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Democrazia senza partiti

Pubblicato il 28 marzo 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Democrazia senza partiti

Marco Dotti intervista Marco Revelli

«Non può esserci democrazia funzionante senza il canale dei partiti. Nessuna nuova o più vitale democrazia può nascere dalla demonizzazione dei partiti». Con queste parole, pronunciate al Teatro Toniolo di Mestre nel settembre del 2012, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è fatto interprete di un timore largamente diffuso tra le classi dirigenti: il rapporto tra democrazie e forma-partito sarebbe sul punto di rompersi definitivamente. A tutto svantaggio, sostiene Napolitano, della democrazia. È davvero così? Marco Revelli insegna Scienza della politica all’Università del Piemonte orientale e ha da poco pubblicato un libro, Finale di partito (Einaudi, pagine 138, euro 19), in cui affronta la questione collocandola in un passaggio d’epoca ben più radicale – il pieno ingresso in una società post industriale – senza il quale ogni “pro” e ogni “contro” i partiti rischia di rimanere una sterile petizione di principio.

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Origini, domande e incerte prospettive dell’Italia attuale

Pubblicato il 23 marzo 2013 su Saggi Società da Adam Vaccaro

Alba o ulteriore degrado?

Pubblicato il 20 marzo 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Cittadini e Istituzioni umiliate

Pubblicato il 18 marzo 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Riceviamo e facciamo nostro questo invito

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Voto e dopovoto

Pubblicato il 28 febbraio 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro
Qui di seguito proponiamo alcune analisi del voto e dopovoto, che riteniamo utili rispetto alla situazione molto difficile in cui siamo, e che per questo richiede capacità di riflettere sulle pur poche possibilità di uscita dal pantano degradato creato da apparati politici palesemente incapaci o corrotti. A. V.

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BIPOLARISMO ADDIO
Cedimento strutturale
Marco Revelli sul Manifesto di martedi 26 febbraio 2013
Doveva essere un terremoto. E lo è stato. Da questa tornata elettorale il sistema politico italiano esce a pezzi. E non solo perché l’outsider assoluto, il cane in chiesa di tutta la politica professionale – il teorico del «partito non-partito» -, balza al centro della scena politica per eccellenza. Né soltanto perché, per effetto di una legge elettorale scellerata, Camera e Senato si contraddicono a vicenda, mandando in cortocircuito il nostro bicameralismo simmetrico. E producendo l’unica cosa che tutti avrebbero voluto evitare: l’ingovernabilità.
Ma anche perché è la struttura stessa del nostro assetto istituzionale che subisce un cedimento strutturale. Sono i suoi «fondamentali» a sgretolarsi, tanto che è assai più facile dire che cosa finisca che non che cosa nasca o anche solo si annunci.
Finisce sicuramente la cosiddetta Seconda Repubblica. Quella in cui due schieramenti, di volta in volta identificati da una persona – di cui da una parte Berlusconi rappresentava la costante e dall’altra si ruotava – monopolizzavano il campo, e mimavano una sorta di alternanza. Ora il meccanismo si è rotto: la platea dei competitor si è ampliata con una presenza inaspettata, e l’impossibilità di alternarsi si conclude in una caduta libera. Finisce così anche il bizzarro bipolarismo maggioritario e più o meno egemonico, che era stato teorizzato nel 2008 (ricordate Veltroni?) e che si era già schiantato nel novembre del 2011, col «governo del Presidente». Ora che la politica esce dal lungo tunnel dei tecnici a cui aveva abdicato, si rivela impotente e bloccata. Finisce anche, malamente, la cosiddetta «sinistra radicale», travolta dall’ottusità delle proprie burocrazie residuali e dalla propria autoreferenzialità.
Gli architetti istituzionali, che questo bradisismo l’avevano messo in conto, immaginavano però un tripolarismo rassicurante, con un «terzo polo» montiano al centro, capace di crescere tra i due litiganti incapacitati a governare e a garantire un baricentro di stabilità. Invece il terzo polo è nato, ma ellittico, fuori squadra, destabilizzante e radicale come appunto i 5 stelle sono, a squilibrare il carico e sparigliare tutte le carte senza poterne distribuire nessuna. Tanto più che i due vecchi pilastri del sistema – Pd e Pdl – che si sono spartiti quel meno del 50% di elettorato disposto ancora a credergli (quello che resta dopo aver sottratto il venticinque per cento del corpo elettorale che si è astenuto e l’altro circa venticinque che ha votato Grillo), sono fragili. Umiliati dal giullare diventato re. Rosicchiati dall’interno come quegli alberi apparentemente robusti ma mangiati dalle termiti. Perché, nonostante la rimonta finale, il Pdl tutto è fuorché un partito, dipendente com’è da un leader bollito e squalificato universalmente, ancora in grado di toccare la pancia del proprio elettorato più sprovveduto ma non di governare un’accozzaglia di interessi e personalismi quale quella che abbiamo visto all’opera negli ultimi mesi, né di stabilizzare quell’alleanza con una Lega allo sbando che gli ha permesso di vincere in Lombardia al Senato. E per il Pd, c’è da scommettere che partirà presto la caccia al colpevole, e la rimessa in discussione di una leadership che dalla «vittoria mutilata» rischia di passare a una sconfitta non annunciata, e di liberare le tante anime non congruenti di quel partito dal patto di potere che le aveva tenute insieme.
Da domani incomincerà un’altra partita, dall’esito imprevedibile. Dove nessuna delle vecchie certezze varrà più. E ad ogni snodo si presenterà una situazione inedita e probabilmente drammatica, perché la crisi non è superata, anzi. E l’Europa sta sempre lì, a guardarci con occhio severo da aquila che vola basso, mentre lo spread s’impenna. E non c’è più un presidente pronto a gestire lo «stato d’eccezione» da sovrano. E il disagio sociale, ignorato, rimosso, trascurato e incompreso per anni, continuerà ad allargarsi come una piaga infetta… In questa situazione inedita, soprattutto di fronte all’ipotesi di un nuovo voto, nessuno s’illuda di poter riproporre la propria continuità, di classe dirigente. Di organizzazione. Di programma. Di «facce» e di routines. Anche di linguaggio. E a proposito di questo, almeno una preghiera: si abolisca il termine «antipolitica», soprattutto se riferita a chi – ci piaccia o meno – ha rappresentato oggi l’unico fatto politico rilevante in un panorama desolante.

