Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Beppe Mariano
Testi inediti
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Con un commento di Laura Cantelmo
Si cerca la verità
Si cerca la verità del vivere,/ della parola nella sua multiformità./ Nell’asimmetria della vita,/ tra ironia e monito,/ definizione dell’indefinito,/ alla fine sembrerà assurdo il proposito?/ oppure l’anello che non tiene, / almeno per un attimo, terrà?
Beppe Mariano
L’AVANZO
L’automobile s’era fermata.
S’impuntava come un mulo carrettiere.
Non voleva saperne di ripartire.
In officina il motore è stato smontato e rimontato.
Dopo molte cristonerie del meccanico e mie,
alla fine è ripartita. Eppure non avrebbe dovuto,
perché un pezzo misterioso avanzava:
a guardarlo mostrava una sua informale forma,
quasi si fosse staccato da un dipinto di Riopelle.
L’avanzo è stato a lungo indagato.
Non si è capito quale funzione avesse all’interno
del motore. Per me ha finito per simboleggiare
il libero arbitrio; per il meccanico lo smacco
di un sistema che credeva di precisione.
Da allora l’automobile ha tuttavia continuato
a funzionare. Quel pezzo avanzato è diventato
un fermacarte della mia scrivania; ma soprattutto
un arcano, che interrogo ogni giorno.
Sembra riemerso, o sfuggito alla riorganizzazione
tellurica degli inizi. Perfino nell’officina di Dio
non fu previsto l’avanzo del Terzo Giorno.
IN FALEGNAMESCO
Scusate l’irriverenza. Mio padre allisciava con la pialla
e con tanta pazienza il legno spinoso del bosco,
proprio come aveva fatto, senza riposo, il padre di Gesù.
Mi fate notare che il suo era un padre speciale, mentre il mio…
Una distinzione ragionevole (se fosse sufficiente
la ragione…). Eppure so che hanno parlato entrambi
in falegnamesco, le stesse favole raccontato,
e pur da epoche diverse si sono seduti allo stesso desco.
EGOICA
Femmineo all’aspetto, estravagante, ma saldo in sé;
d’ambiguo amplesso, insegue della propria immagine
il riflesso in vetrine e parti luccicanti d’auto,
fiamminghi bicchieri laghetti pozzanghere e cristalli.
Ostile a quel che non è riflettente, odia il nero,
che non è un colore – dice – ma tutto ciò che è assente.
Solo le nubi, pur se nere sono bene accolte perché
possono disegnare in cielo il suo profilo.
I piedi ha serrati nei pattini a rotelle, un borsone stretto
alla vita, in spalla regge una superbicicletta da salita,
l’altra racchette e sci. Dove vi era un tempo
a tracolla una chitarra, adesso pende, rosa, la custodia
d’una scimitarra, traboccante, per fortuna, soltanto
di fotografie in posa; né manca lo smartphone
che gli ricorda con un bip-bip di un (ap)pagante
appuntamento sic. Nonostante i molti, i troppi pesi,
il giovane aitante sale con sveltezza le alte rampe, come avesse
fretta di arrivare in cima, equipaggiato a vincere il presente.
NEUTRA
Ti ho attraversata come fossi un neutrino:
senza poter interagire né trovare
resistenza di atti e di parole.
Neppure ingrandendoti
vi è traccia della
tua presenza.
VERSICOLITE
La poesia che per e-mail ho ricevuto
da una signora in un acuto di versicolite,
mi ha depresso:
come sempre mi deprime l’inespresso.
Ma non volendo essere sgarbato, quando
il tasto del computer mi ha suggerito
di non salvare,
ahimé, non l’ho premuto.
L’ INDEFINITO
Ancora verde nella sottana, ma già seccata in cima,
l’albera grande è stata tagliata alla radice.
Intorno la sua tavola rotonda, ci divertiamo
a fingerci arturiani. Ma quando contiamo
i cerchi del ceppo, innumeri ci sembrano.
Con scrupolo, ricominciamo ogni volta a contare;
ma i troppi cerchi sfumano nell’indefinito.
