L. Cantelmo

Anticipazioni – Cristina Polli

Pubblicato il 12 novembre 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
*****

Cristina Polli
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

***
Nota di poetica
La mia poesia origina da uno scarto, un movimento a lato, una visione sfalsata, che parte dal reale ma non vi aderisce. È uno stato di distrazione che mi permette di scorgere altro: un riflesso, una via. Spesso il fulcro è un’immagine che colgo dal quotidiano; altre volte un lampo che mi attraversa e su cui indago a lungo. È nata come caduta di un velo che avevo sugli occhi ed è diventata consapevolezza costante di mancanze e attese, luce sulle ferite e necessità di purificazione. Il nutrimento della mia poesia è l’attenzione a ciò che vedo e a ciò che sento e il dialogo con la parola scritta e la parola detta, l’immersione nel dettato poetico altrui, è per me fondamentale.
Recentemente ho iniziato una sperimentazione nell’ambito della found poetry in cui la composizione poetica nasce dalle parole di una pagina stampata, selezionate e riunite tramite un processo di ascolto interiore, e dialogo con la pagina, appreso tramite il Metodo Caviardage di Tina Festa per il quale sono certificata per la didattica scolastica. Il processo compositivo è associato a una parte visiva che nella mia ricerca deriva sempre più dal gesto e forma un tutto unico con le parole.

Continua a leggere »

Bookcity 2024 – Evento Milanocosa

Pubblicato il 30 ottobre 2024 su Eventi Milanocosa da Adam Vaccaro

XIII Edizione BookCity Milano
Fond. Cult. San Fedele – Sala Loyola
Piazza San Fedele 4 – Milano
17 novembre 2024 – H 14,30-16,00

***
Progetto di Milanocosa
A cura di Adam Vaccaro

La vita è un paese straniero
Kerouac in Italia 1966

Alessandro Manca
El Doctor Sax, Beat & Books, 2023

***
Un libro di approfondita ricerca socio-culturale, stimolato anche dalla iniziativa di Milanocosa realizzata nel 2019 col titolo, all’interno della serie Attraverso Milano,
Jack Kerouac e i poeti della Beat Generation italiana.
Fu un incontro a cura di Luigi Cannillo e la partecipazione di Alessandro Manca, che divenne una sorta di radice da cui si è poi sviluppata la ricerca del libro che presentiamo.
***
Il volume La vita è un paese straniero è la ricostruzione del viaggio che Jack Kerouac fece in Italia nel 1966, quando fu invitato da Mondadori per presentare il suo romanzo Big Sur, scelto come 500° della collana Medusa. Più che un semplice resoconto di un viaggio è il racconto dello scontro titanico, ricco di provocazioni e caustiche recensioni, fra Kerouac, insofferente e ubriaco, e un establishment culturale che in Italia, ancor più che in America, non lo comprende, ne sminuisce il valore letterario e lo riconduce a uno stereotipo.

Continua a leggere »

Luoghi sospesi – A. Ferramosca

Pubblicato il 23 ottobre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Annamaria Ferramosca, Luoghi sospesi, Premio Città di Roma 2021, puntoacapo Editrice 2023

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Luoghi sospesi di Annamaria Ferramosca è un flusso di coscienza, non ha un inizio né una fine e a indicarlo non è solo l’assenza di maiuscole, o le domande bambine che lo aprono e quella che lo chiude e ne svela l’anelito che lo percorre e ne è ragione: “forse è nel sentire il senso?”.

A svelarne la sua natura di flusso di coscienza, che si mostra e si disperde, è il senso di tempo unitamente molecolare e magmatico che lo attraversa e quello di spazio definito solo dall’essere dietro il vetro (“bambina/ isola d’occhi indagatrice (…)/ per ore a guardare/ di là dal vetro/ fuori dalla finestra”, p.9) o fuori il vetro (“fuori dalla finestra/ dove si mostra il mondo/ guardo (…)/ e riconosco e imparo/ il duro limite della parola”, p.45).
Separata o unita, nell’introspezione o nell’esposizione al mondo, Annamaria apprende che stare oltre il vetro non comporta alcuno svelamento, ma piuttosto l’incontro-scontro con il limite (“oh sapevo eccome lo sapevo/ fin da bambina/ che sarebbe finita così/ che la parentesi vissuta/ – o mai vissuta – si sarebbe chiusa/ con un arcano flop” p. 90) e che ciò che certo è unicamente l’impossibilità del ritorno allo stato precedente l’entrata nel modo, al momento prima della cacciata dal paradiso, alla gioia dell’inconsapevolezza, poiché una volta intrapresa la strada della conoscenza ha inizio anche la strada dell’estraneamento: “matta voglia di rompere questi vetri (…)/ farmi estranea a me stessa (…)/ lo so poi sarà impossibile/ ritornare nella stanza” (p.36).

