L. Cannillo

Rumore di fondo – Leila Falà

Pubblicato il 20 marzo 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Leila Falà Magnini, Rumore di fondo, puntoacapo, Pasturana (AL) 2023
Nota di lettura di Laura Cantelmo

Cos’è il rumore di fondo, se non un trambusto indistinto, un’interferenza nel nostro silenzio interiore, che vorremmo eliminare per cogliere i messaggi che ci vengono indirizzati e che ci sfuggono? In questa sua recente raccolta, Rumore di fondo, Leila Falà di quel rumore avverte il fastidio, ma allo stesso tempo lo ascolta, cercando di individuarne qualche suono positivo. Ed il rumore di fondo si può sentire solo se intorno vi è solitudine e silenzio. Un silenzio agognato, pur trovandosi in compagnia, perché la socialità, che dovrebbe farci sentire meno soli, in alcune circostanze è più fastidiosa del silenzio stesso e diventa percezione di un’assenza. A quel punto, benché in contraddizione con sé stessi, si desidera stare soli. (“Raddoppia”)
Attraversa questa raccolta, di ispirazione profondamente umana e al contempo filosofica, l’intento di rappresentare una realtà straniante vissuta come gravosa e allo stesso tempo di alleggerirne il peso con uno spirito giocoso, che sa acutamente parlare di seri problemi del linguaggio, inteso come specchio della civiltà attuale. Traspare dai versi una percezione di solitudine e di sconcerto che a sua volta si fa rumore di fondo, quasi eco di una moltitudine di cui l’Autrice si sente parte, ma con la quale la relazione non è facile. Tanto che la tendenza al divertito uso delle parole, al suo prendersi gioco di certe posture intellettuali che coinvolgono ormai tutti, non funge da antidoto, ma suona come cambio di registro di fronte ai temi di profonda natura che vengono trattati.
Partendo dall’analisi della comunicazione sulla base della linguistica saussuriana, l’Autrice fa del messaggio, inteso come lettura dei diversi segni della comunicazione, lo strumento per analizzare sé stessa e il proprio modo di porsi rispetto ad esso, nella consapevolezza che la parola e le altre modalità comunicative sono messe in discussione allorché ci si rende conto che, invece di favorire lo scambio, esse provocano l’isolamento.
Non a caso, nell’epoca dominata dalla comunicazione, che dovrebbe prevedere l’interazione delle idee e delle esperienze tramite strumenti che vengono definiti social, si assiste al risultato opposto, all’affacciarsi sul vuoto. Quel vuoto che, mutuando la definizione data dalla fisica, con una metafora chiameremo pneumatico, entro cui c’è il nulla assoluto.
Nell’intera raccolta la composizione dei singoli testi ruota intorno a termini semanticamente affini – vuoto, solitudine, silenzio. Sotto la forma di un diario personale con l’abile utilizzo delle parole, per il quale l’Autrice trova spunto nella sua attività di attrice, oltre che di poeta, si avverte lo smarrimento di essere coinvolta nel meccanismo della modernità, del consumismo, dell’alienazione, oltre che della techne. Diabolicamente trascinati in una connessione che paradossalmente nega il proprio ruolo – cum /nectere – ci ritroviamo nell’isolamento. A tal punto che la parola, termine derivante dal latino medievale – parabula – si svuota della propria originale ricchezza polisemica per mutarsi in elemento stereotipato, quindi sterile.
Per l’Autrice accade il contrario quando scrive poesia, dove la parola è strumento da “trascinare di qua e di là/ per un significato così al di là/…/ lei esisteva già/ a prescindere. / Mio, quindi.” (Sintetica lezione di metapoetica intorno allo scrivere versi, quello che tecnicamente si chiama “slittamento semantico” mediante cui il poeta attinge alla lingua comune e al proprio inconscio, individuando e connotando la sua personale parola.) (“Certo”).
La poesia, pur consentendo discorsi profondi sul rapporto tra arte e realtà, può dunque divenire anche campo da gioco. Con un provocatorio guizzo surrealista ispirato al famoso quadro di Magritte, Falà si lancia in una divertente parodia: “Questa non è una poesia./ Non ne possiede il ritmo/ l’afflato di immenso/…/ non è che fumo di finzione/ eppure non è del tutto un gioco/ …/ E non è/ neanche una pipa.” (“Non una poesia”): un piccolo gioiello di umoristica riflessione sull’arte, questo colto richiamo sottolinea la propensione dell’Autrice ad alleggerire una discussione teorica con il ricorso all’ironia. Contrapposto a quel testo, un altro sembra affermare il contrario: “Questa invece è una poesia “ed è, in fondo, l’espressione di un dubbio che nella sostanza non si discosta molto dal testo precedente.
