Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
*****
Alfredo Rienzi
Inediti da Partenze, promesse, presagi
[…]
Seconda partenza e promessa è uno dei nuclei della raccolta in corso di costruzione, dal titolo Partenze, promesse, presagi, che si propone di coagulare, anche con movimenti d’accumulo e ciclici, riflessioni sulla macroallegorie del tempo – lineare, circolare, elicoidale –, e del viaggio, tra attesa, speranza, disorientamento.
Alfredo Rienzi
***
Con un commento di Luigi Cannillo
***
Si torna dove si è già stati
Sono tornato ad esplorare la vita
– avvolto dal manto d’oro del leopardo –
l’anello perfetto, il ciclo d’ogni cosa:
molto è cambiato dopo l’onda del pianto
ma, ancora, ho in me la perla e il macigno,
nel passo la fibra palpitante al balzo
e la parola che, detta, si dissolve.
Si torna dove si è già stati.
I luoghi sono infiniti, i giorni,
ora, grappoli diradati.
Ritrovare l’orma è dono inatteso
quella di chi ci accompagnò è stria
d’ala tra neve e pietra.
Mi dici: il monte si è fatto più alto:
so invece d’essermi fatto io più piccolo.
Seconda partenza e promessa
Per una destinazione qualsiasi
si parte, quando scaturisce l’oriente
non conoscendo il nome delle stelle:
si perdono così le nostre tracce.
Senza vanto procedere
Senza vanto procedere, e senza
timore, una presenza dai troppi
occhi camminerà accanto,
un rumore di guerra
il frastuono del temporale
le campane, il canto, il silenzio.
Non comprendo di chi è la mano
che mi porta e che seguo.
Di poca, di antica luce
Sei tu? Sei tu, che vegliando ti sporgi
nella fessura dell’uscio, di poca
luce, di antica luce rivestita?
Ma come potrei riconoscere
delle dita il profumo di olibano
l’aura del tuo confine?
Sei tu, dunque, che vieni
a prendere, o a dare, la parola di passo,
a dirmi il canto che assolve la notte?
Di quale possesso, di quale nazione
Di quale possesso, di quale nazione
di quali guerre e nemici
qui non avrai timore?
Qui, dove puoi riposare
perché è con l’acqua
che laverò i tuoi passi, con la rugiada
la bocca.
È tuo il profilo
È tuo il profilo
che la finestre non sanno nascondere,
tua la mano che discosta le imposte
per offrire il boccone?
E chi, come la diffidente martora,
s’avvicinò e assaggiò e mosse
gli occhi come a dire è buono e ne mangiò
metà per fame metà per ringraziarti
prima che l’odore della foresta
la richiamasse a sé?
La latitudine non è indicata
La latitudine non è indicata,
tundre, deserti, erbose pianure
la follia dei venti sperde l’odore
del percorso.
Un vociare di cifre
dissimula la zolla consacrata.
Non riconosco le costellazioni
aspetterò il chiarore dell’aurora.
Non ha fine il tempo degli abbandoni
Ho seguito i tuoi occhi e i fianchi forti
come colonne del tempio. Hai detto:
non ha fine il tempo degli abbandoni
hai chiesto in dono il manto più solenne
il sonno e le mie ossa
ad uno ad uno sciogliendo i legami.
Sta la tua partenza davanti a noi
Che non vengano meno nell’ora della prova
i figli più dolci, i più silenziosi
i fratelli minori partiti nella notte
senza salutare le madri, senza
nient’altro che pane indurito e sale
di nascosto dai padri
che non tremino
alla prima ora dell’alba, nell’ora
del giorno se il giorno rinuncerà
a se stesso.
Àlzati ora,
fiducioso come dell’aria l’ala
Sta la tua partenza davanti a noi
seguine i passi, nell’ora dell’alba
quando la notte rinuncia a se stessa.
Attendo, dove non giungerà voce
Attendo, dove non giungerà voce
un arenile calpestato, tracce
di troppi percorsi
alla distanza di una gomena,
la marea cancella
segni di partenze, promesse
acque e deserti, il vento va contro
la direzione del respiro, cancella.
Anche il vento cancella
ma la parola insiste
non vuole perdersi
io ho camminato troppo
per ricordare i cento incroci
le vie non scelte
per dare un nome ad ogni albero
ed anche il mio, scritto sulle cortecce
recitato dai rami, cambia
e la mia ora cresce.