Continua a leggere »

Novembre – Serena Rossi

Pubblicato il 20 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Serena Rossi, Novembre, Nulla die, Piazza Armerina (EN), 2024, Pagg. 83, € 15.

Laura Cantelmo

I brevi versi di Serena Rossi sono la sua cifra stilistica, la fulmineità telegrafica di un discorso che allude, che lancia il messaggio per serrare i sigilli poco dopo, con una sorta di pudore, quasi si trattasse di una confessione o di uno sfogo improvviso. Non è difficile attribuire tanta stringatezza all’altra faccia della creatività di Serena, che sono le arti visive. Ė il titolo stesso di questa silloge, Novembre, ad anticipare lo stato d’animo dominante – la melanconia di una stagione che offre una sua compunta bellezza, pur se il mese di Novembre, con la commemorazione dei defunti, resti pervaso da inevitabile tristezza.
Solitarie, sul foglio bianco le parole sono immerse in un vuoto echeggiante risonanze misteriose, ma sempre nell’attesa di qualcosa che resta fatalmente incompiuto: l’amore, il sesso, il mondo avaro di felicità, la sorte dei diseredati, i sogni che non si avverano. E sullo sfondo, il mare. Il tutto esposto con compostezza, senza rabbia, tanto da farlo sembrare un taccuino d’appunti, che trovano nel finale del testo uno sviluppo minimo, in una forma aforismatica esplicativa. Vediamo un testo poetico: “Volo di rondine nera/ Corsa senza respiro. / Limite// Goccia a goccia. //Dal vetro trasparente rotto/Per il troppo riso. / /”. Ed ecco apparire la chiusa:” Sete avara del rimpianto. / / Terra senza pace.” (pag.36).
Nel comporre il discorso, la sinteticità di ogni verso crea un metafisico senso di sospensione e di solitudine: “Un appoggio, un grido/ Latrato di cane selvatico /Allupato assurdo sincopato destino/ Siamo quella roba. / La nave che non fai entrare, l’acqua che ti assorbe/ Il sale che brucia la pelle/ E il sole che ustiona.“. E poi il finale:” /Siamo acqua e terra/ Nuova.” (pag.64).
Il vissuto di chi scrive si fonde con la condizione degli ultimi della società, seppure nella convinzione di essere “nuovi”, nonostante. Non a caso, come è già stato rilevato in altre note di lettura, una ricorrente parola tematica, soglia, denota un senso di esclusione, di insoddisfazione, di incompiutezza. Nulla di nuovo, di questi tempi, in cui tutto viene rimesso in discussione generando nell’Io stesso disagio e smarrimento.
La riflessione dell’Autrice sulla sua microstoria personale viene influenzata o, meglio, inserita nella Storia che impatta sul nostro vivere, sui sentimenti, sugli eventi stessi: “Voglio il foglio pesante per segnare in/ Nero il tratto della fine. / […] / Un anno di guerra genera spavento/ E scompiglio. Mondo oppresso.” Oppure, descrivendo – non a caso – un’opera visiva: “Omini neri appoggiati a terra/ […] Affumicati sul foglio in mezzo/ A macchie ocra e paglia. / / Sorte appesa gestita fuori dalle acque/ Internazionali. Fuori dalla ONG che chiedono compassione. Fuori dalla pietà/ Fuori dalla memoria. Dentro la storia.” (pag.31). Poiché l’isolamento e l’emarginazione allignano profondamente nella Storia attuale, la proposizione/avverbio fuori, iterata più volte, rafforza il significato di soglia, accrescendo un inquietante sentimento di esclusione. A tal punto che, coerentemente, un testo parla di fuga: “Voglio prendere il treno e perdermi/ […] / Voglio sparire.”
Va rilevato che l’uso della maiuscola in apertura di ogni verso, secondo noi, ha un’importanza strutturale, quasi a voler conferire nobiltà ai temi esposti in ogni “riga”, al fine di una successiva argomentazione.
Un intenso spleen novembrino percorre tutta la silloge – lo spleen di Milano…- presente anche nel testo eponimo – “Novembre in Milano” – figurativamente sintetizzato dall’aforisma: “Siamo ombra e soglia.” (pag.31), che avrebbe anche potuto essere il titolo dell’intera raccolta. Smorzando ogni possibile entusiasmo, lo spleen si riverbera in ogni immagine e grazie ad esso neppure l’amore conosce la passione: “I cocci, come cenere/ stanno in basso/ […]/ Stanno sotto il mio sguardo/ […]Che lento ti guarda che ti vesti e/ Non è curioso// Non si appassiona al tuo seno/ All’incavo del tuo braccio al monte del tuo pube/ ”(pag.81). Tuttavia, una venatura affettuosa: “Io voglio il tuo bene” – può essere letta come un’implicita richiesta d’amore.
Spleen o vuoto? Quello che l’Autrice vuole comunicarci di preciso è rinchiuso nei suoi sintetici versi, nel loro mistero. Ma noi percepiamo che il suo sguardo sul mondo ben si adatta all’air du temps che tutti ci avvolge e ci accomuna: la realtà oggettiva è specchio di un “dismesso sogno”, del deserto che è in noi e fuori di noi. Ovvero, per una pittrice come lei, nei “Tableaux vivants” della periferia “accecata”.

