Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Dopo una diecina di Autori coinvolti in questa sorta di operazione antologica, quale è Anticipazioni, credo si possa rilevare tra le forme poetiche pur molto diverse selezionate, una tensione di senso comune, che mette al centro la (o parte dalla) propria esperienza e/o identità, quale immagine mobile intrecciata al divenire della storia umana condivisa. Il poìèin, se posto su tale crinale del singolo e di una comunità, può esaltare il suo fare metamorfico. Che vuole comunicare (col senso di mettere in comune, come inteso da Antonio Porta) e non chiudersi in un cerchio intimistico e autoreferenziale (come molta poesia odierna), dentro la tensione originaria del suo ramo più ricco e dantesco, di contribuire all’interminabile percorso di seguir virtude e conoscenza.
E di tale ricerca sono un esempio anche i versi che seguono
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Alberto Bertoni
Testi dalla raccolta inedita “Fischi d’inizio”
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Con un commento di Adam Vaccaro
Nota di poetica
La poesia per me è un fare mentre la faccio, però prima di tutto è un fare quando riesco a leggerla nel modo giusto, facendo silenzio dentro di me ed eseguendo la sequenza verbale che la compone come se fosse una partitura musicale, vale a dire un impareggiabile impasto di ritmo, tono, timbro e senso logico delle parole. La poesia come decisivo, irrinunciabile meccanismo comunicativo, nel quale pesco anche un senso della mia interiorità più profonda. Fare oggi affermazioni del genere può esporre anche al ludibrio dell’anacronismo e dello snobismo. E la cosa, con l’autoironia dovuta, non mi dispiace poi troppo.
Quando scrivo poesia entro davvero nella dimensione di forgiare il linguaggio che mi affiora prima alla mente e poi alla bocca, coinvolgendo: idealità, sistema di valori e livello inconscio; un’esperienza molto più vicina di quanto si pensi a quella del gioco, che produce un senso moltiplicato, fatto di significati, di suoni che non smettono di risuonarti tra lingua e orecchio.
Alberto Bertoni
Fischi d’inizio
Partita d’inverno
Questi sedici gradi di scirocco
pieno febbraio come quando
appassionati partivamo per lo stadio
seppelliti di sciarpa e di cappotto
massaggiandoci il naso congelato
l’attimo strano prima del fischio
ogni nostro conto arrotondato
a un eterno zero a zero
il mondo puro resto
in lentissimo adagio
Per l’ultima volta in città
il centrattacco e il marinaio
sono la favola, il fuoco del dettaglio
nel cervello sgominato di questo
scivolarsi via di lato
Baci
Le lumache le ostriche le rane
non ti piacciono tanto
anzi le odi
e dei Baci al cioccolato bianco
neanche parlarne
ma l’immagine diletta tornando a rimirare
nasce l’amore
annuncia quello che per sbaglio
un giorno piovoso e lontano
hai scartato
e che al tuo posto ho divorato
in un unico morso senza sguardo
mentre tu volavi a scuola
col solito minuto di ritardo
ma soprattutto senza di me, caduto intanto
nell’eterno mutismo di mia madre
curva da anni e da anni implorante
di non morire sapendomi solo
Di te, però
l’improntitudine e lo slancio
aveva amato
l’inizio e la fine del discorso
Una visita a Venezia
Nel buio dei Carmini fuggiamo
dal sole già durissimo di maggio
senza sapere che Carmelitano
era perfino sant’Alberto
ormai da qualche secolo sdraiato
nel quadro a destra dell’ingresso
Dopo poco ci cacciano
perché nulla, se c’è Messa, possiamo
tanto da ritrovarci in mezzo al Campo
Lotto anche lui negato
mentre tu se non altro ci hai provato
a buttarti in ginocchio
per ingannare il cerbero
che impugna un cartellino rosso
non troppo immaginario
davanti al disincanto di me
Alberto modenese odierno
ma tutto fuor che santo
Laico, disancorato, vuoto
di argini e confini, topo
in crisi d’equilibri,
sul canale
Cose
Una volta, in epoche lontane
ho scelto il mio divorzio dalle cose
Le compro, mi cadono, ne rompo
gli involucri di base
o appena posso le butto
negli antri del pattume
e se non posso volentieri le accompagno
a un trasloco di senso e di ruolo,
quando mi sento l’uomo
più adatto a conquistare
l’assoluto non essere che sono
Ma come sanno vendicarsi, loro!
