Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Filippo Ravizza
Poesie inedite
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Nota di lettura di Adam Vaccaro
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DICHIARAZIONE DI POETICA
Vi sono alcune tematiche che io riconosco essere capisaldi di tutta la mia produzione poetica: la riflessione sui rapporti tra vero poetico e vero storico; sull’enigma del tempo; sul destino e sulla mancanza di un destino; sul ‘grande mai più’ ovvero l’annientamento che ci attende. Spero che, a livello formale, nei miei versi sia sempre avvertibile l’andamento ritmico, la cadenza timbrica che deve distinguere a mio parere la parola della poesia, che deve continuare ad essere diversa ed altra rispetto alla parola della prosa. La poesia in fondo è un’emozione che trova una forma. Il lavoro sulla parola, la ricerca della forma che sola può esprimere al meglio un particolare contenuto, mi paiono essere elementi portanti del lavoro poetico.
Filippo Ravizza
IL CHIARORE DEI CAPELLI
Danzare, muovere nel ritmo la testa,
incuranti del chiarore dei capelli…
la sentite? sentite la carezza del mondo?
tutto è una maschera impossibile
sì ma è dolce la carezza delle cose
tutto in fondo abbraccia questi capelli
bianchi questi occhiali queste teste
occidentali…
arriveremo, arriveremo senza
mai pensarci, senza mai pensare,
la fine inaspettata coglierà
mentre staremo cantando mentre
staremo stringendo nelle braccia
il nulla, l’ovattato mondo,
l’incoscienza che ci viene incontro.
2018
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DIMMI, DIMMI
Dimmi dimmi dimmi tu quando mai
ti troverò stella mia dimmi tu
se verrai vita mia a bussare
alla mia porta in un giorno di sole
dalle colline ombre di scale
vuole che il tempo sia uguale
a noi verticale nelle mie ossessioni
le prigioni che ogni uomo cresce dentro
dentro di sé oh sì oh sì qui
qui dove ora io ti guardo
vita mia quando mai ti amerò
se spegne il ritmo la certezza
che dice: ecco la carezza
che aspettavi, essa illumina
la finitudine che sei,
il volto che hai, l’esistenza
nella noia nella finzione
la sognante verità dell’inazione
che qui ci sprofonda nel lucore
della pagina bianca nella
tua illusione che chiamasti “amore”.
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LA VIA DAL NOME IMPERATORE
In questo abito chiamato tempo
tornare come da bambino sul
triciclo ripensare la via dal nome
imperatore i grissini amato
padre amata madre
ora finiti per sempre nel nulla
eterni nel loro non essere più
mai per sempre più loro
giovani e sorridenti in via
Teodosio negli Anni Cinquanta
della mia Milano Novecento
dorato amato vissuto nella carezza
della Storia lì la nostra vicina
aveva due figli dai nomi russi
io bambino tornavo dall’asilo
con Vladimir e Natascia la Storia
già era con me ma io non lo sapevo.
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DOVEVANO RESTARE
Nelle infinite sere come questa
giovani cavalli come questi
romperanno il passo imporranno il
galoppo all’orizzonte, ma non sapranno
mai di te, di noi; di quel desiderio
di correre percorrere quei cammini
che dovevano durare, restare,
restare lì, anime trasmigranti
cattedrali evenienti restare
“almeno un milione di anni nella
mente e nei cuori” avari di altre
ossessioni dimentichi della
crudele cecità oh viltà viltà
del tempo mio tempo tuo tempo
tempo nostro povero e breve suonano
musiche in fondo in fondo a questo orizzonte
la tutta vera fronte di delizie
e battaglie le forze le voglie
tutto impossibile siamo superficie
falsa, superficie opaca, una
verità che in realtà non esiste
e forse presentono forse lo sanno
i puledri che questa sera hai visto
come folli spezzare la linea
l’orizzonte, mentre uscita dalla mente
torna un’allucinazione: tutto ci
sarà finchè ci sarò io, poi
il niente che non ha parole.