Continua a leggere »

Anticipazioni – Valentina Murrocu

Pubblicato il 3 luglio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
*****

Valentina Murrocu
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

***

Nota di poetica
La mia scrittura nasce dalla priorità del momento percettivo su quello nominativo, muovendo da una sovraesposizione alla realtà: oggetti, corpi, sensazioni, pensieri, proiezioni mentali fanno parte dello stesso orizzonte di senso, non ci sono momenti privilegiati di accensione o una gerarchia. L’esistenza si rivela pertanto come orizzontale. Da questa priorità della percezione deriva la volontà di lasciar vedere o intravedere le contraddizioni della realtà per come si manifesta. Il restituire la complessità del mondo nella scrittura e con essa un’idea di mondo è ciò che muove e anima la mia scrittura. Da questo orizzonte di senso non è esclusa la realtà cruda e la violenza delle immagini, anzi, si potrebbe dire che la mancata edulcorazione di scene ripetute di violenza rappresenta il momento estetico per eccellenza.

Continua a leggere »

Killer Game – Andrea Mantelli

Pubblicato il 18 giugno 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Andrea Mantelli, Killer Game – Romanzo, puntoacapo, Pasturana (AL), 2023
Laura Cantelmo

***

Quella che, con una definizione corrente viene chiamata “letteratura d’intrattenimento” non rende giustizia a chi, come Mantelli, fa dire a un personaggio, nella prima riga del suo romanzo: “Scrivo. Esisto per scrivere”. Lo scrittore, in questa sorta di outing, manifesta la passione di una vita, sempre vissuta scrivendo, per necessità di lavoro o per semplice impulso interiore. E lo fa attraverso una maschera, un personaggio scelto come portavoce, secondo la mimesis classica della narrazione. Pensiamo persino che in lui l’umorismo abbia un malcelato scopo satirico di quel genere, che solitamente è destinato allo svago.
Killer Game non è un romanzo tradizionale, non ha una trama che gradualmente si sviluppa con personaggi suddivisi a seconda delle funzioni, in primari e secondari. Anzi, esso si presenta interessante a un’analisi semiotica, avendo una struttura che non segue uno sviluppo lineare, bensì in una successione di scatole cinesi: ogni capitolo/racconto o microtesto è propedeutico a quello successivo, la trama procede come per gemmazione, sviluppando il tema centrale, ma non la coerente fabula che ci si aspetta, poiché ciascun capitolo, almeno nella prima parte, ha una sua autonomia narrativa, con personaggi differenti di volta in volta, mirando sempre a un unico fine: individuare la formula dell’assassinio perfetto.
Non troviamo qui il classico protagonista con tutta la serie di antagonisti e personaggi secondari, attorno ai quali si evolve l’intreccio. Il titolo dice chiaramente che il tema riguarda i killer e rientra quindi nella definizione di romanzo giallo. Ciò che appare come filo conduttore, non è tanto la trama, ma è la vasta sfaccettatura del Male, in particolare dell’assassinio, incarnata in personaggi la cui tendenza omicida, verso chi li disturba nella vita privata o in affari più o meno leciti, non risulta essere innata, bensì indotta, provocata da evenienze casuali del destino. Quasi sempre è l’occasione che rende assassini, ci dice il racconto/capitolo “L’assassino che è in noi”: “Si è svegliato l’assassino che c’è in me, in noi, in tutti noi, compresi voi che state leggendo, non negate…Possiedo una pistola ed è certo che nulla sarà più come prima.” (Pag.69) Abbastanza inquietante, come affermazione, che non può non far pensare il lettore.
Ma è anche vero che quanto l’Autore afferma, capita che venga successivamente smentito. Infatti, nel racconto eponimo, Killer Game, la tesi precedente è inficiata dalla presenza della Facoltà del Crimine Applicato e dal suo opposto, la Facoltà del Crimine Represso, dove la dottrina criminologica è clamorosamente messa in ridicolo dall’umorismo della narrazione e dalla comicità grottesca dei personaggi.
Con disinvolta ironia l’Autore affronta il tema della circolazione delle armi, facendo supporre che il libro che stiamo leggendo, pur se apparentemente si presenta come un giallo, abbia per lo meno un pensiero di fondo molto serio, che svia dalla rituale definizione accademica di “letteratura d’intrattenimento”. A differenza del classico poliziesco, manca qui la figura dell’inquirente amatoriale, non ci sono delitti di cui non si conosca il colpevole, non c’è alcun rappresentante della legge chiamato a risolvere il caso. Il tema da sviluppare è come arrivare a compiere un assassinio perfetto.