Può anche capitare che la lingua poetica si coaguli in una girandola di lemmi tratti dal linguaggio comune – la langue saussuriana – trasformandosi in una sequenza di calembours: “L’oca langue/ langue d’oc/ lingua d’oca/ batte qua e qua/ sguazza e gioca//…/ Lingua di piuma/ che O-de Saussur-ra/ e si fa fioca/” (“Langue”). Per ritornare poi nei ranghi del racconto di sé, dei difetti personali dell’Autrice, della società e delle sue storture, tra le quali il linguaggio vacuo e amorfo dell’informazione, che non sa usare il tono e la violenza adeguati alla gravità delle situazioni. “Sull’orlo di questo precipizio”, indica che quel linguaggio asettico è sintomo e conseguenza dell’ignavia politica intorno al dramma del cambiamento climatico e alle tragedie ambientali e umane che ne derivano con i suoi “venti di tragedia” (“Sull’orlo”).
Tuttavia, “a sopire il vuoto” e la solitudine aiutano gli oggetti che acquistiamo, con cui stipiamo le nostre case – “i nostri resti” – nei quali “sento il tuo tepore”. Si svela così il doppio ruolo del consumismo, la sua funzione ambigua e consolatoria al tempo stesso: la critica sociale si muta in confessione intorno al nostro bulimico rapporto con gli oggetti. (“Oggetti”). Traspare qui l’atteggiamento ambivalente nell’Autrice che viene riproposto più volte – l’accettazione, obtorto collo, di alcuni aspetti positivi di una realtà che razionalmente si disapprova.
Infatti, pur nella lucida consapevolezza della degenerazione civile e culturale, perfino i luoghi comuni triti e inconsistenti – “pensieri quotidiani stesi ad asciugare”– a volte finiscono per essere rassicuranti. Affermazioni come “il cielo è sempre azzurro/ l’amore resta blu”, nella loro banalità, non sembrano porre questioni che pretendono risposte. (“Banale”)
Ma permane, insistente, la percezione del vuoto nel quale l’Autrice si sente immersa, facendone parte a sua volta – “Io e il mio vuoto siamo un tutt’uno/ solidali/ e ci facciamo compagnia// O forse dovrei dire che ci facciamo assenza”. In questo caso, coerentemente con l’ambivalenza dei suoi giudizi, se ne avverte il lato doloroso: “pur essendo vuota, sono sovrappeso. // Eppure, ai più risulto trasparente” (“L’involucro”). Benché, perfino nella ricerca di persone affini, capiti di incontrare “abissi differenti” (“Similitudini”), nel rumore di fondo è possibile individuare un suono amico – il battito del cuore – che melanconicamente e dolcemente ci tiene compagnia. Un battito la cui eco pare raggiungere anche noi, avvolti dalla stessa solitudine.
Perfino la Storia, come passato e memoria, quando affidiamo i nostri commenti a laconici post sui social, perde la sua ragion d’essere nell’eterno presente in cui sprofondiamo, Eppure nella Storia Falà si è trovata a vivere felicemente, come dice un ricordo di rivolte giovanili e femministe “dentro gli zoccoli/ nella ruota rivoluzionaria delle gonne/ respiravamo nella lingua degli abbracci/…/…nei discorsi dei nostri maschi antichi/ a cui non avremmo più concesso il potere/ di nominare solo loro il mondo con le parole giuste.” (“Anni delle rivolte”). Un ricordo che sa di gioiosa libertà e di amara disillusione, poiché i maschi “Ancora risiedono, forti e in parte misteriosi”, proprio come dopo una rivoluzione “mutilata”.
In tanta parte della poesia che in questi tempi viene scritta si rintracciano i segni di una lacerazione, della crisi di una civiltà che coincide con la crisi del singolo e la determina. Esiste qualcosa di indicibile, qualcosa che ci è stato per sempre strappato e che ci fa sentire monchi. Lo ritroviamo in passaggi estremamente toccanti – non a caso – anche in una poeta profonda come Falà: “Permane al fondo di ogni cosa/ non detta. Appare. Scompare. / Manca. Come fondo di caffè. /Che sia una parte di te? /…/Manchi tu a te stessa, mentre/ manca lo sguardo dell’altro/ senza giudizio./…/ Mancava sempre, anche quando c’era./…/ ti porta altrove, forse anche / a un aperitivo dove lei non c’è. / Tu, neanche.” (“Manca”). Avere il coraggio di affermare apertamente l’esistenza di quell’ignoto non detto che manca, mentre cerchiamo in noi stessi la quadratura del cerchio – noi che, insieme all’Autrice, siamo ben lontani dall’Uomo Vitruviano di Leonardo e dalla sua fiducia umanistica – significa che abbiamo perso il nostro cerchio.
Ci si ritrova messi a nudo davanti al mondo nel sentirsi strettamente vicini a chiunque, come Leila Falà, si riconosce inerme di fronte a quella indefinibile ferita e a quell’oscura afasia. Non possiamo fare a meno di commuoverci davanti a tanta schietta umiltà, alla sincerità nel confessare le proprie piaghe e le proprie contraddizioni, che permeano questa raccolta poetica.