La lunghezza compariamo della sua vita
alla nostra… ma, protesici, non disperiamo.
ROSETTA
Rosa rosae rosam
Rosa Rosina Rosetta…
Aveva vent’anni, Rosetta,
cresciuta in fretta, alla fame,
rincorrendo rosette di pane, perfino
nel cielo magrittiano, d’amore altrettanto
affamata. Aveva vent’anni… e venti eran quelli
che l’hanno stuprata, pur non volendo, volenti.
E’ un mistero quel che è successo, scrissero i giornali.
Le indagini furono sviate, mai si giunse a processo.
Quante Rosetta sono state da allora straziate
da mandanti sconosciuti, inconoscibili, anzi.
Straziate ancor più da compagni
narcisi, che pretendono invece
che amore servigi, secondo
l’usa-e-getta del tempo.
Rosa rosae rosam
Rosa Rosina Rosetta…
A CHI VERRA’
Alle parole litiche
degli antichi contrapponiamo le balbuzienti
di ieri, che soltanto
oggi ci pervengono espresse.
Labirintico è il salire alle
conformazioni stellari,
scambiare parole ormai
ignifughe all’ideale,
come fosfeni di stelle critiche, o già spente.
Enigmatici monti
si frappongono al fluire del pensiero,
della poesia stessa,
sul nulla raccordano
i ponti e le parole.
A SIPARIO CHIUSO
A sipario chiuso, se vero dialogo non c’è stato
si fa interiore l’atto teatrale, monologante.
Un solo costume di attorgiovane
indossato da un anziano ripetente.
Le parole del testo, però, le ha cambiate:
sono diventate le parole della primadonna,
ingessata nella parte. Ma non se ne accorge
nessuno, nessuno è presente nell’emiciclo del teatro.
NOVANT’ANNI TUTTI E DUE
Tutti e due scrivevano poesie,
o forse soltanto versi.
Lui ballate minori
lei favole politiche, ormai fuori favola.
Novant’anni tutti e due, a occhio ben portati.
Prima si conoscevano solo superficialmente.
Si erano sfiorati a qualche incontro tra poeti,
scambiandosi qualche parere, niente di più.
Ma adesso il loro rapporto è cambiato.
Si sono messi insieme.
Insieme hanno scelto il treno
che li poi lasciati in Svizzera:
in una raccomandata clinica per l’eutanasia
IL CONGEDO
La struttura scheletrica del paesaggio invernale,
il sole declinato come un verbo al transitivo
si rispecchia nel pallore dorato della finestra.
La sintassi sembra crogiolarsi in se stessa.
Misuro la distanza di vita maldestra,
saluto tutti, anticipatamente, fingendomi
sereno considero che sufficientemente a lungo
ho vissuto (ma al 5% anch’io, più o meno),
eppure non voglio che sia, come quell’altro,
il mio un congedo cerimonioso
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Notizia Biobibliografica
Beppe Mariano risiede a Savigliano (ma vive altrove) Negli anni Settanta ha co-fondato e redatto “Pianura” insieme con Sebastiano Vassalli ( che l’ha diretta) Giorgio Bàrberi Squarotti, Cesare Greppi e altri. Dal 2000 al 2010 ha co-diretto con gli scrittori milanesi Maria Caldei e Franco Romanò, prima a Milano poi a Roma, la rivista “Il cavallo di Cavalcanti”. Ha vinto il Premio Cesare Pavese sia per l’inedito che per l’opera edita. Dopo aver pubblicato sette raccolte poetiche, nel 2007 nella collana Lyra di Interlinea pubblica “Il passo della salita“, con prefazione di Giovanni Tesio e Sebastiano Vassalli. Nel 2012 l’Editore Aragno ha pubblicato l’intera opera poetica con il titolo “Il seme di un pensiero“, presentata dal poeta Giuseppe Conte con gli apporti critici di Giorgio Bàrberi Squarotti, Gianni D’Elia, Elio Gioanola, Giovanna Ioli, Barbara Lanati, Giorgio Luzzi, Giovanni Tesio e Sebastiano Vassalli.
