Anticipazioni-Alessandra Paganardi

Pubblicato il 15 febbraio 2017 su Anticipazioni da Maurizio Baldini

Anticipazioni

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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Alessandra Paganardi

“MONOGRAMMA” – SILLOGE INEDITA (parte della raccolta inedita Il resto della vita)

***

Con un commento di Laura Cantelmo

Nota illustrativa

Fernando Pessoa scriveva all’incirca queste parole nel Libro dell’inquietudine: “Un paesaggio di campagna mi fa stare solo bene. Ma un paesaggio di città mi fa stare bene e male. Per questo lo preferisco.”

Dopo aver ricordato le intense parole di Pessoa, ho ben poco da aggiungere sulla mia scelta in merito a questi testi inediti. Fanno parte di un gruppo di poesie ispirate alla percezione che della città (e in particolare di due zone specifiche di Milano e immediati dintorni, il Corvetto e Chiaravalle) aveva la mia amata poetessa Antonia Pozzi. Ho già avuto occasione di ricordare in un incontro al MUDEC le circostanze che ispirarono la Pozzi nell’ultima metà degli anni Trenta e fino alla sua morte, avvenuta nel 1938: erano piccole trasferte di scoperta, d’amore e di solidarietà condivise con Dino Formaggio e dedicate agli ultimi, ai reietti della Casa degli sfrattati di via dei Cinquecento.

Questi testi sono nati lentamente, ma tutti di seguito (come ultimamente mi accade) e sono stati rifiniti più e più volte. Sarebbero tredici, ne propongo otto – il numero che mi è stato suggerito. Sono anche una riflessione sul compito, la fatica e il senso di fare poesia. Volentieri li presento al progetto “Anticipazioni”, ringraziando Milanocosa per l’attenzione e l’ospitalità.

Alessandra Paganardi

Monogramma

Ma pezzo muto di carne io ti seguo

e ho paura

pezzo di carne che la primavera percorre

con ridenti dolori.

(Antonia Pozzi)