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Anticipazioni – Margherita Parrelli

Pubblicato il 3 marzo 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Margherita Parrelli
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

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Nota di poetica

“Così, di nuovo, mi resi subito conto che i poeti non fanno ciò che fanno per sapienza, ma per una qualche disposizione naturale (physei) e come divinamente ispirati (enthousiazontes), alla maniera dei profeti e dei veggenti: anch’essi, infatti, dicono molte cose belle, ma non sanno nulla di ciò che dicono”.
Apologia di Socrate

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Anticipazioni – Rossella Tempesta

Pubblicato il 19 febbraio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Rossella Tempesta
Inediti

Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica

Da dove arriva e dove sta andando la mia poesia?
Come ho sempre “sentito” la mia poesia viene da un altro mondo, da un iper spazio dove qualcuno ci osserva e ci sussurra nel cuore di guardare in fondo alle cose, di acuire i sensi, la vista in primo luogo, davanti alla trama del quotidiano, davanti alle cortine dell’ovvio.
La mia poesia è una voce-sonar che mi raggiunge da sempre, dalla mia infanzia, e viene dalla Natura e dalle anime di luce che vanno e vengono tra questo mondo e gli universi.
Per me la Poesia, la mia, quella degli altri poeti tutti è un disvelamento, un dono fulminante e struggente, una improvvisa e provvisoria sapienza che fa benissimo e male a un tempo, perché fa assaporare la vera libertà, la vera essenza, eppure mostra il giogo cui siamo sottomessi.
Dove sta andando la mia poesia? Lo dice il titolo della mia ultima raccolta “L’intero senso” da poco uscita per i tipi di Delta3 edizioni – Grottaminarda, per la cura della direttrice di collana Eleonora Rimolo con la prefazione del poeta e filosofo Carlo Di Legge, l’intero senso che poi è un verso di una mia poesia di molti anni fa che si trova anche in questo libro, quasi un’autobiografia poetica dagli esordi fino ad oggi, e che ha questo titolo che dice della mia ricerca mai conclusa e che mai si concluderà fino alla morte, come è per tutti gli esseri umani. La mia poesia va dunque verso la filosofia: cerco l’uomo diceva Diogene con la sua lanterna nel buio, e cerco la Natura e l’unità, l’intero senso tra l’uomo e la Natura, cerco tracce del progetto, impronte di chi, cosa, lo abbia pensato per noi.