E un inciampo improvviso del tono
mi scioglie in questo roco
sprofondo della voce
parla al mio posto
dall’angolo di fiordo più remoto
Un altro giorno è andato
Per fare una qualunque cosa,
tipo: compiere un gesto,
leggere un testo
e neanche pensare a uno scherzo,
nel mondo tecnologico, glocale
e molto burocratico di oggi,
antefatti e postfatti bisogna
prima soppesare e valutare,
organizzazioni domestiche, finalità
o sistema economico nel quale
quel gesto quella qualunque frase
s’incastrino e dimostrino obbligati, per esempio
il tuo recarti ogni mattina presto
a comprare due giornali, berti
il primo caffè leggero, fatto da cinesi
perché il cuore non acceleri di colpo…
O leggere ore dopo Dylan Thomas
si dimostri e senza tema di smentita accerti
che non reca nocumento alcuno
al nucleo familiare, al ruolo
che ricopri nel mondo e insomma
al mansionario da cui viene regolato
ogni passaggio in totale accordo
con le norme più sicure di volo
Ma soprattutto che non sia tu stesso
col tuo sogno fuori tempo e luogo
a bloccare le valvole, lo sfogo
Epifania
Tu, proprio tu che mi scandisci dritto
Gilberto! nell’orecchio sinistro
col tono misto di apprensione e di fastidio
destinato da sempre al tuo uomo
e molto più di rado anche a me stesso
Tu che vuoi togliermi dal poco,
stentato sonno del rovente pomeriggio
e costringermi a un salto in corridoio
per metterti meglio a fuoco
in una luce di passato
le scarpe a mezzo tacco
il prendisole chiaro
E per guardare cosa fa Gilberto
magari un po’ distratto
dall’appartamento dove abito adesso
così diverso dal nostro di quel tempo
tanto più povero e più sciatto
Gilberto detto Gil,
lontano un passo
dall’addio con tanto
di bacio e
travolgente abbraccio
che mai e poi mai avresti sopportato
Invece, nessun profilo,
ombra di persona
senza dar segno la gatta curiosa
che sia filtrato un alito
un tremito di vento
dalla fessura che ferisce il buio
scacco matto del sole al pavimento
Gente di Modena
Il cielo sembra incerto, oggi
non azzurro ma nemmeno brutto
e in piazza Grande divampa il chiacchiericcio
delle Madri Teste Grigie in conflitto
col vuoto integrale di persone,
alberi e cose
Frettoloso, refrattario
non so più come salvarmi
né da quale
forma diversa di solitudine
nel mattino opaco
e breve come un polline
all’ombra biancastra della torre
quell’attimo che pende
sul selciato
Giocare oltre l’umano
vendere, comprare
e mai, mai finire di sperare
noi cani sciolti alla canicola
mentre rimbalzano le sfere
vicinissime al chiodo di questa
ora contraria e fuga
Gente così di Modena
Metamorfosi
Una delle prime cose che farò
quando tutt’e due saremo alberi
sarà dimenticarti
ma senza whisky e senza psicoanalisi
No, saprò dimenticarti
donando le foglie più casuali,
ribelli, irregolari
alle schiere di passeri sui rami
e – vedrai – saprò dimenticarti
come ho già dimenticato
gli immani soffi atlantici
le diastoli e le sistoli del mare
che si tende o si apre
di sei ore in sei ore
così che ogni giorno quattro volte
avanza e si ritira
Io e te con le facce come
cortecce di rughe,
buchi da sembrare tane
e radici del buio più profonde
io e te saremo entrambi bravi
a dirci come siamo stati
portatori nel complesso sani
d’abbandoni e resistenze
E così, rimanendo tali e quali,
fruste di salici, ali
potremo all’infinito ricordarci
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Notizia biobibliografica
Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955 e insegna Letteratura italiana contemporanea e Prosa e generi narrativi del Novecento nell’Università di Bologna. In poesia, dopo una serie di opuscoli, libretti, plaquettes inaugurata nel 1981, ha esordito con il volume Lettere stagionali (Book Editore, Castel Maggiore (BO) 1996, nota di Giovanni Giudici), a inaugurare una sequenza di sette libri, conclusa fino a oggi da Traversate (SEF, Firenze 2014, prefazione di Paolo Valesio).
Le sue principali tradNotizia Biobibliografica autore inoltre delle antologie Poesia della traduzione (ivi, 2003, in collaborazione con Alberto Cappi); e Trent’anni di Novecento. Libri italiani di poesia e dintorni 1971-2000 (Book Editore, Castel Maggiore (BO) 2005). Con il poeta Enrico Trebbi e con il saxofonista e autore jazz Ivan Valentini, ha partecipato ai CD La casa azzurra (Mobydick, Faenza 1997) e Viaggi (Arxcollana & Book Editore, Castel Maggiore (BO) 2001). Con lo stesso Valentini e col pianista jazz Michele Francesconi ha infine inciso, nel 2012 per Mobydick di Faenza, I giorni assenti.