Assuan, Alto Egitto, 10 gennaio 2020
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Notizia biobiblio
Filippo Ravizza è nato a Milano, ove risiede, nel 1951.Poeta e critico letterario, è autore di otto raccolte di versi: l’ultima in ordine di apparizione è la fortunata silloge “La coscienza del tempo”, uscita nel giugno 2017,presso La Vita Felice Editore. È del 2014 “Nel secolo fragile” (La Vita Felice Editore), preceduta a sua volta da “La quiete del mistero” (Amici del Libro d’Artista, 2012). Nel 2008 “Turista” (LietoColle), nel 2005 “Prigionieri del tempo” (LietoColle); nell’anno 2000 “Bambini delle onde” (Campanotto), nel 1995 “Vesti del pomeriggio” (Campanotto) e, nel 1987 “Le porte” (Schema Editore). Nel 1995, insieme a Franco Manzoni, ha redatto il “Manifesto in difesa della lingua italiana”, oggi parte del programma orale per il conseguimento del dottorato specialistico del Dipartimento di Italianistica dell’Université Paris 8. È stato chiamato a rappresentare la poesia italiana alla XIX Esposizione Internazionale della Triennale di Milano (1996).
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Nota di lettura
Nel percorso poetico di Filippo Ravizza agisce un pensiero forte quale fonte epifanica di espressione, ri-creazione di realtà e dei suoi infiniti piani, visibili e invisibili. Va detto che nel panorama delle scritture poetiche contemporanee, tale piede-anima fondante è poco frequentato versante, rispetto a quello che parte da ambiti ed esperienze affettive. Beninteso, entro la visione metodologica della mia Adiacenza, l’Atteggiamento generale o quella che Elio Franzini (Rettore Statale di Milano e prefatore di Ricerche e forme di Adiacenza) chiama Intenzionalità fungente, connota il punto di partenza. Mentre per una adeguata analisi testuale è decisivo il punto di arrivo.
Nei testi di Ravizza c’è un Io che ribolle nella caldera vulcanica costituita dal complesso sistema concettuale di Hegel, di tesi-antitesi-sintesi tra Natura e Ragione, in cui, in ultima analisi, è lo Spirito che crea la Storia. Fondamenti della hegeliana Fenomenologia dello Spirito, che consentì a Marx di costruire il suo Materialismo dialettico, per il quale, “in ultima istanza”, è decisiva la struttura socioeconomica e storica e non lo spirito. Sono sistemi imprescindibili negli sviluppi del pensiero delle “teste occidentali”, che ricomprendono etica, arte, religione e ogni altra area della totalità antropologica. Se dunque l’Io e le sue Modalità di controllo del linguaggio (Mod-Io), sono forze primarie nelle forme di cui ci stiamo occupando, come agiscono le altre modalità (Es e SuperIo)?
La matassa espressiva di Ravizza conferma in primo luogo fondamenti di pensiero e cultura, anche con la domanda sul “vero” della scrittura poetica, distinto da ogni altro vero. Talché ne consegue che la Verità (assoluta) è mito ideologico o falso.
A partire da tale tronco portante, nella ricerca del poièin di Ravizza, si dipartono rami tesi ai mille ansimi, attimi e forme della vita, con i loro terminali sensitivi di gemme e foglie, sciolte al vento come capelli: immagini e flussi che nella prima poesia trovano ritmi consonanti e danzanti, capaci di far sentire ”la carezza del mondo”, Di cui però la ruvidezza del tronco smaschera subito la dolcezza, necessaria quanto precaria ed evanescente “maschera impossibile”, che “abbraccia questi capelli/ bianchi questi occhiali queste teste/ occidentali…”. Sono qui ribattute come chiodi aggettivazioni dimostrative, che intrecciano ritmi ripetizioni e significati (tra Mod-Io ed Es), grumi verbali di più aree mentali che chiamo gatti di Schroedinger, e che tra carezze e lucori dell’occhio, superfetano il qui e ora. In cui il tronco trema insieme ai rami, conscio che l’invisibile è più forte del visibile, in una tensione adiacente tra radici ed emozioni-pensiero che in-forma versi e flussi che paiono promettere punti di arrivo. Mentre ansimi di enjambementes annunciano significati che lo negano: “arriveremo, arriveremo senza/ mai pensarci, senza mai pensare,/ la fine inaspettata coglierà/ mentre staremo cantando mentre/ staremo stringendo nelle braccia/ il nulla”.