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Del tempo disumano – Annitta Di Mineo

Pubblicato il 14 febbraio 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Annitta Di Mineo, Del tempo disumano, Montabone Ed., Milano, 2023

di Luigi Cannillo

“Mentre la folla corre/ senza vivere la vita/ chiedendosi perché/ Tu/ ritirato nell’angolo/ della stanza occupata/ con capelli tra indice e pollice/ inanelli ideali inanimati/ Tu/ affossato nella poltrona/ naufrago d’inquietudine/ con sussurri di versi/ sfidi il tempo disumano”.
Questi versi, non più solo sussurrati ma approdati sulla pagina, mi sembra possano ben riferirsi all’intera raccolta di Annitta Di Mineo, diramando ulteriormente il senso della loro scrittura. Il Tempo Disumano è il tempo storico nel quale viviamo la sconfitta dell’etica, dei più elementari valori di solidarietà, giustizia ed eguaglianza ad opera di quei poteri, di quelle gerarchie che reggono i fili delle nostre esistenze, provocano guerre, commettono ingiustizie e soprusi. I “sussurri di versi” sono le armi che può imbracciare la poesia anche nel denunciare queste manifestazioni di disumanità. Ma il soggetto tu non rappresenta solo un destinatario indefinito, si può riferire ed estendere all’io dell’autrice in una sorta di autoritratto e in un rinvigorirsi dei sussurri iniziali in vibrata denuncia. E, nella realizzazione dell’opera poetica, pervenire ai destinatari ultimi, i lettori, e coinvolgerli: siamo tutti partecipi, almeno come possibili vittime, della disumanità del tempo.
Si tratta di una poesia di forte sensibilità civile, che concentra le tematiche di riferimento in sezioni specifiche: “Pace”, “Vittime di mafia”, “Migrazione”, “Voci di donne”, “Natura”, “Shoah”, ognuna delle quali mette in evidenza diverse tipologie di responsabili, i Potenti, le gerarchie di vario genere, ma pone in luce anche le vittime: sia quelle più misconosciute o anonime che quelle più definite e individualmente significative.
Nel mosaico di protagonisti troviamo militi imberbi, migranti, vittime della mafia e del cyberbullismo, donne assoggettate al potere maschile o al fondamentalismo religioso, umili contadini, la stessa Natura, vittima di reati ambientali. Come si chiede Vincenzo Guarracino nella sua introduzione: “Ma è possibile che la luce, la forza della fiamma, possa restare nascosta e compressa ‘sotto il moggio’ senza che trionfi, che si innalzi e divampi, per mostrare a tutti, agli astanti come ai mille altri che se ne faranno testimoni e portatori? È con questa certezza che Annitta si muove: con l’ardire di farsi alfiere di un messaggio (termine quanto mai anacronistico e necessario), destinato ad alimentare ogni coscienza civile […]”.

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Nelle vene del mondo – Donato Di Poce

Pubblicato il 18 gennaio 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Donato di Poce, Nelle vene del mondo, I Quaderni del Bardo ed., Sannicola (LE) 2023