“Il seme di un pensiero” ha vinto un premio internazionale: “Ada negri” e due premi nazionali “Arenzano Rodocanachi” e “Guido Gozzano” ed è stata finalista al “Premio Alda Merini” e al “Sandro Penna”, dove ha ottenuto la segnalazione. Nel 2013, all’Università di Tor Vergata è stata discussa una tesi sulla sua poesia. E’ presente in una quindicina di antologie nazionali; sue poesie sono state tradotte in francese, tedesco, rumeno e,recentemente, in portoghese.Collabora con la rivista online, “In Limine” delle Università di Tor Vergata, a “Mosaico Italiano”, edita dall’ Istituto Italiano di Cultura e dai Dipartimenti di italiano delle Università brasiliane. Per un decennio ha svolto attiività di poeta visivo (catalogo Marccvaldo,2002).
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Nota di lettura
Beppe Mariano, Inediti: “L’avanzo”, “Egoica”, “Rosetta”, “Novant’anni in due”.
Mascherare con il sorriso la propria estraneità, o meglio la repulsione verso l’epoca in cui ci è dato vivere, smascherare poi la vacuità, il narcisismo, la violenza di cui essa è intrisa e tradurre tutto ciò in parola, rappresenta la cifra di questi inediti di Beppe Mariano. E inevitabilmente la parola di un poeta, quale Mariano sicuramente è, si traduce in immagine, metonimia, figure logiche, quali l’ironia e il sarcasmo. Un pacato sarcasmo, il suo, volto ad attenuare il tono caustico.
Lo sguardo acuto penetra negli oggetti, nelle persone, svelandone la mancanza di senso. Sia che l’occhio si posi su di un aggeggio indefinibile, avanzato dalla riparazione di un’automobile e rivelatosi paradossalmente inutile – palese smacco di una tecnologia onnipotente (“L’avanzo”) – sia che l’analisi si focalizzi su di una persona, di qualità e sesso imprecisati – di “ambigui amplessi” – chiusa e realizzata in un vacuo presente e specchio del narcisismo imperante (“Egoica”), la pacatezza del tono copre il senso di impotenza e di rassegnazione. Come dinanzi alla violenza sulla donna, perpetrata da “narcisi che pretendono invece/ che amore servigi” e alle inadeguate risposte fornite dalla società (“Rosetta”).
Il disincanto vestito di garbo ironico con cui Mariano osserva il nostro tempo insieme alla vanitas della nostra presenza nel mondo, pare suggerire con lucida drammaticità una soluzione attraverso l’immagine di due anziani “poeti”, uniti quasi per caso nella scelta nell’estremo viaggio: l’eutanasia (“Novant’anni in due”).
Laura Cantelmo
Davvero una bella serie di inediti, in equilibrio tra chiara narratività e ricchezza di senso, composte cin una freschezza di parola, a dire di uno sguardo che coglie occasioni ovunque si posi. Condivisibili appieno le osservazioni di Laura Cantelmo.
Con Alfredo Rienzi condivido anch’io l’acuta analisi di Laura Cantelmo, che ringrazio di cuore.
Il mio ringraziamento va, beninteso, anche ad Adam Vaccaro e a Luigi Cannillo i quali insieme con Laura dirigono l’Associazione Milanocosa: la quale con le tante iniziative pubbliche è diventata un’importante realtà della cultura milanese.
Alfredo Rienzi e Beppe Mariano sono tra i selezionati di questa iniziativa, che guarda sia ai testi sia alla vita e ai percorsi degli Autori per giungere ad essi. Sensi non chiusi nell’esercizio letterario, ma aperti all’intreccio con e nella complessità delle fenomenologie vitali. E anche questi loro brevi commenti ne sono testimonianza, di cui la Redazione è grata.
Melanconia composta…
Mi viene in mente questa “formula”…
Grazie Beppe delle tue belle poesie…
Stefanie
Antropologia poetica, la nuova poesia di Beppe Mariano, che investiga le cose del mondo con neo-gozzaniana ironia, il garbo di chi osserva con precisione, affatto “maldestra”, ma non sentenzia. Neppure il gesto poetico è assente, e vibra in alcune intense poesie, di metafisica e astrale intimità, in una prospettiva lirica quanto speculativa insieme che si imprime nel lettore con una straniata solennità.