Per Book Editore dirige le collane di poesia contemporanea “Fuoricasa” e “Quaderni di Fuoricasa”; per il Corsiero Editore la collana “Strumenti umani”. Suoi testi sono stati tradotti in russo, inglese, francese, ceco, ungherese e romeno. Una sua antologia poetica è stata tradotta e pubblicata in lingua spagnola: El guardian del lugàr, Biblioteca fip, Granada 2010.
Sul versante critico, è autore di diversi articoli, interventi militanti, saggi e volumi di argomento novecentesco. In particolare, si devono ricordare i libri curati per le edizioni del Mulino, dai Taccuini 1915-21 di Filippo Tommaso Marinetti (1987) al lavoro metrico Dai simbolisti al Novecento. Le origini del verso libero italiano (1995), fino al “manuale” La poesia. Come si legge e come si scrive (2006) e a La poesia contemporanea (2012), cui si possono aggiungere Montale, in conclusione (2014) e Scrittori da un ducato in fiamme (2016).
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Nota di lettura
Tendo a sintetizzare con canti del disincanto la ricerca espressiva di Alberto Bertoni, offerta anche con questi inediti. Entro tale ossimoro vengono sapientemente svolti, snodati, denudati, punti e appunti del percorso oltre la pagina del soggetto storicoreale. Il quale sa donare al soggetto scrivente distacco e intime confessioni, ironia e autoironia, solitudine e condivisioni. Tutto impastato in un’aura densa di saudade emiliana. Il singolo, se chiuso in sé, è frutto e causa di una società decantata dell’ideologia dominante solo come somma di individui. In cui viene ridotto “ogni nostro conto arrotondato/ a un eterno zero a zero”. È un conto fatto da una postazione “davanti al disincanto di me” di “Alberto modenese odierno”, “Laico, disancorato, vuoto/ di argini e confini, topo/ in crisi d’equilibri”
E se pure “Una volta…/ ho scelto il mio divorzio dalle cose/…lo sprofondo della voce/ parla al mio posto/ …nel mondo tecnologico, glocale/ e molto burocratico di oggi”, “col vuoto integrale di persone, alberi e cose”, “forma diversa di solitudine/ nel mattino opaco/…all’ombra biancastra della torre”. La distanza dalle “cose” (in particolare dalla fascinazione/sudditanza psicologica delle cose tecnologiche, per cui tradurrei qui “autonomia”) favorisce adiacenza al respiro profondo, alla Cosa che intreccia singolo e collettivo, visibile e invisibile, verità e falsificazione, fuori e dentro la poesia.
Versi limpidi e caleidoscopici che riguardano chi scrive e la comunità vicina-distante – “Gente di Modena” – in cui vive. E allora, in questa solitudine scelta/respinta, “Giocare oltre l’umano” attuale del “vendere, comprare/ e mai, mai finire di sperare/ noi cani sciolti alla canicola/ mentre rimbalzano le sfere/ vicinissime al chiodo di questa/ ora contraria e fuga”, noi “portatori nel complesso sani/ d’abbandoni e resistenze”.
Versi di un Io che, ridotto da es-plosioni del bisogno di rottura degli scudi e di dire, crea così un’adiacenza sospesa, che brilla più nella polvere acre della strada che in quella di una stanza. Versi che, senza gridare o piangere, parlano ben oltre il cerchio di una provincia, parlano di tutte le identità trafitte e tradite dal pensiero unico neoliberista, che non è un cloud, una nuvola sospesa, ma terribile ideologia sulle gambe di coloro che sono al suo servizio.
Versi di un gesto di ricerca di bellezza, non in cielo ma qui e ora, in re, avvolti e travolti dal moto immobile in cui respiriamo e ci riconosciamo, mentre diciamo: Un altro giorno è andato. Mi vengono in mente i versi di Nelo Risi: “Il nonrisolto il circoscritto/ anni gracili un’aria senza moto/ con tutto il freddo addosso” (“Né il giorno né l’ora”).
Adam Vaccaro
Riporto di seguito due commenti di Alberto Bertoni con una risposta da parte mia, postati sulla pagina FB di Milanocosa. Credo siano meritevoli di interesse per i lettori che non si collegano in FB – saranno pochi, ma ci sono ancora.
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Ti ringrazio di cuore, Adam, hai fatto un lavoro editoriale e soprattutto critico a mio parere bellissimo, Alberto
1 · 2 febbraio alle ore 16:20
Caro Alberto, sono felice del tuo riscontro alla mia lettura, fatta come sempre – come sai – in autonomia e onestà, o per usare mie categorie, con adiacenza di testa-pancia-cuore
Commento di Adam Vaccaro · 3 febbraio alle ore 16:28
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Caro Adam, ribadisco il mio grazie di cuore e naturalmente ho condiviso il post su fb, per i miei circa 4800 amici. un abbraccio, Alberto