Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Enrico Marià
Inediti
Con un commento di Laura Cantelmo
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Nota di poetica
La motivazione di questi testi è dire un male dolore. Cercare comunione, fratellanza, condivisione con le altre creature. Non importano le esperienze patite, attraversate, subite, ma la profondità di quel soffrire che zavorra cervello, anima e cuore. Trovarci casa nel dirci, farci gruppo, esserci insieme uno per l’altro, uno con l’altro. Per affrontare vivendo di vita la vita. Anche fosse solo per pochi istanti.
Enrico Marià
“Senza titolo”
I pazienti psichiatrici
non si possono scegliere
il piano terapeutico
o il luogo di ricovero,
in tasca ho un ritaglio di giornale
la foto dei miei due nipoti
quando vinsero un torneo di tennis:
non li vedrò mai più
loro mio amore infinito
che per noi mostri
è il dovere della verità
infarto dell’anima
l’inferno dell’esclusione.
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Dopo il sesso
le mille lire per umiliarmi
il Tribunale dei Minori
i Servizi Sociali sapevo tutto
c’era la segnalazione alla Procura
le mie difficoltà i ritardi scolastici
per l’uomo che mai sarò
fossile lacrima
alle caviglie dei morti
è l’autunnarmi di te
l’offrirmi al vento.
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Che lo abbiamo imparato
da quelli dello Zambia
a farci respirando i nostri escrementi
lasciati fermentare per giorni al sole
mamma che solo così
ti sarò a tavola a ogni festa
petalo magnolia
sulle tue spalle
che il vento
nevica la rosa.
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Enrico Marià è nato il 15 luglio del 1977 a Novi Ligure (AL) dove risiede. Ha pubblicato le raccolte: Enrico Marià (Annexia 2004); Rivendicando disperatamente la vita (Annexia 2006); Precipita con me (Editrice Zona 2007); Fino a qui (puntoacapo Editrice 2010 con prefazione di Luca Ariano); Cosa resta (puntoacapo Editrice 2015 con prefazione di Mauro Ferrari) e ora I figli dei cani (puntoacapo Editrice 2019 con prefazione di Marco Ercolani). Ha preso parte a diverse antologie. Suoi testi compaiono su riviste e web alla stregua delle recensioni delle sue opere. E’ tradotto in lingua inglese e spagnola e ha ottenuto ottimi risultati in prestigiosi premi e concorsi. Nel 2016, inoltre, è stato selezionato per Il Fiore della Poesia Italiana opera in due tomi che scansiona la poesia italiana dalle origini a oggi.
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Nota di lettura
Affermano verità senza veli questi testi di Marià, profondi sia nella percezione di un dolore senza fine che nella domanda di vita. Dalla intensa ricerca di condivisione della pena e di sincera fratellanza, nucleo tematico dominante di questi brevi inediti, traluce l’esperienza di una dannazione senza remissione, di un vissuto di esclusione sociale e di uno stigma senza possibilità di riscatto.
Una protesta non urlata, che poeticamente si configura come nuda rappresentazione dell’esistenza, del comune destino umano nel quale si è dissolta ogni illusione, se mai ne è esistita l’ombra, specie per coloro che hanno sofferto o procurato un danno.
L’uso brutale di immagini: ”Che lo abbiamo imparato/…/ a farci respirando i nostri escrementi/ lasciati fermentare al sole/…” svela in modo diretto e lancinante la realtà di una solitudine e di una sofferenza scevre da auto compassione, nella spietata consapevolezza che per sopravvivere non rimanga che la ricerca di giovamento nella fraterna vicinanza con un’umanità con cui “affrontare vivendo di vita la vita”.
Il linguaggio scarno e pregnante (“l’uomo che mai sarò/ fossile lacrima/ alle caviglie dei morti”) è ricco di immagini legate al declino e alla morte. Una poesia dura e crudele, priva di compiacimento o di voluptas dolendi, quasi una coltellata per chi si immerge nella sua fredda disperazione e in essa, in fondo, un poco si rispecchia.
Laura Cantelmo
Una scrittura che non può che emozionare:
un compatto, compulsivo dire il dicibile,
e il rassegnato non dire l’indicibilità del dolore.
Splendido poi il verso “la verità, inferno dell’anima”.
Enrico Marià ha la grande dote di saper rappresentare con un linguaggio netto e affilato le contraddizioni della nostra società contemporanea, spronandoci ad uscire da quella che è la narrazione accomodante che spesso falsa la realtà. Credo che questa sia davvero letteratura utile, letteratura restituita al suo compito più vero.
Concordo, Fabrizio. Una poesia che ha il pregio della verità e non si attarda nel culto della forma e del gioco verbale. Veramente letteratura per questo tempo crudele, al limite del cannibalismo, se posso esprimere il mio pensiero nudo. Complimenti a Enrico Marià.
Quando seguivo un corso di Psichiatria al S. Paolo di Milano il prof.Smeraldi ci chiese di scordare tutto quello che avevamo imparato sino ad allora, ed esaminare un tema nuovo ” Il concetto di normalità”, in quanto potrebbe non essere la normalità un pensiero inculcato ,irregimentato, nella attuale civiltà mentre potrebbe essere la normalità un pensiero proprio che per quanto bizzarro sia il segno della libertà di espressione da tutte le convenzioni. Solo in questo modo era possibile affrontare lo studio e la comprensione con le persone che avevano dei disturbi reali. Queste poesie mi hanno davvero colpito anche con la partecipazione intima al dramma espresso in versi di Enrico Marià.La nota attenta di Laura Cantelmo ci conducono per mano verso il doloro e lo sfacimento della persona umana.
Vediamo persone “normali” esprimesi ed agire in modo beluino. Mi chiedo spesso dove stia la normalità, dove siamo arrivati, cara Wilma. Siamo proprio alla crisi della civiltà…