M. Macario

Il rumore della nebbia – Mauro Macario

Pubblicato il 16 settembre 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

AI GUERRIERI SENZA SPERANZA

Adam Vaccaro

Mauro Macario, Il rumore della nebbia, puntoacapo Ed.. 2023, pp.80, € 12

Questo piccolo grande libro esalta i fuochi di sensi che Mauro Macario inanella lungo tutto il suo percorso espressivo. Confesso di esserne entusiasta tifoso, poco adeguato a un distacco critico, ma non può essere altrimenti per gli echi di una Musa e una musica, cui in anni lontani ho dato il nome di Adiacenza.
La raccolta è stata dettata da una concentrazione creativa – specifica l’autore in una nota – tra febbraio e marzo di quest’anno. E già questo rovescia tante remore che invitano chi scrive versi a por tempo in mezzo e raffreddare il canto che sale in gola prima dargli forma. Un suggerimento certo utile, in certi casi, per la ricerca della migliore condensazione e intensità. Ma il poièin non fa che smentire ogni suggerimento normativo assoluto al suo progetto ignoto, per cui altre volte ci grazia di versi perfetti, che sembra siano frutto solo del tempo emozionale breve al fondo del loro fiorire, mentre in effetti, quei risultati sono l’epilogo di tutta la vicenda creativa precedente di un autore.
Ho ricordato altrove l’aneddoto di quel compratore di un’opera di Picasso che ne lamentava il costo, obiettando che per la sua realizzazione c’era voluta solo mezz’ora. Al che Picasso rispose: no, per creare quest’opera ci sono voluti quarant’anni più mezzora.
Anche i versi di questo libro nascono solo apparentemente in due mesi, perché, anche senza conoscere il percorso precedente di Mauro, è impossibile siano il frutto di soli due mesi, così innervati e vibranti – come dice nella Prefazione Marco Ercolani – nella loro congiunzione o con-fusione al calor bianco, di pensare e sentire, con una tessitura di cesure e continuum, dal sapore diaristico e poematico.
Sono testi che nascono e vivono nell’indicibile cui il poeta dà il nome di nebbia, con rumore costitutivo di una diade che non è semplice metafora, ma essenza, immagine metonimica del contesto. Del quale è implicita denuncia della sua cacofonia consustanziale alle derive che produce e in cui stiamo scivolando catatonici – come la famosa rana, ignara e bollita in una pentola libera e mortale. E alla quale i versi contrappongono la loro musica.
Ne scaturiscono squilli di avvisi, per chi ha orecchie, resistenti a un contenitore di buio accecante e silenzio assordante, rispetto al quale solo alcuni si affannano a resistere, al pari del tenente Drogo chiuso nella Fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari buzzatiano. Nel breve orizzonte temporale non ci sono concrete possibilità di vittoria sui noti-ignoti scenografi del destino e declino in atto, i quali possono deridere e appellare con epiteti squalificanti i guerrieri solitari che saltano su punte luminose e lancinanti, come le scarpette su cui si libra una etoile. Guerrieri danzanti che non si arrendono, cui questo libro offre un esempio di canto ed epica moderna.
È di pochi poeti offrire un taglio spietato e disincantato che ci fa saltare da un verso all’altro, da orrori senza fine a delizie di una vita che resiste e non smette di rinascere.
“Navi da guerra spumeggiano/ al largo/ incrociando il destino/ su mine vaganti/ morire per la patria/,,,/ Motoscafi Riva/ in volo sull’acqua/ esaltano i primi bikini/…/ C’è di tutto in questo mare/ elmetti incrostati di corallo/ l’estasi della rinascita/ giovinezze sbudellate/ …/Una fauna esotica/ concima le coscienze/ in un acquario necrotico/ tra oblio occidentale/ e romantiche adolescenze/ un disordine perfetto/ uno stile di nuoto/ per restare a galla/ tra rimpianti canterini/ e grida di soccorso/ morire di letargia” (Crociera forza sette, pp. 13-14)
Ma non sono solo frecce avvelenate contro le ignobili crociere di guerra che ci stanno disegnando il futuro, perché il testo è in effetti il libretto di un’opera concertante, che non si accontenta di scagliarsi contro le ignominie del mondo in cui viviamo, deve dare voce anche agli incubi umanissimi creati in noi mentre incrociamo panfili, portaerei e zattere disperate nel mare-caos che ci regala le sue schiume. E allora occorrono altri tasti, oltre il sarcasmo e l’invettiva, risuonano accenti di scorticante autoironia, che ampliano i sensi con capacità di alleggerire l’orchestrazione, anche se elencano sbocchi privi di salvezza.
Questo il pregio della poesia autentica di questo libro, che sa rovesciare come una clessidra l’angoscia, facendone un fiore, seppure di sapore amaro e marcescente. La maestria dell’Autore sa trasmutarla in un fiore, anche se sa di sangue, cuore trafitto, intelligenza tramortita e calvario – tanto da far ricordare il pirandelliano uomo dal fiore sulle labbra – che tuttavia non produce in noi un ripiegamento lamentoso, perché esplode la coscienza della ricerca e dell’urgenza collettiva di un’uscita da quella pentola.

