Anticipazioni – Alfredo Rienzi

Pubblicato il 1 marzo 2017 su Anticipazioni da Maurizio Baldini

Anticipazioni

Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni

Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

*****

Alfredo Rienzi

Inediti da Partenze, promesse, presagi

[…]

Seconda partenza e promessa è uno dei nuclei della raccolta in corso di costruzione, dal titolo Partenze, promesse, presagi, che si propone di coagulare, anche con movimenti d’accumulo e ciclici, riflessioni sulla macroallegorie del tempo – lineare, circolare, elicoidale –, e del viaggio, tra attesa, speranza, disorientamento.

Alfredo Rienzi

***

Con un commento di Luigi Cannillo

***

Si torna dove si è già stati

Sono tornato ad esplorare la vita

– avvolto dal manto d’oro del leopardo –

l’anello perfetto, il ciclo d’ogni cosa:

molto è cambiato dopo l’onda del pianto

ma, ancora, ho in me la perla e il macigno,

nel passo la fibra palpitante al balzo

e la parola che, detta, si dissolve.

Si torna dove si è già stati.

I luoghi sono infiniti, i giorni,

ora, grappoli diradati.

Ritrovare l’orma è dono inatteso

quella di chi ci accompagnò è stria

d’ala tra neve e pietra.

Mi dici: il monte si è fatto più alto:

so invece d’essermi fatto io più piccolo.

Seconda partenza e promessa

Per una destinazione qualsiasi
si parte, quando scaturisce l’oriente
non conoscendo il nome delle stelle:

si perdono così le nostre tracce.

Senza vanto procedere

Senza vanto procedere, e senza

timore, una presenza dai troppi

occhi camminerà accanto,

un rumore di guerra

il frastuono del temporale

le campane, il canto, il silenzio.

Non comprendo di chi è la mano

che mi porta e che seguo.

Di poca, di antica luce

Sei tu? Sei tu, che vegliando ti sporgi

nella fessura dell’uscio, di poca

luce, di antica luce rivestita?

Ma come potrei riconoscere

delle dita il profumo di olibano

l’aura del tuo confine?

Sei tu, dunque, che vieni

a prendere, o a dare, la parola di passo,

a dirmi il canto che assolve la notte?

Di quale possesso, di quale nazione

Di quale possesso, di quale nazione

di quali guerre e nemici

qui non avrai timore?

Qui, dove puoi riposare

perché è con l’acqua

che laverò i tuoi passi, con la rugiada

la bocca.

È tuo il profilo

È tuo il profilo

che la finestre non sanno nascondere,

tua la mano che discosta le imposte

per offrire il boccone?

E chi, come la diffidente martora,

s’avvicinò e assaggiò e mosse

gli occhi come a dire è buono e ne mangiò

metà per fame metà per ringraziarti

prima che l’odore della foresta

la richiamasse a sé?

La latitudine non è indicata

La latitudine non è indicata,

tundre, deserti, erbose pianure

la follia dei venti sperde l’odore

del percorso.

Un vociare di cifre

dissimula la zolla consacrata.

Non riconosco le costellazioni

aspetterò il chiarore dell’aurora.

Non ha fine il tempo degli abbandoni

Ho seguito i tuoi occhi e i fianchi forti

come colonne del tempio. Hai detto:

non ha fine il tempo degli abbandoni

hai chiesto in dono il manto più solenne

il sonno e le mie ossa

ad uno ad uno sciogliendo i legami.

Sta la tua partenza davanti a noi

Che non vengano meno nell’ora della prova

i figli più dolci, i più silenziosi

i fratelli minori partiti nella notte

senza salutare le madri, senza

nient’altro che pane indurito e sale

di nascosto dai padri

che non tremino

alla prima ora dell’alba, nell’ora

del giorno se il giorno rinuncerà

a se stesso.

Àlzati ora,

fiducioso come dell’aria l’ala

Sta la tua partenza davanti a noi

seguine i passi, nell’ora dell’alba

quando la notte rinuncia a se stessa.

Attendo, dove non giungerà voce

Attendo, dove non giungerà voce

un arenile calpestato, tracce

di troppi percorsi

alla distanza di una gomena,

la marea cancella

segni di partenze, promesse

acque e deserti, il vento va contro

la direzione del respiro, cancella.

Anche il vento cancella

ma la parola insiste

non vuole perdersi

io ho camminato troppo

per ricordare i cento incroci

le vie non scelte

per dare un nome ad ogni albero

ed anche il mio, scritto sulle cortecce

recitato dai rami, cambia

e la mia ora cresce.