Ma non è disegno né pianto nichilista. È una punta che incide la pietra del tempo, e insieme un puntello per proseguire nella lucida coscienza del destino naturale: “se verrai vita mia a bussare/ alla mia porta in un giorno di sole/…/…oh sì oh sì qui/ qui dove ora io ti guardo/ vita mia quando mai ti amerò/…/… carezza/ della pagina bianca nella/ tua illusione che chiamasti “amore”. L’Io, dalla sua torre di avviso e resistenza di coscienza critica, non smette di misurarsi col Tempo, pur sapendo che il proprio decadrà come uno yogurt; “In questo abito chiamato tempo/ della mia Milano Novecento/…/ con Vladimir e Natascia la Storia/ già era con me ma io non lo sapevo”; “crudele cecità oh viltà viltà/ del tempo mio tempo tuo tempo/ tempo nostro povero e breve”, “superficie/ falsa…/ verità che in realtà non esiste”. Coscienza critica che si riafferma con forza rispetto alle sirene della “allucinazione: tutto ci/ sarà finché ci sarò io, poi/ il niente che non ha parole”.
Adam Vaccaro
Grazie ad Adam Vaccaro , grazie a “Milanocosa”, per questa splendida “anticipazione”. Un’anticipazione che è anche un vero e proprio “lancio”, giacché queste quattro poesie, faranno parte del mio prossimo libro, “Nel tremore degli anni”, in uscita (a metà dicembre) presso Puntoacapo Editore Grazie ancora ad Adam Vaccaro infine per la bellissima sua nota di lettura che coglie, con empatia e intelligenza, alcuni punti fondamentali, spartiacque della mia poetica. La riflessione sui rapporti tra vero poetico e vero storico come riflessione sulle interconnessioni e reciproche interazioni tra due diversi sistemi di verità. Perché, come dice Adam, io parto dalla consapevolezza forte della non esistenza della Verità con la “V” maiuscola. Ci sono tanti “sistemi” di verità; essi variano con il variare dei periodi storici e dei rapporti di forza. Grazie ad Adam, tanto per citare un altro passaggio, anche per aver ben intuito e descritto quanto per me la Storia sia sempre e soltanto un prodotto delle idee degli uomini, un prodotto delle idee degli uomini che gli uomini possono in ogni fase cambiare attraverso l’azione che è idea che si invera. Il tutto grazie al retrostante pensiero del grande Hegel , ma anche di Marx che di Hegel si definì, alla fine della vita “ein schuler”(scusate ma non ho la dieresi da mettere sulla u), ma anche del grande Alessandro Manzoni, milanese, che nella “Lettera sul Romanticismo” arrivò ad intuire come lo stesso concetto di “bellezza” fosse un prodotto in costante mutazione frutto dello spirito dei tempi; come ci fossero tante diverse “bellezze” nelle diverse epoche storiche.
L’unico compenso di questo nostro impegno è la conferma di aver aggiunto un granello di conoscenza, per cui sono felice di questo riscontro dato da Filippo. La sua è una scrittura che merita di essere letta, in particolare in questa fase storica ricca di pensieri confusi e deboli. E aggiungo un punto, che i limiti che ci siamo dati per il format di Anticipazioni mi hanno impedito di aggiungere. E’ la capacità dei suoi testi di toccare, senza pianti o pietismi, la nostra fragilità umana. E’ la prima cura per un senso laico di sacralità della vita e per evitare una forma di hybris e delirio di onnipotenza dei vuoti narcisi, sia di tanti patetici cultori di sé, sia (purtroppo) di criminali ricoperti d’oro nelle stanze di comando.