Olio santo – Fausta Squatriti
Olio santo
Fausta Squatriti
New Press Edizioni – Cermenate (CO), 2017, pp.58, 18 €
Per chi conosce la precedente scrittura poetica di Fausta Squatriti, questo ultimo libro – con testi dal 2010 al 2016 e inserito nella Collana Il Cappellaio Matto, curata da Vincenzo Guarracino –, colpisce in primo luogo per la sua forma, con versi tendenzialmente più brevi, a fronte di quelli delle altre raccolte più lunghi e diluviali. Ma essendo la forma sostanza, il contenuto segue.
Contenuto, non nel senso dei significati e delle concatenazioni proposizionali, ma come soggetto che si fa parola, e che non può più parlare come prima, denunciando con ciò un cambiamento/peggioramento del contesto di cui il testo vuole dir(ci). Un soggetto che con questa raccolta segna, se non un salto, un passaggio (come rileva anche la prefazione di Mariella De Santis) di valenza estetica ed etica, di sensi cercati ed espressi.
Se prima prevaleva la pressione di un dire con una qualche funzione catartica o liberatoria, di espulsione di accumuli di insofferenze, rispetto all’andamento e allo stato delle cose. Il che implicava una qualche fiducia in sbocchi di speranza.
Oggi, invece, quel soggetto è pervenuto alla necessità di concentrazione della propria azione espressiva e critica, al fine di fare un punto, forzatamente sintetizzato in questa breve segnalazione. Un punto da cui ripartire, dunque, e con quali stracci resistenti di speranza.
Ne sono testimonianza alcuni versi: “abbandona/ ragionevole speranza./ Nel cavo pugno/ rifugia smarrita terra/…/ e là si annida/ asciuga” (p.14). E mentre “Madre Morte comanda lei./ Falce spezzata per troppo lavoro”, “Sapienza si accuccia sul fondo/ di respirare ha schifo”, “Basterà salvare il salvabile?” (pp. 52-53).
È l’ultimo verso e la domanda finale con cui si chiude il libro. Verso di occhi lucidi (di pianto e di coscienza) che cercano nonostante tutto le possibilità “Della pietà il seme” che “a fatica germina/ nel solco stretto.” (p.50).
Un libro, dunque, e un punto che cercano una forma di sintesi, che però apre a maggiori lampi di dire attraverso la forma specifica del poièin, di dire più che col dichiarato, attraverso lampi di canto materico. Una ricerca di Fausta che non è solo di questi versi.
È attraverso questo “solco stretto” che il testo (ri)apre e resiste, insiste e rivendica la santità attesa da sempre di un orizzonte umano, per quanto (quasi) sul punto di essere ucciso.
Agosto 2017
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