Nota di lettura di Laura Cantelmo

Nella vasta bibliografia di Donato di Poce, ricca di raccolte poetiche, di aforismi e di saggi sull’Arte e sulla Letteratura, questo recente volume delinea, come si conviene a un’autoantologia, il ritratto dell’artista, evidenziando le predilezioni creative e di ricerca dell’Autore ed enucleando i principi di poetica elaborati lungo il suo percorso di scrittura e di esperienza umana.
L’arco di tempo copre una curva non indifferente: 2000-2022, partendo dai giovanili testi di argomento amoroso e giocosamente erotico, nei quali si intrecciano, fondendosi, la ricerca della parola e della verità del discorso poetico, che sono i principi di riferimento di questo Poeta. L’autenticità del linguaggio, a suo parere, deve di necessità evitare orfismi e parole innamorate-modalità ormai un po’ usurate che nei decenni precedenti avevano dominato la scena letteraria nel nostro paese, senza mai scomparire del tutto.
Rivelatori sono i primi versi del testo d’inizio, Orizzonte d’attesa: “Nell’orizzonte d’attesa/ restano le parole che non trovo/ mentre nella mia terra perdo il respiro/e schegge d’oscura passione/ dilegua il mio cuore/ e quel che taccio/ ha sempre il sapore dell’incanto”. L’apparizione di una figura sublimata di donna collega i testi alla tradizione allegorica medievale della lirica d’amore – “…Te nei borghi persa/ annidata nel cappottino rosa” – rappresentando l’indagine sul linguaggio e i meccanismi dell’ispirazione poetica: ”Se tu mi baci/ le ciglia della vita si aprono”.
Il pensiero viene sempre filtrato dalla corporeità e dalle emozioni, come nel poema L’origine du monde (2004), altro esplicito esempio di poesia erotica, dove il corpo è protagonista dei “miei esercizi d’amore”, mentre “nell’anima lievita la visione del corpo/ E io sono l’angelo d’amore/ Che raccoglie le gocce del piacere”. Echi della poesia medievale, ma persino del Cantico dei Cantici risuonano nei giochi d’amore, rappresentati con un realismo che allude, non a caso, al dedicatario del poemetto, il pittore francese Courbet, al suo realismo immune da ridondanti simbolismi. L’esplosione ludica del piacere si carica qui di un vitalismo che ben raffigura tutte le sfumature e le richieste del sogno, del desiderio e dei tormenti amorosi.
L’ambiguità tra la tematica dell’amore fisico e quella della fatica dell’espressione poetica – “desideri incompiuti” – riaffiora in modo più evidente ne Il gorgo dei desideri (2004):” Le poesie sono pietre posate sull’anima” afferma il Poeta nell’attesa, finché qualcosa si muove dentro di lui:” Ora sento, c’è la parola/non è ancora fatta lingua/” “E venne il giorno infine/…/ Dal cuore uscivano parole nuove/ ed io non sapevo parlare.”
Il principio oraziano “Ut pictura poesis”, fondamento della sua indagine linguistica e del realismo descrittivo, è frutto dell’intreccio dei suoi interessi pittorici e letterari. Eleggendolo a norma, il Poeta lo sceglie anche come titolo di una raccolta di ritratti di poete e di poeti, nella cui personalità artistica spesso lui stesso si rispecchia: “E non so spiegare/ Perché i tuoi segni/ Toccano le pareti della mia anima”, dice rivolgendosi a Mario Benedetti (Ut Pictura poesis, 2016).
Ė nell’aprirsi alla realtà esterna, alla memoria e al male del mondo che Di Poce approda a una fase di maturità e di consapevolezza civile sulle orme di P.P. Pasolini e di Enrico Mattei, come modelli di opposizione al potere: “Noi cercheremo/Quella verità che sgorga dal vero/E quella poesia che fa sognare/Un nuovo mondo e un nuovo futuro./ Noi combatteremo l’orgia dei poteri” (Lampi di verità, 2017).
Già nel poemetto sul dramma del Muro di Berlino, Lungo la East Side Gallery (2008/2009), alternando toni lirici ed epici, la narrazione ripercorreva con profonda commozione la storia di violenza e di dolore di “migliaia di spiriti liberi/…/ Durante il tentativo di fuga/ che non era una fuga/Ma un ritorno alla vita”. La denuncia della brutale divisione del cuore di una città come Berlino e della Germania stessa coinvolgeva tutti i muri eretti nel mondo come espressione di odio. A ciò si univa il pericolo della cancellazione della memoria o della sua banalizzazione nella volgarità dei souvenirs destinati a orde di” turisti chiassosi, irriverenti e indifferenti/ Che calpestano le tracce del muro/ E non sanno che i muri sono loro.”. Non stupirà che persino nell’aspirazione alla libertà il Poeta si esprima qui in termini erotici: “E cercherò come un seno da accarezzare/ I germogli di vita che crescono/ Ai bordi della Storia.”
La poetica si va poi consolidando, come già detto, grazie all’analisi di altri linguaggi – la Pittura e il Teatro: “Bisogna uscire dal Sé/Dal proprio buio/Dalla propria assenza”, recita un verso nella raccolta dedicata alla controversa personalità di Carmelo Bene, L’altro dire (2020). In un tempo di diffusa autoreferenzialità la ricerca di un “altro dire” significa: “Uscire dalle trappole del proprio genio/ Dalle trame del quotidiano/Scardinare le porte del proprio buio/…/ E camminare sul mare del proprio vuoto.” per approdare a un’ aperta speranza: “Cercare un altro dire/Oltre le rovine del tempo/Dove c’è un tempo nuovo da vivere/…/Io l’ho visto nascere/…/Negli occhi stellati dei bambini/…/C’è stato il tempo degli eroi/…/Ma ora è giunto il tempo dei giusti”. Il linguaggio profondamente emotivo palesa l’amore per il sogno e per l’utopia seguendo un percorso articolato che si è andato arricchendo nel tempo e lungo il quale gli interessi intellettuali si affiancano sempre più a temi civili (v. “Binario 21” sulle deportazioni nei lager nazisti) e a riflessioni filosofiche sulle profondità della psiche di altri Autori e Autrici contemporanei, tra cui anche la milanese Alda Merini. Sorge da qui l’interrogazione pressante sul valore etico della Poesia e dell’Arte che resta al centro della sua scrittura.
Ed è smascherando con critiche acute e salaci il falso impegno e la disonestà di molti operatori e di sedicenti intellettuali nell’ambito della letteratura di consumo (“I Poetocrati”, in La poesia è un diamante grezzo, 2022), che con spietato sarcasmo Di Poce fustiga i falsi amici, gli opportunisti, i calunniatori e gli invidiosi, riconoscibili in una burlesca lista di proscrizione redatta con nomi di fantasia.
La coerenza verso i principi finora esposti valorizza la sua personalità di saggista e sostiene la sua ricerca poetica.
Milano, gennaio 2024