Lo scopo ufficiale è il divertimento. Ma non solo. Quello non verrà mai a mancare, perché nella vasta gamma dei killer vi è una ricerca del paradosso, degli incidenti esilaranti che fanno fallire i progetti malsani, fino a quando, nella parte centrale, troviamo una farsesca esaltazione del crimine, che dice la ragione del titolo: Killer Game. Così è chiamato il Festival del Delitto, indetto dalla Facoltà di Crimine Applicato, promosso dal Magnifico Rettore denominato Flaccido Bimbo, cui è assegnata l’ARRAPANTE cattedra di killeraggio. La comicità è al massimo, allorché i personaggi che si susseguono nel Festival sono tratteggiati tenendo presente, si direbbe, la tipologia di alcuni grandi film comici del passato – Il Grande Dittatore o Tempi moderni – che hanno segnato altissimi momenti di critica politica e sociale nella storia del cinema. Qui, ad esempio, si cita il precariato nel lavoro, lo sfruttamento e l’abuso di potere (vediamo la povera Gambozzi, assistente del Rettore, regolarmente sculacciata per punizione), per avvicinare alla realtà un racconto che è tutt’altro che realistico. Ė abbastanza evidente che, delle categorie letterarie di cui si occupava con una certa rigidità la semiotica degli ultimi decenni del Novecento, l’Autore non si curi affatto, agendo nella massima libertà. La trama o, meglio, le trame, si muovono nell’ambito del grottesco, a volte il finale del racconto resta in sospeso, mentre gli “eroi”, i killer maldestri, sono sempre diligentemente impegnati a studiare come organizzare il delitto perfetto.
La scelta del registro linguistico basso, espressa anche nei nomi propri – personaggi stilizzati come nella Commedia dell’Arte: Flaccido Bimbo – il Magnifico Rettore – il concorrente al Premio, Enanito (perché minuscolo), l’esilarante romano Li Mortacci, indicano che ci troviamo di fronte a una parodia di quei romanzi criminali da cui siamo sommersi, in stampa e in video, nonché dalla realistica volgarità che in essi si manifesta.
La novità sta nel ribaltamento della struttura che li caratterizza, con la presa in giro della categoria dell’assassino, con la ricerca minuziosa nel progettare l’omicidio e al contempo il tenero abbandonarsi alla nostalgia di Li Mortacci “della casetta…a Torpignattara” (pag.117). Mentre la parodia si fa più spietata grazie alla comica diligenza degli interessati, impiegata nel perseguire lo scopo finale, un assassinio efferato.
Nel concorso a premi che riguarda i video presentati al Festival sul miglior piano per un delitto, gli aspiranti assassini si presentano intimoriti come normali studenti, di fronte ai loro improbabili, severissimi giudici, i quali tacciano come “sfigati” coloro che si iscriveranno al Crimine Represso. Mantelli ha così ribaltato la grandiosità del Male, che in passato era stata rilevata dalla critica cinematografica ne Il Padrino o nella televisiva Gomorra, trasformandola in qualcosa di comico. Tenendo conto che, in questo romanzo, molti “progetti criminali”, nonostante tutto, falliscono.
Se il confronto con il cinema, più che con la letteratura, sorge spontaneo, dobbiamo risalire al passato dell’Autore: avendo lavorato come scrittore di trame di fumetti, Mantelli ha sempre avuto presente l’aspetto visivo, più che la descrizione. E non dimenticando il pubblico a cui di solito sono destinate quelle storie, dà importanza più al dialogo che agli intermezzi descrittivi e alla definizione del personaggio che non all’aspetto letterario del racconto. La differenza con il “genere” sta nell’offrire un testo più raffinato grazie all’uso dell’ironia e alla ricerca dell’eccesso in un registro linguistico fantasioso e volutamente sboccato, come si addice a un ambiente di malavita o al bar sport, là dove solitamente non si va per il sottile: “quindici gnocche di materiale plastico” (pag. 42), ne è un esempio eloquente.
Sarà l’Autore stesso a dirci nel finale, tramite una sua maschera: ”A me piacciono le storie che tornano su se stesse. Storie in circolo,” (pag.164). Lo si era capito, ma il divertimento consiste proprio nel volere candidamente ammettere ciò che è diventato ovvio nel corso della lettura, creando una sorta di spaesamento nel sovvertire gli schemi di un genere dalla struttura un po’ statica.
Quello che dalla critica più rigorosa è stato spesso definito come “crisi del racconto”, in questo frizzante romanzo viene attuato in assoluta e consapevole autonomia di scelta.
Milano, 20/05/2024

