Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Elio Grasso
Inediti da La cenere degli astri
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Con un commento di Adam Vaccaro
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Nota dell’Autore
Nelle specie e sottospecie, attuali e inattuali, della poesia saranno da rifare strade lasciate indietro per smania di futuri privi di memoria. Mai che dicano, i molti, di usare profittevoli pagine sequestrate dall’oblio. E dunque è verosimile, ogni tanto, scomodare le tipografie per una poetica vicenda: brevi abbozzi di un chiodo fisso, che rispecchino piani inclinati verso virtuosi esercizi d’epoche risolutive. Dunque questi tre testi fanno parte del reddito. Privi di protezione, probabili compendi di destrezza. Ho nostalgia di Spatola, Porta, Costa, Pasolini, Sicari, Rosselli, Ciprelli, Montale, Leopardi. È bastante assumerne l’intento, non la loro parodia. D’altronde, critici si nasce.
Elio Grasso
…e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell’ora che ti scioglie, il cenno d’una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
Eugenio Montale
Il corredo estivo s’incava
nell’atrio del fosco
continente, dove sangue
viziosissimo muove le radici
verso l’impigliata.
Femmina rovinosa contende
l’imprecisione dei libri,
il seme di astri defunti,
e insisterebbe per un sepolcro
soltanto, sede di colui che
resta dopo il raccolto.
La proporzione è acerba,
trascurabile, e accorata
parte trascurabile ancora.
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Non per la terra questi
stolti pensieri, invano scritti
mentre il malumore alita
dov’è insulso ansito
delle pieghe ventrali.
Messi sul poggio del consacro,
libro di lettura e verde infinito
balzano sul motore
del premuroso aprile,
fintanto che l’indomito
sottostante le gonne rovesci
dagli occhi la semente.
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Giunti dalla guerra sospesa
al riflusso del ligure
mare, vantano la genitura
di Nettuno, e per l’estivo
compleanno fronteggiano
l’atto della belva che non sa
la resistenza ittica e salina.
Mi tengo ai corpi gemmanti
e vinosi, compagni di via
per le assennate colline.
Quel nastro varca
l’atmosfera dell’animato cielo.
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Elio Grasso (Genova 1951), accanto alla professione di chimico, attività poetica e critica. Fra i suoi libri: L’angelo delle distanze (1990), Nel soffio della terra (1993), L’acqua del tempo (2001), Tre capitoli di fedeltà (2004), Varco di respiro (2014), Il cibo del venti (2015). Ha tradotto poesie di Emanuel Carnevali (2012) e Four Quartets di T.S. Eliot (2017).
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Nota di lettura
La sentinella è l’immagine focus che emerge dai testi e va oltre quella evocata a suo tempo da Alda Merini. Perché dal piano di ricerca di qualità letteraria, il testo svetta su un iceberg di sensi, immersi nella nostra totalità. Presupposto di quel piano superiore (Leopardi), di fraternità e precarietà adiacente tra tutti i linguaggi che ci costituiscono.
Ne derivano forme di bellezza che congiunge pensiero e canto, attimi di infinito di clinamen incapaci di rimanere chiusi in un parnaso autoreferenziale. Fonti della funzione magistrale di un poièin che dona al testo lampi che il contesto, da cui parte e ritorna quel suo linguaggio altro, chiamato poesia. Un moto custode di memoria e valore, quindi di pensiero critico, che matura come un frutto da un DNA profondo, che c’è o non c’è. Lo declina con (auto)ironia Elio Grasso (“critici si nasce”), evocando tale nucleo creativo ed epifanico di rinascite successive.
È il primo valore prezioso da custo-dire, e salvaguardare nel dilagare di “specie e sottospecie” di “piani inclinati” votati irrimediabilmente all’”oblio”. È un compito impari che si colora di apparente hybris, nel dare corso al verso della propria freccia. No, non è, questa, hybris, ma opposizione irriducibile di una bellezza che va oltre il piano letterario.
Il ciclo vitale produce residui, cenere che nasconde labili lapilli, in cui la vita degna di sé sa ritrovare appigli di ripresa del ciclo, rinnovando astri che per i buchi neri non esistono. Stare nel vento che porta questa cenere è gioco e giogo ricordati in esergo con miti immani versi montaliani, dai quali Grasso trae la scintilla per accendere i suoi: “il seme di astri defunti” è introvabile “nell’imprecisione dei libri” (rasoiata che denuda una hybris, questa tale!), ma è affidato alla “Femmina” che ha in sé i segreti delle rinascite dalle rovine, che impedisce la staticità di un “sepolcro” e sa rifarsi “sede/ di colui che resta dopo il raccolto”. Sfida forse insensata, dato il rapporto di forze “nell’atrio del fosco continente”.
Ma sapienza e autoironia dettano su questi “stolti pensieri, invano scritti” (un’eco di canto leopardiano) di musica che semina ottimismo materico di un “premuroso aprile”. La “guerra sospesa/ al riflusso del ligure/ mare” cerca “Nettuno” e la forza per opporsi a “l’atto della belva”, la quale è in “proporzione” favorevole ma “non sa” “la resistenza ittica e salina”, o i “compagni di via”. Una via che sa andare da “assennate colline” verso un infinito, “animato cielo”. Una via versata alla gioia e subito nostra.
Adam Vaccaro
L’immagine della sentinella è certamente consultabile nel suo silenzio criptico, ma lasciando parlare quanto gli sta intorno. Mi pare d’essere sempre un po’ più in là rispetto a quel che si dice sulle mie poesie. Ma spesso non si dice, e va bene così. Abitare le eresie altrui porta bene soltanto in alcuni casi. In vita se ne può fare a meno, in morte il loro valore diventa preponderante. Per questo la mia nostalgia va a chi non c’è più. E poi amo i poeti solitari, vorrei portarmeli a letto. Molte volte mi accontento dei loro libri. Implicito l’esser grato dell’attenzione di Milanocosa, d’altronde sono le circostanze talvolta a farci sentire meno sgarbati, anche viene da pensare che se continua così moriremo tutti poeti.
Il commento di Elio conferma quanto, grazie a questa occasione, ho imparato a conoscere di lui. E che credo possa utilmente essere integrato da quanto inviatomi per email, in cui rileva che le mie parole sono state sollecitazioni all’apertura di varchi impensabili. Così è stato anche per me, e questo mi conferma, che solo attraverso le relazioni – se autentiche – possiamo aprirci e crescere, come poeti ed esseri umani!
Bellissima. Confermo. Di complessa bellezza che funziona premendo sia un nominalismo e assenza di articoli di un fiato litico intrinseco, sia il libero andare verbale itinerante, libero di inclinare verso cieli gemmati.