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Anticipazioni – Maria Pina Ciancio

Pubblicato il 15 gennaio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Maria Pina Ciancio
Inediti 2019

Con nota di lettura di Luigi Cannillo

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Nota di poetica
Il filo conduttore della mia poesia è l’emigrazione, la marginalità dei luoghi, lo spopolamento dei piccoli paesi, il dramma di chi parte e di chi resta, tutti aspetti che scaturiscono da un vissuto viscerale e per certi versi conflittuale con i luoghi dell’identità e dell’appartenenza. Si tratta di tematiche a me care, in quanto figlia dell’emigrazione degli anni Settanta, e che sono state oggetto di indagine in quasi tutti i miei libri, Accanto a questi temi ruotano i ricordi d’infanzia, gli affetti familiari, le tradizioni popolari, nel tentativo di riannodare i fili del passato con quelli del presente, perché come sostiene il saggista Pierfranco Bruni, quando la modernità non ha rispetto della tradizione le civiltà muoiono e le macerie si fanno cultura di morte.
Nei miei versi i luoghi dell’attraversamento assumono una connotazione soggettiva, appaiono in tutta la loro feroce durezza/purezza, manifestando le contraddizioni che caratterizzano un Sud presente e più che mai attuale, fatto ancora oggi di mutamenti e di radicamenti.

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Voci di Pace 4

Pubblicato il 17 dicembre 2023 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Voci di Pace 4

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Milanocosa cura questa rassegna di Voci che vogliono testimoniare, senza retorica e schieramenti di tifoserie acritiche, il bisogno di creare un’altra prospettiva umana rispetto alle derive sempre più gravi dell’orizzonte internazionale, in cui appare senza alternative uno stato di guerra assoluta (come definita da Cacciari), di distruzione totale dell’avversario, con logiche imperiali e sbocchi di terza guerra mondiale, che rendono patetico il sogno e bisogno umano di relegare nel macero della Storia la cultura di guerra per la cultura di Pace di una Fenice Resistente.

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Voci di Pace 3

Pubblicato il 12 dicembre 2023 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Voci di Pace 3

***

Milanocosa cura questa rassegna di Voci che vogliono testimoniare, senza retorica e schieramenti di tifoserie acritiche, il bisogno di creare un’altra prospettiva umana rispetto alle derive sempre più gravi dell’orizzonte internazionale, in cui appare senza alternative uno stato di guerra assoluta (come definita da Cacciari), di distruzione totale dell’avversario, con logiche imperiali e sbocchi di terza guerra mondiale, che rendono patetico il sogno e bisogno umano di relegare nel macero della Storia la cultura di guerra per la cultura di Pace di una Fenice Resistente.