Loris Mazzetti : il Pd scelga 5 stelle e rinunzi agli F35 e al TAV

di Loris Mazzetti sul Fatto quotidiano di mercoledi 27 febbraio 2013

L’Italia è uno strano Paese. La coalizione di centrosinistra vince l’elezioni ma non ha i numeri per governare. Il centrodestra perde ma ha i numeri per impedire a chi ha vinto di governare. Il Pdl grida vittoria perdendo, rispetto al voto del 2008, oltre 6 milioni di voti pari al 16% e tra gli italiani all’estero non ha superato il 15. Che dire del Pd che dopo aver buttato via un anno fa la maggioranza per scendere a patti con Berlusconi per il governo Monti ( più che di tecnici di dilettanti) che ha recuperato, sì un po’ d’immagine in Europa, ma a scapito delle tasche degli italiani.

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Uno spettro s’aggira

Pubblicato il 18 febbraio 2013 su Musica e Concerti da Adam Vaccaro

LA GRECIA E’ COLLASSATA

Pubblicato il 12 febbraio 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA IL GOVERNO E LA POLIZIA GRECA.

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La corruzione favorita

Pubblicato il 30 gennaio 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Politici corrotti e corruttori del corpo sociale: ne è un esempio l’oscena proliferazione di slot machines e circuiti reali e virtuali di giochi d’azzardo che le normative messe in atto stanno consentendo. Riportiamo la denuncia della Rivista Valori su questa particolare forma di degrado sociale che i politici in parlamento hanno consentito (attendiamo smentite di quelli che si sono opposti o pensano di opporsi).

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Discorso di José Mujica presidente dell’Uruguay al summit Rio+20

Pubblicato il 23 gennaio 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

LE FALSITA’ DI SISTEMA

Pubblicato il 9 gennaio 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro