Luigi Cannillo, Between Windows and Skies (Selected Poems 1985-2020), Gradiva Publications, New York 2022
Nota critica di Laura Cantelmo
L’antologia che Luigi Cannillo ci propone – con testo a fronte in lingua inglese – raccoglie, come dovuto, un excursus significativo della sua attività poetica a partire dal 1985, nella quale il trascorrere del tempo si avverte anche nello stile che si va plasmando, mano a mano che la storia letterari,a allontanandosi dagli sperimentalismi delle avanguardie, registra un cambiamento del linguaggio. La sensazione che immediatamente se ne trae è quella di una poesia colta, misurata e attenta nel disvelare l’Io senza roboanti affermazioni di verità, ma che si configura come narrazione di una storia personale, un sottaciuto Bildungsroman intrecciato alla Storia della realtà esterna, senza mai lasciarsene totalmente dominare.
Si percepisce tra i versi una certa ritrosia, quasi si trattasse di una vicenda elaborata nel profondo del corpo del Poeta- e va qui sottolineata l’importanza del corpo – che attraversa la persona stessa sia negli eventi esterni che in quelli privati: “Cerca il mio corpo sulla carta/” dice in modo esplicito il Poeta, “Tutto è assegnato al corpo/pronto alla fuga, alla sua lingua/inquieta…/”. Sono versi del 2014, che incontriamo in Galleria del vento (p.72), benché silenziosamente giacenti nell’Es fin dai primi componimenti. Quel corpo che pensava di essere al centro, di dominare il tempo e la memoria come entità compatte, senza contraddizioni, si ritrova a fare i conti con il ricordo proprio e altrui : ”Io che credevo il tempo/drappeggio intorno/a me eterno centro/…./Invece affiorano/ povere trame sparse/”(Cielo privato, 2005, p.42). Quel passato “di presunta gloria” i cui racconti nel dopoguerra venivano risparmiati ai figli: ”adunate, le corse nei rifugi…il cambio di uniformi” resta come monito contro le storture della storia :”Nessuno adesso si permetta il lusso della nostalgia/bruciano i documenti tra le mani”(p. 46) definisce la consapevolezza civile del cittadino immerso in “un campo di battaglia senza tregua”.
Il segno di una maturità ormai conquistata, se non molto vicina, si intravede già in un testo del 1993 (Sesto Senso, p. 22): “Dalla spiaggia avvistata/arrivare pareva onda difforme elevata restare/” che si sviluppa in: ”La battuta seguente/è già trincea in esplosione”…testo misterioso , che ci dice, però: “Dal cambio di visuale/ ci si vede su pedane mobili”. Nell’evidente simbolismo i movimenti del mare impongono una dinamica all’esistenza che scorre, tant’è che il movimento produce un mutamento inevitabile a quell’onda che prima avevamo visto “elevata restare”. Esempio, questo, di Poiein, cioè fare, plasmare, creare – così procede la poesia al passo con la vita, modellando a propria scelta il linguaggio e le immagini anche nell’intento di respingere quegli “angeli ostili” che ostacolano il viaggio verso la maturità, rifiutando la pacificazione dei conflitti: “Chiedevo a bassa voce padre/mostrami la cicatrice, la guerra/ma il panno non si è sollevato…”. Passaggio molto intenso, dal cui inevitabile smarrimento il Poeta riuscirà a trovare una via d’uscita: “La sostanza sopravvive alle creature/ nella visione/…/L’alleanza sta affiorando adesso/” (in Cielo privato, 2005, p. 48).
La musicalità accurata della versificazione e abilmente ricercata della lingua svela la volontà di dire, ma sempre con un certo pudore: ”Cambio sempre strada al ritorno/La mia natura è percorrere/la scala di servizio, accomodarmi/ a dormire sul gradino stretto” (p.90). Non a caso questi versi si trovano nel testo conclusivo della raccolta, quasi a fornirne una chiave di lettura. Ne traspare uno spirito consapevole della propria intima complessità, dell’esistenza di un doppio, di un sosia nascosto e dunque di due nature che si contrappongono l’una all’altra e, pur confliggendo, collaborano – in quanto complici – entro un’unica persona (p.56).
Alcuni testi inediti tratti da Lazzaretto, il quartiere di manzoniana memoria ormai quasi totalmente scomparso, in cui la famiglia del Poeta abitava, richiamano il tempo della peste di Milano, il “male sepolto”, che in modo inquietante resta imperituro, sebbene le nuove case sembrino cancellare i pochi resti del passato, come lo stemma borromeo. Con le loro “ombre perenni”, quelle strade percorse dal Poeta bambino che le attraversa “disarmato”, benché oggi consapevole di far parte dei “salvati”, sembrano un presagio della pandemia che si sarebbe nuovamente abbattuta sulla città e sul mondo.
In quel quartiere si ritrovano le memorie della scuola, dei tigli profumati, del fiocco azzurro al collo degli scolari, delle paure vissute negli interminabili corridoi della scuola, nelle strade cupe e deserte. E proprio lì il Poeta ha avvertito le prime esplosioni del desiderio adolescenziale, la gioiosa fine dell’anno scolastico all’inizio di un’estate accarezzata nei sogni come “infinita”. Tra le mura scolastiche che racchiudevano l’inverno e la solitudine delle aule verranno apprese le regole della scuola e della vita dal bambino “che vive d’ombra”, che mai si mescolerà alle corse pazze dei compagni: “Non mi avrete alla ricreazione/ salirò sull’albero/ più alto del giardino.” (p.90). In questi ultimi versi sta il ritratto degli anni di formazione del futuro Poeta, del suo carattere schivo e appartato. Ed è qui, a mio parere, che si apre alla comprensione del lettore la figura umana di Luigi Cannillo.
Un encomio merita il lavoro di traduzione in lingua inglese di questa antologia, in quanto brillante esempio di aderenza al testo. Nessun tradimento del testo originale, ma grande professionalità e rispetto dello stile dell’Autore. La fatica di Paolo Belluso, il traduttore, ha reso un mirabile servizio di trasmissione del testo, restituendo l’intensità delle immagini, non sempre immediate nella comunicazione, in un idioma meno duttile nel rendere appieno la polisemia delle parole e delle figure retoriche tipico nella nostra tradizione letteraria contemporanea.
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