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Ballerina di fila – Mauro Macario

Pubblicato il 7 aprile 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Mauro Macario, Ballerina di fila, puntoacapo ed., Pasturana 2021

Figlio del grande comico Erminio Macario – “il Commendatore”, capocomico della Compagnia di giro che nella finzione non ha legami parentali con Marco, il giovane protagonista – Mauro Macario entra nella trama di questo romanzo autobiografico, che lui stesso definisce necessario, con la bruciante intensità e l’amarezza che caratterizza ogni suo scritto, a partire dalla fitta produzione poetica la cui alta qualità e originalità sono ormai ampiamente riconosciute. Una storia animata dalle dinamiche relazionali di una frequentazione quotidiana segnata da umanissime vicende, da affetti e amori più o meno fugaci, da amicizie, rivalità e solitudini lenite dalla tenerezza di improvvise intimità – tale era la vita quotidiana di una Compagnia di giro.
Il romanzo intende conservare la memoria storica degli anni in cui il genere teatrale d’intrattenimento chiamato Varietà assumeva i caratteri del Musical, che da noi si chiamò Rivista con un’intonazione meno grandiosa, rispetto allo spettacolo statunitense, che conservava, però, la dignità del teatro drammatico. Spettacolo d’evasione per eccellenza, che gareggiava con la magia del cinema, grazie all’emozione della vicinanza, della gravitas del corpo, della duttilità vocale di coloro che agivano sulla scena. Torna alla mente il felliniano Ginger e Fred (1985) che metteva a confronto la poesia di quel mondo con la volgarità della scena televisiva. Questo lo scenario del romanzo di Mauro Macario, che di quel teatro restituisce la genuinità e la serietà entro l’esperienza di vita palpitante di legami affettivi – ora profondi ora effimeri – e di fragili speranze. Nella cerchia degli affetti spicca la presenza del “Commendatore”, il cui demiurgico sguardo tutto vede, riuscendo, grazie al suo carisma, a conservare l’unità e l’armonia in quella temporanea famiglia costituita dalla Compagnia. Figura, la sua, che pur restando sullo sfondo, è circonfusa dall’alone mitico che un figlio molto amato riserva a un padre tenero e imprescindibile.
Tra le incertezze e le emozioni dell’esordio teatrale del giovane Marco irrompe una ballerina oggetto del desiderio vicenda personale di struggente intensità, la storia d’amore con Erika, ballerina di fila, che diviene il nucleo centrale nella trama del romanzo. Un’operazione di memoria intesa a fare i conti con un passato che assumerà nella conclusione le dimensioni di una tragedia.
Come si conviene a un romanzo di formazione, l’improvviso affacciarsi dell’amore all’orizzonte di Marco delinea lo sbocciare alla pienezza della vita e, in quanto esperienza suprema, sottolinea il passaggio dal bisogno di assoluto dell’adolescenza alla presunta “misura” della maturità. Il padre e altre figure minori che ruotano intorno a quell’evento rappresentano la cerchia di rapporti all’interno della quale si celebra quel distacco.
Nella quotidianità di un genere di spettacolo che si muove tra il comico e il poetico, la passione divampa, come comprensibile, in un alternarsi di momenti di felicità e di dolore, tant’è che la acerba rimembranza dell’amore di Marco si muove dentro la costellazione delle altre relazioni, inevitabilmente precarie e in quanto tali segnate da un senso di perdita. Vale a dire che il piano della realtà, costituito dal lavoro e dalla vita degli attori, si confronta specularmente con la dimensione onirica tipica dell’adolescenza in cui si muove Marco, con il timore della perdita dell’amata.
L’Autore sottolinea con grande efficacia l’unicità esaltante, dolce e tragica, dell’amore, l’estasi del sesso, i fremiti di paura dell’abbandono, elementi che lasciano presentire un finale amaro. Simbolicamente, infatti, è una tragica catastrofe a decretare il crollo delle illusioni e perfino la fine della Compagnia. Un improvviso incendio riduce tutto in cenere, dalle attrezzature ai costumi di scena, insieme ai sogni e alle illusioni già declinanti di Marco. Una svolta netta, che con molta crudezza e con continue dissolvenze condizionerà per sempre la sua idea della vita: “di una cosa era certo: se non l’avesse più rivista sarebbe andato incontro a un’esistenza desertificata, per molti chiamata, con orgoglio, maturità.”
Affinché quella storia perdesse quanto di unico e di assoluto che, pur col passare del tempo, ancora tormentava le fibre più intime di Marco, il poeta Macario ha voluto riprenderne in mano il filo, per ritrovare la ragione di quel travaglio, liberando quanto ad esso ancora lo vincolava. Richiamando in vita la memoria della felicità di quei giorni – atto catartico pari all’incendio finale del romanzo – tenterà di cancellare il deserto che inaridiva il suo essere.
Non conosciamo l’esito di quella operazione, ma la conserviamo per riflessioni future, poiché resta in sospeso la non trascurabile domanda sullo spazio che la vita matura può davvero riservare alla felicità degli umani.