Continua a leggere »

Dedicato a Gio Ferri

Pubblicato il 28 maggio 2024 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

Casa della Cultura

Via Borgogna 3 – Milano

6 Giugno 2024 – ore 15,30-17,30

 Milanocosa Anterem Edizioni

Presentano
A cura di Adam Vaccaro

Dedicato a Gio Ferri

Poesie scelte

Un’Autoantologia 1964-2014 con

Premessa di Paola Ferrari, Saggi introduttivi di

Flavio Ermini, Giovanni Fontana, Francesco Muzzioli, Chiara Portesine, Marilina Ciaco  

e Saggi conclusivi di Adam Vaccaro, Vincenzo Guarracino

 ***

Con interventi e testimonianze di:

Paola Ferrari, Ranieri Teti, Laura Caccia, Silvia Comoglio. Marilina Ciaco, Vincenzo Guarracino, Adam Vaccaro

***

E letture di poesie dell’Antologia con:

Paola Ferrari, Claudia Azzola, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Roberto Caracci,

Gabriela Fantato, Barbara Gabotto, Angelo Gaccione, Giacomo Guidetti, Rosemary Liedl 

Continua a leggere »

Anticipazioni – Marco G. Maggi

Pubblicato il 20 maggio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
*****

Marco G. Maggi
Inediti

Con nota di lettura di Adam Vaccaro
***

Nota di poetica
Scrivo avvertendo una reminiscenza, il richiamo dei ricordi, ma la mia scrittura si confronta anche con la quotidianità dell’attimo, a volte si fissa sul particolare o sull’oggetto più banale per rimandare a discorsi ed evoluzioni più profonde. Nelle mie poesie la natura ha un’importanza particolare: sono nato e cresciuto in una zona agricola in quella fetta di pianura che si estende da Milano fino all’appennino ligure, ma in realtà sono e resto concentrato sull’umanità, che guardo con sguardo compassionevole, a volte mosso anche da impeti civili, perché mal sopporto i soprusi e le ingiustizie. Per la tipologia degli argomenti proposti ho scelto quindi di esprimermi con il verso libero, al quale non disdegno di aggiungere, di tanto in tanto, versi in metrica, soprattutto endecasillabi, perché la poesia non dovrebbe perdere mai, a mio avviso, la sua capacità di diventare canto e quindi la sua espressività orale.
Un tema che mi è sempre stato caro, e a cui sto indirizzando la mia scrittura degli ultimi anni, è il tema del lavoro, sul quale incide anche la mia esperienza personale e famigliare: anche in questo caso si toccano tasti molto delicati. In piena pandemia ho iniziato quindi questo progetto, del tutto work in progress, il cui titolo rimane ancora vago ma che, orientativamente, dovrebbe essere “La fabbrica della gomma”, che dovrebbe costituire una silloge a cui potrebbero aggiungersi anche testi inediti degli ultimi anni.