E il commento critico di Laura Cantelmo, illumina degnamente questa coinvolgente operazione poetica di Beppe Mariano.
Grazie a te, Beppe Mariano, per l’osservazione spietata e insieme composta della realtà offerta dalla tua poesia.
Grazie a tutti per l’apprezzamento della mia nota critica.
Neutra e l’avanzo e ridendo, da solo. cosa ha pensato il tipo che era di fronte a me in metropolitana. sì, perché ridevo a leggere del pezzo in più e dell’affermare l’essenza poetica del neutrino (tanto che, Beppe, ho pensato, che non ti capiti di passare vicino al CERN di Ginevra. ti metterebbero a frullare nell’acceleratore, a produrre poesia centrifuga).
no, resta qui. ci servi. centripeto.
Bravo Beppe. Non solo perché hai saputo rinnovarti, ma perché queste tue poesie riescono a cogliere il non-senso e l’in-decenza del mondo attuale. La tua ironia centra sempre il bersaglio, e lo fa senza aggredire, senza acredine, quasi con leggerezza, una leggerezza rassegnata o, meglio, disarmata, che nasce dal disagio di esserci, di muoversi spaesato su una scena che non è tragica perché la tragedia presuppone una dignità (delle cose e delle persone)che qui manca del tutto. Non è moralistica, la tua poesia, ma riflette o cela una profonda nostalgia di senso, di verità. Non intesa come personale e compiaciuta conquista, bensì, alla greca, come “a-letheia”, come dis-velamento istantaneo, come accenno o barlume (magari “e contrario”), come irraggiungibile, ma non per questo meno appetibile e meno vera, “oltranza”. O come amara, se non disperata, esigenza di senso. Ma non è questo, in fondo, l’istanza che proviene da tutta l’autentica poesia? E tale è la tua.
Complimenti e saluti affettuosi. A presto,
Carlo Prosperi.
Grazie a tutti per i partecipati e articolati interventi, in particolare quest’ultimo di Carlo Prosperi che condivido completamente, sul senso del fare poesia – che come ben detto è una rarità preziosa (non solo) in questa affollata e ininfluente contemporaneità.
Adam
Desiderio di scrivere anch’io qualcosa, per Beppe Mariano, e la sua poesia. Ora che ho letto gli altri interventi non so da dove iniziare e mi pare di non avere neppure le idee chiare e le parole capaci di dire, soprattutto dopo aver letto Duridorecchio. Avrei potuto aggiungere di quelle solite parole che vanno bene per tutti i poeti e tutte le poesie. Duridorecchio taglia netto, va dritto, affonda, e mentre ride, sano sincero drammatico riso, ha capito tutto. Un aggirare il discorso per rispetto dell’anima del discorso, già perché la poesia è discorso, intorno allo stesso vivere: i temi alti, le sole parole che abbiamo, e togliere, pulire, rompere, raccogliere, mettere in ordine, e poi ancora riscomporre le carte. Il pezzo avanzato è ora più importante, separato dal suo ingranaggio, la macchina funziona lo stesso, ma lui è diventato immortale, mentre la macchina morirà.
beh Maria Silvia Caffari….se ho capito tutto non saprei…però….secondo me…poesia è necessità, necessità è senso, senso è missione, missione è azione.
l’azione diviene missione, che rimanda al senso di ciò che si fa, e al perché lo si fa (necessità). direi, quindi, circolare.
Beppe è un circolare, di senso, necessità. sembrano mancare nel suo stile la missione ma, soprattutto, l’azione. perché è un tipo pacato.
il peggior tipo di azione la pacatezza, di quella razza che non lascia scampo. lui lo sa, ne gode. glielo perdono, e imparo.
ok Duridorecchio, mi metto in ascolto e sento, grazie amico Beppe, ti amiamo; un saluto a tutti. Salvo tutto e metto in archivio alla voce Beppe.