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Piccole infinitudini – Mauro Macario

Pubblicato il 16 gennaio 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Il sorriso perduto dei padri nella palude del presente

Adam Vaccaro

 

Mauro Macario, Piccole infinitudini, puntoacapo Ed., 2022

Un libro necessario in questa stagione buia, pregna di falsificazioni del neoliberismo globale che deve spacciare paure sul suo piatto di bontà, verità e scienza, ponendo sull’altro squalificanti ismi per chiunque sollevi critiche o ipotesi di un pensiero diverso. Un utero ideologico dai caratteri di fondamentalismo religioso, vestito di progressismo accreditato di sinistra. Il che implica la desertificazione di una aggiornata azione critica del capitalismo, che lascia alle Destre praterie di bisogni insoddisfatti dei più, entro crescenti orizzonti di guerre tra più teste imperialistiche, con rischi letali per i destini dell’umanità. Ma sono solo bilanci di catastrofismi e cassandre deliranti, e il problema è risolto.
Questo libro offre lampi di luce in una lingua vietata e inattuale, nel diluviale bla-bla massmediale di sacerdoti officianti una democratura sorretta da protesi tecnologiche e finanziarie, mai così potenti e tendenti a generare hybris e schiavi felici, entro una caverna platonica che appare senza uscita.
A questa sorta di grado zero del tempo-storia, i versi di Macario offrono denunce e sarcasmi, tra evocazioni di un tempo perduto e spiragli di aperture, di una mente di più menti, che possa – a partire da piccole infinitudini – dare nome alla Cosa cui la storia umana è pervenuta. Versi che fanno domande rivolte in primo luogo al passato, personale e collettivo, in cerca di qualche risposta. Come fare, come trovare guide per dire lo smarrimento e il dolore vissuto dai più, senza cadere in ripiegamenti piangenti, facendone anzi moti di uscita, speranza e utopica rinascita?
C’è un non detto: cosa è successo e come abbiamo potuto perdere il sorriso e la visione positiva di futuro consegnato da padri e madri, usciti stremati dall’ultimo eccidio mondiale? Siamo una generazione fallimentare di illusori rivoluzionari, che ha ucciso insieme padri e futuro, tra frenesie di idiotismi tecnologici? Macario parte dalla carne e dall’anima, custodi di lampi di gioia donati da coloro che ci hanno dato la vita. Perdite primarie, metafore, metonimie e simboli della totalità rubata da un tempo-Crono che mangia memorie e menti.
Tra le perdite richiamate dal libro ci sono Leo Ferré (Il maestro, pp. 54-55): “mi hai svegliato poeta”, e l’ombra del padre Erminio: nomen omen con macarius, felice in latino. Memoria di sorrisi cui Mauro offre un controcanto impietoso del conto imposto alla gioia ricevuta: somme di “sguardo stanco di tutto e di tutti/ sentirsi abbandonati dalla morte/ di chi avresti ancora bisogno (Lezione di guida – p.29), mentre “Gesù/ ha dato le dimissioni/…/ Marx ha fatto di peggio/ ha incendiato i quartieri poveri/ le Case del Popolo/ ora è un blogger onlenin” e “Bakunin/ annega suicida nella Senna” (Trinità – p.45).
La conta delle spese e dei presagi (mio verso, eco di questi suoi) impone di dirci allo specchio: “Noi siamo un mondo finito/…/ l’onda anomala ricopre un’epoca/ derubandola di un antico tesoro”, e sta sola nelle nostre mani la possibilità di evitare “la rotta che conduce all’abisso” (Testamento collettivo – p.40-41). Il testo lancia SOS, senza scialuppe e cutter, tra teleintimazioni di carità drogata, bastano 9 € al mese!: “Qui sono qui/ non posso muovermi/ ho il buon senso/ fratturato in più punti/…/ respiro a fatica/…/ ogni dieci minuti/ un’armata di spot/ suona la carica/ Custer non è morto/ Dona Ora/ al 4558022/ mi svena la carità/,,,/ portate i cani/ seguite i miei lamenti/ sto per diventare/ un promoter di televendite,” (Appello urgente, pp.46-47).
“Basterebbe Cavallo Pazzo/ un urlo di guerra/…a farla finita/ con la nuova America/ / Abbiamo bisogno di poco/ e non abbiamo niente/ l’America è in ogni paese/ del mondo/ genocidio delle identità/ locali/ fatte a pezzi e svendute/ negli empori dei rigurgiti/ tra clienti artificiali/ senza essere affamati/ saccheggiano l’eccesso/ con furia eucaristica/Il Grande Spirito/ serve solo a smacchiare” (Ghost dance – pp.38-39).
Mauro ci dice coi suoi versi, basta chiacchiere al vento, veniamo al punto con parole che regalino almeno un po’ di dignità e verità ai mali e alla nostra intelligenza: “Sulla soglia del nulla/ voglio solo ricordi cattivi/…/ per non rimpiangere/ la vita che lascio” (Black pass – p.92); “Alla fine dei conti/ bisogna ringraziare/ i propri carnefici/ ad ogni taglio inferto/ invece di sangue/ è uscita poesia” (L’autore ringrazia – p.91).