Il tempo firma il bianco della fronte

come il morso di un angelo

spaventa la radice dei capelli

si appende nella gola

da piccola inseguivo le parole

erano loro a correre sul foglio

– gli occhi stavano fermi

granuli azzurri scappati dal cielo –

la chimica testarda del carbonio

non si stancava di rifare mondi

dove non ero stata mai prevista

li ritrovavo tutti in quel quaderno

tra la fronte e le dita – sempre nuovi

ibridati

*

parole mi fermentano in bocca

sono cristalli d’argento nel fango

bisognerà aspettare

che scappino dall’alto come fuochi

di San Lorenzo – aspettarle pazienti

con stupore d’amante che sorveglia

la gioia di una donna ­

sospendere la mano sopra il foglio

solo un attimo prima

perché ogni sillaba vi nasca viva

interrogare dal fondo del nero

la scena muta dell’alba

*

Lentamente il suo volto

scardina il mio pudore

è una conquista d’occhi

randagi fissi altrove

la gioia mi cammina sulle labbra

lo guardo mentre dorme

ha braccia di granito e di palude

l’odore dei suoi sogni

riempie di terra i solchi fra le nuvole

e le stagioni passano

mentre il cielo s’inclina

Il cemento corteggia la campagna

la rincorre affamato d’amore

entra nelle sue ossa

invade il fresco delle risorgive

il parto è qui

un prodigio di secoli immobili

un canto fatto pietra

le tombe fuori campo

degli annegati eretici

e dei benefattori inconfessabili

provo pena per questo dio di marmo

ci attira in una trappola di gioia

ci dissecca come binari morti

invidioso di noi

*

In ogni istante dorme la sua ombra

il doppio fondo scuro

bello soltanto da dimenticare

amo le tazze sbrecciate

le loro crepe familiari

dicono la fatica incandescente

dei tramonti nel chiuso di un solstizio

bevo a sorsi la luce prigioniera

giro attorno alla scheggia d’argilla

come quando sul secco del torrente

ripetevo il mio sogno d’autunno –

e passava la mente come un volo

*

Il baco fa più bella la sua mela

gonfia le vene di carne inattesa

dal ramo non sospetti la ferita

poi tocchi il frutto e lo senti più grave

più fragile come per troppa vita

e già ti viene tolto

quello stare sospeso dentro un niente

tra l’arco e la sua freccia

hai nostalgia della nota perfetta

l’attimo prima del suono

*

La tua schiena mentre t’allontani

è un trapezio di marmo

che conserva i pensieri

nella forma intangibile del cerchio

e la felicità vista di spalle

mare rinchiuso sul naufragio

si rimargina come una ferita

non potrà più far male

ho fermato il tuo passo nello scatto

prima che l’acqua e la pietra

diventino la voce del saluto

*

Ma tu stammi attraverso parola

nell’orbita da geco dei risvegli

senza riparo

stammi non vista alle spalle

abbraccio per la mente che rovina

nell’implacabile ora prima

restami spalancata nella bocca

dello stupore dell’amore della cena

buona di quando si è bambini

restami libro amico

rifugio caldo di ogni carta da gioco

scompaginata

confìcca dentro il fianco la parola

come dopo una corsa

si fa stella il dolore

rimani non più io non più voce

non più corpo invadente

che per essere sempre

vuole essere solo

*

Notizia Biobibliografica

Alessandra Paganardi, nata a Milano nel 1963, vive, insegna e scrive a Milano. Raccolte di poesie: La pazienza dell’inverno, Puntoacapo 2013 (premio Operauno), Tempo reale, Joker 2008 (premio San Domenichino 2009); Ospite che verrai, 2005 (ristampa 2007). Plaquette: Frontiere apparenti, Puntoacapo 2009; Vedute, Ibiskos Ulivieri, 2008; Binario provvisorio, Seregno 2006; Potevamo dire l’assenza, Crimeni, 2005; Espansioni, Il club degli autori, 1998. Saggi critici, aforismi e narrativa: Breviario ,Joker 2012 (menzione speciale “Torino in sintesi” sez. inediti, 2010); La magnolia contro le persiane, in AAVV, “Milano per le strade: racconti”, Azimut, Roma 2009; Lo sguardo dello stupore: lettura di cinque poeti contemporanei, Viennepierre 2005, (finalista “Nabokov” 2008). Ha ottenuto riconoscimenti in numerosi concorsi per editi e inediti, fra cui i primi premi: “Europa in versi” (2016); “Alda Merini” (2013), “Astrolabio” (2009), “San Domenichino”  (2009 e 2007), “G. Gozzano” (2007), “D’Annunzio e la Versilia” (2007), “Dialogo” (2003). Ha pubblicato testi su vari blog e riviste, partecipato a rassegne ed eventi, svolto diverse collaborazioni editoriali. È presente nella redazione della rivista letteraria internazionale “Gradiva”.

*

Nota di lettura

Citando Pessoa, Alessandra Paganardi ci introduce alla silloge “Monogramma” scegliendo come campo di ispirazione, tra città e campagna, la prima, in quanto luogo che “la fa stare bene e male” al tempo stesso. Con l’orecchio teso al canto della sua amata poetessa, Antonia Pozzi, che nella periferia milanese coltivava attivamente l’amore per gli ultimi, nonostante il suo profondo legame con la natura, Paganardi intraprende un viaggio nell’indicibile. Tale è la fatica di esplorare la scrittura, la sua poesia stessa per individuarne l’origine, la nascita dell’ispirazione, “la fatica e il senso del fare poesia”.

Città e campagna si ritrovano intrecciate in immagini che percorrono la storia della dedizione allo scrivere. Al centro, sempre, la gioia della creazione, un’esperienza di amore fisico, che nasce nella giovane età come germinazione spontanea, quasi precedendo il pensiero, per poi giungere, col tempo, a una consapevolezza che frena l’impulso della parola “perché ogni sillaba vi nasca viva”, attingendo la luce dell’alba dal fondo dell’inconscio. In controluce balugina l’ombra di Antonia Pozzi, in un’alternanza di dolcezza e di rigore, nella scelta delle immagini che vanno dalla pietra (la durezza del marmo, del granito, delle tombe, la ceramica sbrecciata) alla varietà dei paesaggi dove l’acqua è ora statica palude, ora gorgogliante risorgiva: “il  parto è qui”. Anch’esso esperienza liquida, che dà vita a un canto che ha l’eternità della pietra.

Una scrittura, quella che si dispiega in questa silloge, che si muove spesso in una profonda oscurità, tra classici endecasillabi, settenari e versi più liberi, dove paiono accendersi  le luci del significato nella trama di immagini che si muovono dalla staticità melmosa della palude alla gioia impetuosa del torrente. Ed è in tale movimento che nasce questa poesia.

Laura Cantelmo

3 comments

  1. Alessandra Paganardi ha detto:

    Ringrazio Laura Cantelmo per aver colto, in pochi sensibili tocchi, quel bisogno di coniugare divergenza e rigore che ci fa scegliere maestri in cui riconoscerci. Amici distanti, direbbe Blanchot, e proprio nella distanza si dà la profondità della relazione. Grazie!

  2. Una prova provata, questa di Alessandra Paganardi, della tenuta della poesia che ancora fa leva tenace sul significante e riesce a comunicare con lessico incisivo e potenza metaforica ogni inquietudine dell’oggi. Echi e suggestioni dalla quotidianità si intrecciano sapientemente con il dolore delle ferite urbane da emarginazione, presenti nel testo seppure non circostanziate, evocando una salvezza possibile solo attraverso la parola; la parola come quella di Antonia Pozzi qui riecheggiata, quella detta e scritta con umanità e amore.

    restami libro amico
    rifugio caldo di ogni carta da gioco
    scompaginata
    confìcca dentro il fianco la parola
    come dopo una corsa
    si fa stella il dolore

    Annamaria Ferramosca

  3. Alessandra Paganardi ha detto:

    Grazie Annamaria…so che anche la tua parola poetica è particolarmente sensibile alle solitudini e alle enmarginazioni di cui spesso non ci rendiamo conto!Credo che ogni poeta sia, a modo suo, prossimo al dolore.

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