pietra che la conserva.
IV.
Con te non sono più
il nome che taglia sono
– le mani, la mia saliva,
un silenzio da portare con orgoglio.
Mi tradisci per ritrovarmi
in ogni addio.
Sono tua figlia, tu mio padre.
Ti regalo la pioggia, lavo il peccato
e lo benedico con il vento,
siamo un fondale dove cresce
quella radice e non ci abbandona.
V.
Fammi essere solo
il nero dentro le mie ciglia
– un punto, dove sono te e me,
una canzone dentro
l’urlo quando mi prendi, quando
ti prendo tutta la tristezza
Prendo tutta la tua storia,
e la scrivo sulla lingua
– sono la vita che saresti,
una punizione tra le tue ginocchia.
VI.
Lascia che sia nostra la notte,
questa gioia, lascia che sia ultima
la distanza dentro il mondo,
lascia che sia la nostra storia,
lasciamo svanire
Sono esiliato in questo
spazio – invento la geografia
della pelle, sono un marinaio
e tu la mia patria perduta.
Notizia bio-bibliografica
Gabriela Fantato, poetessa, critica, saggista. Ha vinto diversi premi poetici, tra cui: Gozzano (2003 e 2009, inedito); Montale Europa (2004, inedito), Città di Tortona (edito, 2008); Lorenzo Montano (inedito, 2009).
Raccolte poetiche: The form of life, trad. E. Di Pasquale (Chelsea Edition, New York, 2011); A distanze minime, in “Almanacco de Lo Specchio” (Mondadori, 2009), ora in Nuovi poeti italiani 6, (Einaudi 2012, Milano); Codice terrestre (La Vita Felice, Milano, 2008); il tempo dovuto, poesie 1996-2005 (editoria&spettacolo, 2005); Northern Geography, trad. E. Di Pasquale (Gradiva Publications, New York, 2002); Moltitudine, in Settimo Quaderno di Poesia Italiana, a cura di F.Buffoni (Marcos y Marcos, 2001); Enigma (DIALOGOlibri, 2000) e Fugando (Book editore, 1996). E’ presente in varie antologie, tra cui: Bona Vox, la poesia torna in scena , a cura di R. Mussapi (Jaca Book, Milano, 20101) e Meglio qui che in ufficio, aforismi – epigrafi, a cura di A.Schatz e M. Vaglieri (Rizzoli, 2009). Ha curato con L.Cannillo La Biblioteca delle voci. Interviste a 25 poeti italiani (Joker, 2006). Ha diretto la rivista di poesia, arte e filosofia: “La Mosca di Milano”.Per il teatro ha scritto i libretti in versi: Messer Lievesogno e la Porta Chiusa; La bella Melusina; L’elefante di Annibale; Enigma e Ghost Cafè andati in scena nei maggiori teatri italiani.
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Nota di Lettura
Questi inediti di Gabriela Fantato riprendono alcune tematiche care all’Autrice – l’indissolubile vincolo tra Eros e Thanatos, la battaglia con il tempo, in una forma poematica che sviluppa una lucida narrazione, forse perché, io credo, non è più tempo di linguaggi cifrati, di certi ermetismi da cui la poesia italiana fa fatica a liberarsi. Sono voci che parlano dal passato per svelare l’intima verità di vite che si sono consumate, pur in modalità e con sensibilità diverse, nella passione amorosa.
Due testi di grande impatto emotivo, uno dei quali, Al mio minotauro, evoca, sotto forma di monologo interiore, una Autrice statunitense, Anne Sexton , personaggio di culto del femminismo americano del secolo scorso. Fantato fotografa e fa emergere il vuoto di una vita che si spende carnalmente per colmare un’urgenza di donna inappagata, benché bella, desiderata, amata. La vita non basta, il corpo è un’ossessione bulimica,come lo è il tempo che non dà pace. Esiste qualcosa che ti spinge nell’abisso a cercare te stessa, quella parte di te che la violenza giovanile ha schiacciato condannandoti a cercare abbracci infiniti che nessun terapeuta ha saputo frenare. Un’umanità dolente che nella ricerca di sé conduce al manifestarsi di un Es in cui, nella lotta furiosa con la bestia nascosta che ti devasta e fatalmente condurrà alla tragedia, l’immagine sognata di te stessa esce distorta:”quel mio/ profilo amato, mai nato, amato/cancello quel segno di me,/ quel lento farsi lontano del corpo/- invecchiato,/lo scrivo in faccia, lo conficco/nei denti aguzzi di troppi amori.”
Immagini che paiono sequenze filmiche, come la pelliccia selvatica “appesa al cuore”, metafora urlata di quella bestia che distorce ciò che pure la vita ti ha dato e non fa che perpetuare la tua disperazione.
Amore/morte come indissolubile dicotomia si impone anche nell’ultimo colloquio – Stanze di un amore – tra due celebri amanti del XII secolo, Eloisa e Abelardo.
Eterna rappresentazione di un topos di tutte le arti, l’amore/passione è il luogo divino dove gli amanti si perdono l’uno nell’altra.
Un Altro “inventato” ogni volta nel turbine dell’eros dalla struggente esigenza/illusione di una completa fusione dei corpi e dell’essere, per cancellarne l’impossibilità nell’assenza esistenziale: “Fammi essere solo/ il nero dentro le mie ciglia/ – un punto, dove sono te e me,/ una canzone dentro/ l’urlo quando mi prendi…”
Un rapporto a due che scopre al tempo stesso la conferma di una solitudine che consegna gli amanti all’eternità, dopo averli riportati ai primordi della vita “Sono tua figlia, tu mio padre.”
L’immedesimazione dell’Autrice nel vortice amoroso, quell’adiacenza di cui parla Vaccaro, è tale da trascinare anche emotivamente chi legge: “Con te non sono più/il nome che taglia sono/- le mani, la mia saliva,/ un silenzio da portare con orgoglio.” Non saprei cosa chiedere di più a un poeta. Quell’immedesimazione Gabriela Fantato ha saputo realizzarla.
Laura Cantelmo