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Anticipazioni – Flora Lalli

Pubblicato il 6 dicembre 2023 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Flora Lalli
Inediti
Angiulina, Esilio e Analessi

Con nota di lettura di Laura Cantelmo
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Nota di Poetica
La mia poesia nasce all’improvviso, con versi che seguono un ritmo, quasi fossero accompagnati da una musica. Spesso cela la nostalgia di un’altra dimensione per cui la vita possa trovare un senso. I momenti di stupore, di entusiasmo, di malinconia, anche i più semplici, sono sempre alla ricerca di qualche elemento di rivelazione…

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Benvenuti!!! di Fausta Squatriti

Pubblicato il 2 dicembre 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

IN VIAGGIO con
BENVENUTI!!!
(istruzioni per un viaggetto a Parigi)
di Fausta Squatriti
fabio d’ambrosio editore, 2022

di Luigi Cannillo

Viene proprio la curiosità di andarci, nella Rue Meynadier, nel XIX Arrondissmentt di Parigi. Al numero 7 si trova l’appartamento, “la casina” protagonista del romanzo di Fausta Squatriti. Da lì aggirarci nei dintorni, prendere le Metro, visitare la città. È questa la casa che ospiterà la coppia di turisti ai quali la proprietaria si rivolge prima del viaggio con una lunga dettagliata lettera di istruzioni e considerazioni di varia natura.
Mai come in questi casi la letteratura è simulazione, non tanto perché il dipanarsi della trama sia sempre, almeno in parte, fiction ma perché qui le dimensioni di spazio e di tempo si dilatano ulteriormente, con contrazioni e ripiegamenti, slanci e picchiate. Così dall’appartamentino che offre l’occasione per il contatto epistolare veniamo proiettati nei quartieri di Parigi, e, oltre i confini della città, nella citazioni di altri luoghi e spazi, altri viaggi. Per quanto riguarda l’asse temporale il tempo effettivo/simulato per la scrittura e la lettura della lettera si articola e diventa entità letteraria autonoma: “Bene arrivati nella casina! Vi basterà aprire la finestra, anche se di sera sarà difficile farvi un’idea di quello che immaginate, e quel poco che c’è davvero.”
In questa dimensione, sospesa tra reale e immaginario, il presunto specifico viaggio con le visite e gli spostamenti si intreccia con episodi relativi al vissuto personale della padrona di casa, forme di flashback o retroscena insieme a proiezioni nel futuro nelle previsioni di necessità e ipotesi successive. Tutto questo anima in modo brillante le dinamiche spaziotemporali, episodi e memorie inattese.
Il contenuto della lettera alterna istruzioni, ricordi e riflessioni portando in primo piano i particolari, i dettagli legati per esempio a un capo d’abbigliamento o la scatola dei bottoni, le scanalature dei mobili o perfino la carta igienica. Così si materializzano oggetti con la loro storia e trascendono la propria materia per evocare persone e vissuti. La cura del dettaglio posto sotto una lente d’ingrandimento è uno degli elementi che caratterizzano la narrazione come rovesciando a più riprese un binocolo, relativizzando gli eventuali dispiaceri vissuti e esaltando ciò che sembrerebbe secondario: “Non sapevo come utilizzarlo, e non lo so neppure adesso, quel quarto di tappeto, immagino frutto di un’equa divisione tra eredi […] Ci sarebbe da scriverci una novella…”.
Ma questa ipotesi di spin-off non è l’unico aspetto analitico del romanzo. La meticolosità delle istruzioni sfiora l’ansia di controllo, prende in considerazione tutte le situazioni che si possono presentare: il verso giusto in cui stendere le lenzuola, la pulizia dell’appartamento o come sbloccare una serratura inceppata. Agli imperativi più categorici si alternano forme più diplomatiche o dubitative inserendo un “forse” o un “magari”.
Ma il puntiglio della mittente della lettera ottiene anche il risultato di dare al tono quanto di ironico e di grottesco contribuisce a proiettare le sue considerazioni, le storie, i luoghi e gli oggetti su un piano che li definisce e caratterizza ulteriormente. Che ci spinge non solo a individuare ma a osservare opere d’arte e oggetti d’uso, ma anche tenere conto di particolari repellenti o cruenti come la possibile presenza di topi nella casina o le pratiche violente della macellazione.