Continua a leggere »

Trasmutazioni – Adam Vaccaro

Pubblicato il 16 maggio 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Visioni e sfide di Perseo
Laura Cantelmo

Adam Vaccaro, Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, puntoacapo Ed, Pasturana (AL) 2024

La recente raccolta di Adam Vaccaro – Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia – dà nuovo respiro all’indagine di ispirazione civile e politica da lui prediletta, riprendendo il discorso intrapreso in Google- il nome di Dio (2021) intorno ai molteplici aspetti e agli inganni del Potere, per altro già presenti nelle opere precedenti, tanto da apparire una delle tappe di un poema incessante.
Il tono e l’intera impalcatura di Trasmutazioni sono, dunque, in perfetta sintonia con le opere già pubblicate nell’indicare gli aspetti sempre più evidenti di una degenerazione dei rapporti economici e sociali dovuta alla globalizzazione, al predominio dell’economia di mercato, nonché alla crisi delle Grandi Narrazioni. Il tutto aggravato dall’uso delle moderne tecnologie e quindi da una spersonalizzazione del Potere, divenuto invisibile e, in quanto tale, sempre più disumano e spietato. Confermando, per altro, la rappresentazione tramandata dall’antichità, come entità di natura infera e mostruosa, benché sottoposta – nell’agostiniana Civitas terrena – al controllo dell’Etica. Concezione successivamente superata, in seguito alla separazione della Politica dall’Etica – e da altre forme di controllo, quali la legge e il diritto – come già dimostrato da Machiavelli.
La mostruosità del Potere come Questione del Male. La figura di Perseo
Il tema del Male, che appassiona Vaccaro, si è sempre imposto anche nell’interesse manifestato dalla filosofia, nonché dalla vasta letteratura che ne ha indagato gli aspetti più rilevanti. Pensiamo, ad esempio al Leviatano di Hobbes (1651), il trattato di teoria politica che ha come fulcro la questione dello Stato come entità mostruosa, simbolicamente incarnata nel Leviatano, il mostro centipede tratto dalla Bibbia, Libro di Giobbe, che affronta la questione del Male. Ed è la connessione col Potere politico, nelle sue varie espressioni, ad essere qui affrontata da Vaccaro, con la stessa passione civile e politica che in questo Poeta già conosciamo, capace di dettargli versi scabri, veementi e sardonici, caratteristici del suo stile. Anche la creazione di divertenti, benché sarcastici lemmi, come il neologismo Caoslandia, nasce da un’ironia che si esercita soprattutto nella creatività lessicale.
Gli strali vengono equamente suddivisi tra chi esercita il Potere politico nello spaesamento del nonluogo, che è la condizione che oggi viviamo, e i cittadini – “pescatori intrappolati da bi/sogni, illusioni d’amore”, sudditi inconsapevoli della beffa operata a loro danno (“Reti”). In realtà, si avverte un malcelato senso di pietas nei riguardi di costoro – i cittadini vittime delle sirene del Potere – che sanno “far /diventare persino il nulla e il vuoto di un/ nonluogo, un luogo pieno di…/…sogni d‘anima in cerca di comunità.” Nella comunità, parola chiave e concetto fondamentale nella poetica di Vaccaro, il Poeta riconosce l’antidoto alla frantumazione sociale del nostro tempo. Il profondo anelito alla socialità, per non sentirsi entità isolate è da lui vissuto ora con stizza, ora con dolore, ma sempre rivendicato con profonda nostalgia.
La tematica al centro dell’interesse poetico e politico richiama inevitabilmente anche le origini mitiche legate alla eroica figura di Perseo, uccisore di Medusa – che è una delle tre mostruose Gorgoni, altro simbolo del Potere, a cui fa riferimento, tra tanti, anche Italo Calvino, nelle Lezioni americane.
Grazie allo stratagemma suggeritogli da Atena, Perseo riesce a non guardare il volto orrifico della Gorgone Medusa, ma solo la sua immagine riflessa nello scudo lucidato a specchio, fornito dalla Dea, tanto da non subirne il paralizzante sguardo che pietrificherebbe chiunque lo fissasse. Secondo alcuni studiosi del tema, la grandezza simbolica dell’eroe Perseo consiste nell’avere con coraggio vinto la paura, riuscendo ad evitare lo sguardo del mostro, venendone a conoscere solo l’immagine riflessa, così da poter rivelare l’Inguardabile all’umanità (v. Marco Revelli, I demoni del potere, Laterza, Bari 2012). Come riferisce Calvino, a liberare gli umani “dalla morsa di pietra” sarà la sua eroica funzione di medium nel trasmettere la conoscenza della ferocia del Potere.
