Pubblicato il 14 aprile 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro
Laura Cantelmo, Cuore Di Nebbia e Altri Paradisi, Puntoacapo Ed., 2021
Questo nuovo libro di Laura Cantelmo è un libro di ardore e memoria o anche di ardimento nella memoria. Non è un volume di nostalgia del passato né una cronaca. È certamente una raccolta sedimentata nel tempo della quale l’autrice si assume tutta la responsabilità a partire dalla nota introduttiva che non delega ad altri ma sottoscrive in prima persona, suggerendo alcune intenzioni che non chiudono lo spazio di interazione del lettore. Il bellissimo titolo è una citazione dalla grande Ingeborg Bachmann e il libro è puntellato di omaggi discreti, citazioni, offerte votive al lavoro di artisti, scrittori, poeti, umani partecipi della civiltà dell’essere presenti al proprio tempo e a quello che si lascerà in eredità. È molto interessante la scelta compositiva che non segue una forma costretta ma varia a seconda del senso, dello svolgersi del pensiero poetante.
La poesia di Laura Cantelmo è un’articolazione testimoniale che parte da quello che ha visto e vissuto e lo restituisce alla collettività dei viventi. La prima sezione, Tele di ragno, ingloba le esistenze minime umane e naturali. In Amici di ventura appare la città nella quale Laura vive da decenni e che è parte costitutiva del suo essere nel mondo. “Milano deserta ora ci guarda, prestigiatori/nell’oceano che circonda la parola/ declinata come destino, nel paradosso/di passioni telematiche per l’odissea nuova/ della nuova salvifica cultura/ per questo nuovo infermo/ in questo inferno di pestilenze oscure.” Qui ci sono vere e proprie dichiarazioni di poetica. La parola nasce dalla comunità di viventi che in essa ripongono le possibilità di intesa e di apertura al nuovo, mai esclusa l’azione al giungere di rinnovate oscurità.
La sezione Altri paradisi, in apparenza più vòlta all’interno si rivela invece un canto di gratitudine e riconoscenza agli incontri, ai sogni avverati e a quelli mancati ma sempre in un moto di restituzione all’esterno: “Forse non sapete, da uomini che siete, /che foste per me benedizione/ periglioso tormento, spinoso accudimento/acuta necessità d’amore, fame/ di tenerezza e di risate,/ come un abito di tela da vela/ nel vento dell’estate.” (Maternità). Raramente si legge un testo che ha a che fare con la maternità così disincagliato da retorica e ripiegamento. Qui la generatività è fatto che riguarda tutti e tutte poiché è capacità di elaborare l’incontro con l’altro da sé. E così intimo e pubblico, lontano e vicino, riferimenti culturali alti e citazione dell’ordinario si fondono senza per questo de-generare in disordine, affastellamento anzi, tutto viene ordinato attraverso la lingua che è cosciente di sé. Per comune vicinanza molto mi ha emozionata la poesia in ricordo di Meeten Nasr, lettura di poetica e tributo.
Anche le poesie di indirizzo più espressamente civile tra le quali quelle dedicate a Liliana Segre e all’olocausto, o alle battaglie della resistenza come al ’68, sono molto riuscite, prive di quegli appesantimenti che spesso insidiano la poesia civile.
È un libro che fa luce questo, purché si abbia il coraggio di attraversare il cuore di nebbia.
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