Omaha
Guernica aveva il cavallo bruciato nel rogo nemico.
Un urlo segreto tracimava lungo il dolore
ben oltre le rive del quadro.
Omaha, non consegna l’orrore della guerra;
la sabbia gialla, cancella l’arcano lumescente
quando la marea chiude allo schiumare del giorno.
Il buio è il grido
dove la morte danza all’orizzonte di croci.
E la luna questa sera aiuta molto.
Potevamo riparare dietro le quinte
di una tragedia e dimenticare.
Ma tutti tacevamo, perché come loro
avevamo attorno al corpo
un filo spinato che faceva male.
Silenziosi gli occhi trasgredivano la paura.
Eravamo in quel mentre soltanto spettatori.
Così non ho avuto pietà di loro, ma di me,
incapace di amare per amore,
pensando che l’amore più forte
passasse come la morte al di sopra di tutto,
con occhi bassi e incerti.
Allora pensai a mio figlio.
Umana miseria, miserabile uomo che sono,
quando incontro questa soglia impenetrabile
all’odore del corpo,
dove non vedo, non sento, non tocco la pelle altrui
come la mia, per stare bene.
Io vivi pensavo
E invece muoio,
piano.
Il tempo
In pochi,
pavidi istanti
ho attraversato l’autunno,
ho lasciato a un sogno remigante
collane adagiate lungo queste sospensioni:
Eco
Attesa
Orizzonte
Contrasto.
Il tramite è qui, nell’ora attratta
dai primi fili di luce.
Poi la sottrazione verso oltre.
Si separano le sfere di ametista
Avanti questo clivo, dove fu,
è
e sarà la nuova configurazione del segno,
senza la quale
nulla
potrebbe…
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