Lo studio di questo perturbante mito si irradia in molte interpretazioni, ma è interessante citarne la valenza simbolica per affrontare l’itinerario poetico di Vaccaro, al quale potremmo attribuire, mutatis mutandis, un ruolo simile a quello di Perseo: lo smascheramento dell’orrore insito nel Potere e nelle sue numerose trasmutazioni subite nella Storia.
Agli occhi del Poeta, gli umani appaiono succubi del raggiro e dell’inganno, avendo ormai smarrito qualsiasi capacità di pensiero critico, a causa delle tecnologie comunicative e della feticizzazione della scienza, che sono strumenti efficacissimi di manipolazione e di propaganda: tali si mostrano gli “stolidi criceti” al servizio del “mostro Stato” (“Criceti alla ruota”). Di qui l’auspicio di una trasmutazione dei cittadini da bruchi in farfalle, in esseri consapevoli del loro vivere responsabilmente in questo mondo:
“Inventare un vento nella vertigine senza scampo”.
L’organizzazione quadripartita della raccolta, simile a quella del precedente libro, offre una scansione paradigmatica dei temi trattati. Se ipotizziamo che i temi siano in realtà maschere dell’Autore, possiamo individuare le tappe del discorso, che John Picchione, nella prefazione, definisce mappe conoscitive, di natura etica e politica, ma anche campi semantici, evidenziando la ricchezza del lessico, delle figure retoriche e della metrica, abilmente utilizzate – come la tmesi e l’ellissi – al fine di ottenere una significativa concisione del linguaggio, attraverso la pluralità semantica dei significati e il movimento alterno tra l’asse diacronico e quello sincronico della Storia.
Appare chiaro che i testi che compongono queste ultime raccolte sono intesi a combattere l’afasia generale con lo svelamento di alcune “immagini” del Potere, fustigando l’inerzia dei “sudditi” mediante una vis polemica e rivoluzionaria su cui si basa il carattere epico della narrazione. Grazie al quale non compare mai un Io narrante, ma solo il racconto di un soggetto onnisciente, come nell’epica classica.
La visione catastrofica del tempo attuale, come cumulo di macerie devastato dalla crisi climatica e dalle scelte economiche neoliberiste, apre la prima sezione, Frane quotidiane. I singoli testi paiono quadri di una mostra di arte visiva relativa alla condizione sociopolitica del nostro paese, tra i quali potremmo trovare persino l’Angelus Novus di Klee, il cui sguardo fisso sulle rovine del passato ha ispirato l’immagine dell’Angelo della Storia di Benjamin.
Nella prima sezione Frane quotidiane, in apertura viene indirizzata una frecciata al Patriarcato vigente: il “sole maschio/ sepolto nei suoi deliri di conquista.”, nel breve testo sul rapporto tra i sessi (“Altari e deliri”). Sullo sfondo di un paesaggio desolato si apre il grande affresco della crisi socioeconomica e culturale odierna, determinata anche dall’incapacità generale di comprendere il presente, nella vana attesa di un “Godot” senza nome, di per sé, già perdente. La denuncia dello sfruttamento dei riders (“Eroi quotidiani”), i nuovi proletari che in funzione di fattorini percorrono in bicicletta le nostre città per servire pasti a domicilio a giovani incapaci di autonomia e di pietà verso i diseredati, mette in evidenza le carenze educative di un sistema di vita. Sono, essi stessi, malinconici esemplari, a suo vedere, di una società narcisistica e autoreferenziale (“Nel regno D’Io”), priva di prospettive future. Molto severo il giudizio sulla gioventù attuale: insensibili verso la bellezza e intrappolati nei non luoghi del consumismo, essi sono fatalmente destinati all’infelicità. La visione tragica di un mondo devastato da povertà, diseguaglianze e guerre, piagato dall’assenza d’amore, richiama l’analisi di Baumann sulla società liquida, pur rispettando, come base filosofica e politica di riferimento, il materialismo storico e le teorie sociologiche ad esso collegate.
La seconda sezione, Pietre senza luna, individua i molti aspetti della crisi a livello geopolitico, criticando la globalizzazione, la subalternità dell’Europa agli USA, patria del disastroso neoliberismo imperante, dove il Dottor Stranamore usa la guerra come una partita di scacchi finalizzata al profitto (“Dottor Stranamore 2022”). Di fronte ad essa vediamo il “popolo” schierarsi acriticamente a sostegno di uno dei contendenti, come in un Derby calcistico, Protagonisti dei testi sono gli ultimi della società, i poveri, i migranti, l’aspetto terrificante dello scontro in Palestina, con i territori ridotti a “campo senza fine di sterminio”. Un elenco di disvalori che dipinge in termini realistici la distopia in cui siamo immersi – “…vittime/ fino a quando/ saremo tifosi di paure diverse”. (“Frantumi”)