Affiora a più riprese, e già dall’inizio, il paradosso del possibile rovesciamento delle aspettative rispetto alla modalità del viaggio in preparazione. Così ai vantaggi di una certa scelta dei mezzi di trasporto vengono contrapposti, e non senza malizia, i possibili disagi o i pericoli più gravi: i controlli di polizia, l’inefficienza del servizio ristoro in treno e perfino l’eventualità di dirottamenti aerei. Su questo piano la lettera di benvenuto nonostante i suoi tre esclamativi può risultare tutt’altro che rassicurante. I pericoli sono in agguato, meglio avere bene in vista i numeri telefonici in caso di emergenze. Per il resto ai “Cari Amici” vengono illustrate tutte le bellezze e i luoghi di interesse della città che li aspettano, sia quelli tradizionali che, con particolare empatia, quelli che caratterizzano la multiculturalità e quelli “più specifici e poetici”.
Nulla a che vedere con una comune guida turistica, piuttosto un percorso di formazione. L’arte e la Bellezza ricorrono anche nell’osservazione e nella rappresentazione degli umili e della loro dignità, i clochard e i mendicanti, nelle definizioni del corpo di uno spazzacamino o della donna che trasporta un peso spropositato. Unendo anche in questi casi etica ed estetica: “Non si può trasmettere bellezza senza spiritualità.”
Del resto in questo singolare romanzo epistolare-monologante non potrebbero non essere sottotraccia l’identità dell’autrice, il suo essere artista, saggista, poeta, presenza culturale di livello internazionale – sua è anche l’opera in copertina, L’albero della vita, nodoso e sfolgorante. Sono ricorrenti i riferimenti ad artisti e architetti che accompagnano direttamente o indirettamente le visite dei turisti e le libere escursioni e evocazioni dell’autrice: da Caravaggio a Oldenburg, da Manet a Man Ray, da Brancusi a Wildt. (“Ma niente paura cari amici, non sono qui per impartirvi una lezione di storia dell’arte, però…” E Andersen, Mozart…Fausta Squatriti nel suo ruolo di autrice delle istruzioni sviluppa senza spocchia e in modo discorsivo percorsi autonomi nel mondo artistico, senza trascurare quello prezioso e umile degli artigiani.
Sono poi citati anche episodi più privati, legati ad affetti famigliari che si affiancano a quelli di personaggi identificati a volte con le sole iniziali, protagonisti (o coprotagonisti) di avvenimenti nella storia principale, essi stessi parte integrante nel flusso del leitmotiv. E in questo senso la lettera è anche una forma di autoritratto della mittente all’interno di contesti e rapporti. Le dinamiche tra luoghi, vite e relazioni si sviluppano su un piano che lentamente si mostra inclinato e onnivoro. Il tempo, dopo essere stato vissuto nel suo realizzarsi riconduce sempre più a forme di separazione. Le linee del romanzo culminano così riunendo il piano del passato e delle sue tracce nella vita dell’autrice, il presente che si offre nella Parigi meta della visita e il futuro per l’esperienza che dovrebbero realizzare gli ospiti. Il meccanismo narrativo di questi tre piani ci riserverà la sorpresa finale, con una chiusura inaspettata che aggiunge ulteriori considerazioni per il lettore.
Notevole nella costruzione del romanzo e nella sua lingua è l’utilizzo di strumenti retorici che agiscono per negazione successiva alla premessa, dopo un iniziale apparente incoraggiamento: “Sarete attratti da Le train bleu, rimasto com’era nella belle époque […] Presumo che non vorrete andare a cena proprio lì …”. Oppure l’uso dell’imperativo per coinvolgere i destinatari in una affermazione: “Non sottovalutate la quantità di cielo…”. O del futuro per mettere in evidenza la funzione previsionale del viaggio: “Non so se vorrete…”, “vi sarete certo affezionati…”. Lo stesso uso del termine “viaggetto”, solo apparentemente rassicurante con il suo diminutivo, aggiunge una venatura di ironia. A tenere insieme lo sviluppo della trama con i luoghi e i personaggi è la vertigine di una sintassi articolata e rapinosa (basta provare a leggere una pagina del romanzo ad alta voce). E, non ultimo, il frequente uso del francese per correttezza delle definizioni, accuratezza, vezzo aristocratico, identità tra luogo e appartamento. PARIS diventa, già nelle istruzioni per il viaggio, occasione di conoscenza e esperienza esistenziale da condividere anche solo attraverso la sua semplice pronuncia.

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