Architettura – Bellezza funzionale – Margherita Cavallo – Donato Di Poce
ARCHITETTURA
LA BELLEZZA FUNZIONALE
Arch. Margherita Cavallo
ARCHITETTURA LA BELLEZZA FUNZIONALE (I Quaderni del Bardo Edizioni, Lecce, 2025), è il saggio storico-critico che Donato Di Poce presenta in anteprima martedì 4 febbraio alla Biblioteca Ostinata. Già l’affermazione perentoria contenuta nel titolo si preannuncia al lettore intrigante e provocatoria come un ossimoro. Parla di un’arte creattiva infiltrata nel corpo dell’architettura e che ne permea i tessuti e gli organi più vitali.
Donato confessa: “ci vuole coraggio per scrivere di architettura non essendo un addetto ai lavori” Perché stupirsi? Donato guarda, vede l’Architettura Contemporanea con gli occhi di un poeta, la prefigura forma d’Arte Neo-Rinascimentale. Mette l’Uomo al centro, facendo dell’interdisciplinarietà delle Arti (Architettura, Urbanistica, Scultura, Pittura, Design, Filosofia) uno strumento di arricchimento e sviluppo sociale. Lo dichiara come un incipit nel primo capitolo, punto 9 del suo Manifesto della Bellezza Funzionale in Architettura, una vera e propria dichiarazione di intenti, una occasione di riflessione teorica, un appello rivolto non solo agli addetti ai lavori per indicare, attraverso la scelta di opere che più gli stanno a cuore, chiavi di lettura formali, simboliche, funzionali e olistiche.
Uno sguardo al passato. Alla fine del XIX secolo De Architettura, il trattato scritto da Vitruvio nel primo sec a.C., è considerato ancora il fondamento teorico dell’architettura occidentale. Accanto ai principi enunciati di Firmitas (solidità strutturale e uso appropriato dei materiali) e di Utilitas (funzionalità degli spazi di socialità nei quali riconoscersi per storie e tradizioni comuni) troviamo la Venustas (bellezza e armonia che nel linguaggio contemporaneo sta per morfologia e organizzazione spaziale). Boullée e Ledoux teorizzano e aspirano a creare una architettura parlante in grado di produrre e comunicare valori morali e virtù civili e assegnano all’architetto il ruolo di strumento privilegiato della civiltà e del progresso, in quanto poeta, filosofo e artista, non solo costruttore.
Donato Di Poce vuole mostrare “orecchio solo all’architettura che parla, di più, che canta” e traccia un profilo di architetto/costruttore che “lavora con la materia, la luce e il vento e traffica con l’immateriale per costruire idee”
Quindi è il poeta a scrivere Il Manifesto della Bellezza Funzionale. dove l’Arte, l’Architettura e il Design si contaminano, si uniscono e si fondono, dove l’Architetto diventa finalmente “un Artista Responsabile, etico, visionario e l’Architettura una disciplina “neoplastica multipla, poetica, simultanea, inclusiva, pluralistica, olistica, etica e socializzante”
“Il poeta che gioca a scacchi per spaventare i critici” E’ così che si descrive Da visionario, il suo linguaggio è poetico.
Donato delinea la figura del proprio architetto ideale “un costruttore che lavora con la materia, la luce, il vento e traffica con l’immateriale per costruire idee” e prosegue affermando: “quando un artista smette di scolpire forme e comincia a scolpire la luce smette di essere solo un artista e diventa un architetto”
Grazie alla poesia di cui si nutre Donato pesca nella produzione architettonica dei Grandi Maestri Contemporanei, quelli particolarmente amati. Con entusiasmo descrive le opere come se fossero un corpo vivo e parlante. Ci fa emozionare e desiderare di poterle abitare.
Evidente è l’intento didattico dell’autore che utilizza un linguaggio sintetico e di grande immediatezza per aiutarci a comprendere cosa si intenda per abitare il mondo Suggerisce di guardare con attenzione le opere dei nostri maestri: Giuseppe Terragni, Luigi Moretti, Giò Ponti, Giovanni Michelucci, Leonardo Savioli, Carlo Scarpa e Lina Bo Bardi, che tramite grafica, pittura, ceramica hanno coltivato l’espressione espressione artistica come ricerca parallela alla composizione architettonica, a distinguere l’Architettura Utile dalla Malarchitettura, a mettere in guardia dai cattivi progetti, veri e propri misfatti urbani di archistar o di palazzinari indifferenti al contesto storico e ambientale, (Manhattan un cimitero verticale con il suo verticalismo fallocratico).
L’immagine di copertina, il bellissimo disegno realizzato dall’ arch. Alfredo Vacca del Nationale- Nederlanden Office Building, più conosciuto con il soprannome di Ginger e Fred, diventa così la carta da visita di questo inedito saggio, un’opera di Frank Gehry, un architetto/artista che Donato porta nel cuore, capace di prendere per mano l’arte, il design e l’architettura, farli incontrare per produrre poesia come questa esortazione poetica che Donato regala al suo lettore.
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