La terza sezione, Sassi volanti, evoca il mito di Davide (senza Golia), indirizzando gli strali verso lo sfacelo dell’informazione fuorviante, incarnata simbolicamente in una nota e influente conduttrice televisiva (“Virago della Settima”), nell’assoluta abulia della popolazione, incessantemente bersagliata da immagini di tragedie di ogni genere. La possibilità di un superamento degli ostacoli, già velatamente individuabile nelle sezioni precedenti, appare qui più esplicita: “Se un sasso / ferisce il tuo passo/ tu fanne canto momento/ moto teso a un salto più alto”. (“Sassi e scale”).
In Pietre miliari, sezione finale, si ampliano gli spiragli di luce, grazie alla memoria della terra d’origine, quel Molise che rivive nelle descrizioni e nelle rievocazioni dei personaggi e dei profumi della campagna. La dolcezza dell’ispirazione, affidata alla leggendaria dimensione assunta nelle rimembranze delle radici, contrasta con il ricordo della durezza della vita da migrante (“Origano molisano”) “ai piedi del monte più duro da scalare”: proprio nel momento dei bilanci di un’intera esistenza, il Poeta ripercorre a ritroso la dura fatica di quei giorni.
Una sezione aperta alla speranza, quest’ultima, nonostante gli ostacoli, “i sogni d’Icaro” che ne hanno segnato il cammino (“Trasmutazioni”). Nel tempo di vita che rimane, ormai poco margine è affidato al sogno, eppure la riproposizione di un testo tratto dalla precedente raccolta – “Lettera di Wilma” – rientra coerentemente nella struttura ideale come pilastro portante, al quale trovano sostegno i valori ideali di riferimento. La potente immagine della staffetta partigiana – suocera del Poeta – illumina di attese e di intensa passione questi ultimi testi, come spinta per un’idea di futuro, diversa e contrapposta alla negatività del presente, attraverso le parole di Wilma: “Forza, la vita è ancora vostra e sta sola nelle vostre mani.” Il richiamo alla storia di quegli anni, quando il sogno si era fatto progetto di vita e strategia di lotta per l’avvenire, rivive in questo testo come impulso epico verso il cambiamento.
Quella stessa passione ispira la poesia che, nella postfazione, anche Gabriella Galzio, ha interpretato come dichiarazione di poetica: “Arrivano come perle parole che non sai/…/ perle sapienti di salvezza” (“Perle”) ribadisce l’assioma secondo cui la poesia sgorga dall’intimo ed è strumento o vento di redenzione. Le madeleines di Vaccaro sfilano in questa sezione come in una sequenza filmica: immagini, suoni, profumi, voci e visoni del paese natale accompagnano la storia di un ragazzo emigrante, come quelli presenti nei canti di lavoro della nostra giovinezza. Sono versi che risuonano come l’invocazione alla Musa nei poemi classici:” Profumami origano di colline molisane/ i miei ricordi di ragazzo inerpicato/ nei suoi sogni saporosi/ come le fette di pane e pomodoro” (“Origano molisano”). Sullo sfondo vediamo sfilare, come nobili icone, le donne che portano maestosamente sulla testa la tina – l’anfora colma d’acqua – “fatta corona di/ trionfanti regine…/ brave e schiave/ di un tempo avaro di diritti” (“La tina”).
Nel finale, la memoria dei primi tempi vissuti a Milano si colora della nostalgia di come eravamo, quando i tram erano verdi, non contaminati dagli annunci pubblicitari, nudi e semplici come pareva la vita in quei giovani anni, a dispetto delle inquietanti trame nere ordite nell’ombra. Icone di un tempo non ancora posseduto dal consumismo, che ci avrebbe tramutati in uomini e donne a una dimensione.
Un commento a parte meritano i brevi, aforistici “Auguri”, che chiudono ogni sezione, allentando la tensione con un sospiro di sospensione e di speranza. L’ultimo di essi rappresenta l’invito a raccogliere le energie per risorgere dopo le cadute, allorché le forze cedono e lo smarrimento ci invade:
“ma è solo un attimo – e la tua isola lo sa”.
15 giugno 2024

Continua a leggere »

TRASMUTAZIONI – Alchimie in Caoslandia, Adam Vaccaro

Pubblicato il 29 aprile 2024 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

                                                                                           

Via Laghetto 2 – Milano

6 maggio 2024 – ore 17-18,45

Continua a leggere »