Oggi attenderai la pioggia
Pioverà, pioveranno acque
in ogni fessura, nei pori
nelle miniere, nei chiostri,
sull’erba che rinnova i palmi
negli ossari dove le orbite vuote
conservano pietà negli sguardi
pioverà sulla cenere, sul pane e sul sale
sul frutto che attende
non è questa terra di raccolti,
zolla e seme chiedono abbracci:
non oggi il passo stringerà la via degli equilibrî:
che fremano i venti della clemenza
e del rigore! Prudenza e ardore
ribollano nelle stesse acque
gloria e sconfitta avvolgano un solo rogo!.
Oggi
attenderai la pioggia,
ti laverai
con l’acqua senza fonte
che brucia come fosse fiamma
ogni lingua ogni cuore che non dica
carità, che non ripeta carità.
Notizia Bibibliografica
Alfredo Rienzi (Venosa, 1959), vive dall’infanzia a Torino. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, in Sette poeti del Premio Montale (Scheiwiller, 1993, con Prefazione di Maria Luisa Spaziani) a Notizie dal 72° parallelo (Joker Ed., 2015) Gli altri volumi Oltrelinee (Dell’Orso, 1994); Simmetrie, (Joker Ed., 2000); Custodi ed invasori, (Mimesis-Hebenon, 2005), sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti (pubblicata da Puntoacapo Ed., Novi L., 2011, in quanto autoantologia vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia). Ha tradotto testi da OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan Italia, Torino-Paris, 2004). Ha all’attivo collaborazioni e/o contributi creativi e critici con varie riviste e siti di poesia e letteratura nazionali ed ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Dell’Orso, 2011). Attualmente collabora con i comitati di redazione delle collane di poesia di Joker Editore ed è tra i collaboratori e sostenitori foglio letterario torinese Amado mio.
***
Nota di lettura
La silloge di Alfredo Rienzi si presenta innanzitutto come impasto polifonico: di molteplici soggetti e diverse fonti, alle quali possono alludere anche gli inserti in corsivo; dei “tu” che richiamano, più che un interlocutore unico, una carovana intera di viaggianti, e di diverse modalità di viaggio all’interno di assi di tempo che si intrecciano e sovrappongono. A questo fa riferimento l’autore stesso nella sua nota riferendosi al tempo “lineare, circolare, elicoidale”.
Il viaggio, sia come percorso iniziatico, ma soprattutto come necessità e via di fuga, comprende anche aspettative e ripartenze articolandosi in stazioni e includendo soste intermedie. Nella ideale ininterrotta carovana si avvicinano e allontanano i volti dei compagni ma vengono comprese anche le tracce di chi ha preceduto o di chi seguirà. E, proprio in considerazione della circolarità del percorso, alla sua (temporanea) conclusione potrebbe ritrovarsi proprio l’inizio, come suggerisce anche il primo titolo: Si torna dove si è già stati.
Mentre si compie così ogni ciclo del viaggio, la parola poetica testimonia non solo le allegorie, ma l’effettivo svolgersi di avvenimenti e storie: la siccità e l’attesa della pioggia, la partenza dei fratelli minori, le maree che scandiscono il tempo, le guerre e i nemici che lo preparano e lo inseguono. “Ma la parola insiste / non vuole perdersi.” Insieme al tutto permane la voce, le molteplici voci della polifonia, anche quelle che dovranno rispondere ai tanti interrogativi, quelle che non riusciranno a salutare le madri, e “[…] / ogni lingua ogni cuore che non dica / carità, che non ripeta carità.”. E, in particolare in questo caso, la voce coraggiosa della poesia, dell’autore che con gli strumenti propri del linguaggio poetico indaga e rappresenta la realtà.
Luigi Cannillo
Sono lieto e riconoscente per questo ampio spazio che mi avete donato. Mi piace molto la compagnia delle voci ospitate in precedenza e, certo, di quelle che seguiranno. Le parole di Luigi Cannillo dimostrano una lettura attenta e profonda, ed una comprensione sottile e precisa di questi scritti. Sono perfettamente consapevole, e un po’ prigioniero, delle inevitabili oscurità dei miei versi, e sono piacevolmente colpito dalla capacità di Luigi della chiarezza che vi ha saputo spargere.