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Anticipazioni – Mauro Macario

Pubblicato il 25 gennaio 2022 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Mauro Macario
Inediti 2021
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Nota di lettura di Laura Cantelmo
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Nota di poetica
La poesia è preesistente al compito in classe. Ritengo davvero intrigante la protopoesia, l’evento che la determina, quasi sempre ignoto al lettore. Ogni poesia ne contiene un’altra, incompiuta, embrionale, extrauterina a rischio abortivo, anzi che non verrà mai alla luce. Io sono lì, in quell’interstizio. La poesia non è un’esclusività del mondo letterario come vorrebbero gli accademici, perché alla poesia non importa la scocca, il veicolo che s’intende usare per animarla e rappresentarla. Non è la provenienza unilaterale che la certifica. È la poesia che decide quel giorno dove andare, con chi uscire, a chi concedere la chiave d’entrata. Tutti i pascoli interdisciplinari si aprono al suo passaggio. A proposito del momento creativo della scrittura, il mio Maestro e amico Léo Ferré diceva “Je suis dicté“, il cui senso suona così “Sono dettato“ – “Vengo trascritto“. Il suo genoma è anarchico. Le poesie presenti appartengono a una raccolta intitolata Piccole Infinitudini, che sto terminando e che verrà pubblicata nel 2022.

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La poesia di Mauro Macario e Antonio Spagnuolo

Pubblicato il 8 ottobre 2019 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

Via Laghetto 2 – Milano

23 ottobre 2019 – h. 17,30

 

Associazione Culturale Milanocosa

in collaborazione con puntoacapo Editrice

 

presenta

a cura di Adam Vaccaro

 

Mauro Macario e Antonio Spagnuolo

Il peso della poesia italiana di peso

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In dialogo con gli Autori

Mauro Ferrari e Adam Vaccaro

 


Entrata libera

 

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Sinfonie d’Autunno

La musica resistente di Antonio Spagnuolo

In ISTANTI O FRENESIE, puntoacapo, nov. 2018 – POLVERI NELL’OMBRA, Oèdipus, lug. 2019

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