Oggi attenderai la pioggia

Pioverà, pioveranno acque

in ogni fessura, nei pori

nelle miniere, nei chiostri,

sull’erba che rinnova i palmi

negli ossari dove le orbite vuote

conservano pietà negli sguardi

pioverà sulla cenere, sul pane e sul sale

sul frutto che attende

non è questa terra di raccolti,

zolla e seme chiedono abbracci:

non oggi il passo stringerà la via degli equilibrî:

che fremano i venti della clemenza

e del rigore! Prudenza e ardore

ribollano nelle stesse acque

gloria e sconfitta avvolgano un solo rogo!.

Oggi

attenderai la pioggia,

ti laverai

con l’acqua senza fonte

che brucia come fosse fiamma

ogni lingua ogni cuore che non dica

carità, che non ripeta carità.

Notizia Bibibliografica

Alfredo Rienzi (Venosa, 1959), vive dall’infanzia a Torino. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, in Sette poeti del Premio Montale (Scheiwiller, 1993, con Prefazione di Maria Luisa Spaziani) a Notizie dal 72° parallelo (Joker Ed., 2015) Gli altri volumi Oltrelinee (Dell’Orso, 1994); Simmetrie, (Joker Ed., 2000); Custodi ed invasori, (Mimesis-Hebenon, 2005), sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti (pubblicata da Puntoacapo Ed., Novi L., 2011, in quanto autoantologia vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia). Ha tradotto testi da OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan Italia, Torino-Paris, 2004). Ha all’attivo collaborazioni e/o contributi creativi e critici con varie riviste e siti di poesia e letteratura nazionali ed ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Dell’Orso, 2011). Attualmente collabora con i comitati di redazione delle collane di poesia di Joker Editore ed è tra i collaboratori e sostenitori foglio letterario torinese Amado mio.

***

Nota di lettura

La silloge di Alfredo Rienzi si presenta innanzitutto come impasto polifonico: di molteplici soggetti e diverse fonti, alle quali possono alludere anche gli inserti in corsivo; dei “tu” che richiamano, più che un interlocutore unico, una carovana intera di viaggianti, e di diverse modalità di viaggio all’interno di assi di tempo che si intrecciano e sovrappongono. A questo fa riferimento l’autore stesso nella sua nota riferendosi al tempo “lineare, circolare, elicoidale”.

Il viaggio, sia come percorso iniziatico, ma soprattutto come necessità e via di fuga, comprende anche aspettative e ripartenze articolandosi in stazioni e includendo soste intermedie. Nella ideale ininterrotta carovana si avvicinano e allontanano i volti dei compagni ma vengono comprese anche le tracce di chi ha preceduto o di chi seguirà. E, proprio in considerazione della circolarità del percorso, alla sua (temporanea) conclusione potrebbe ritrovarsi  proprio l’inizio, come  suggerisce anche il primo titolo: Si torna dove si è già stati.

Mentre si compie così ogni ciclo del viaggio, la parola poetica testimonia non solo le allegorie, ma l’effettivo svolgersi di avvenimenti e storie: la siccità e l’attesa della pioggia, la partenza dei fratelli minori, le maree che scandiscono il tempo, le guerre e i nemici che lo preparano e lo inseguono. “Ma la parola insiste / non vuole perdersi.”  Insieme al tutto permane la voce, le molteplici voci della polifonia, anche quelle che dovranno rispondere ai tanti interrogativi, quelle che non riusciranno a salutare le madri, e “[…] / ogni lingua ogni cuore che non dica / carità, che non ripeta carità.”. E, in particolare in questo caso, la voce coraggiosa della poesia, dell’autore che con gli strumenti propri del linguaggio poetico indaga e rappresenta la realtà.

Luigi Cannillo

One comment

  1. alfredo rienzi ha detto:

    Sono lieto e riconoscente per questo ampio spazio che mi avete donato. Mi piace molto la compagnia delle voci ospitate in precedenza e, certo, di quelle che seguiranno. Le parole di Luigi Cannillo dimostrano una lettura attenta e profonda, ed una comprensione sottile e precisa di questi scritti. Sono perfettamente consapevole, e un po’ prigioniero, delle inevitabili oscurità dei miei versi, e sono piacevolmente colpito dalla capacità di Luigi della chiarezza che vi ha saputo spargere.

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