Oltre il Silenzio – Bookcity 2023
XII Edizione BookCity Milano
Teatro Franco Parenti – Café Rouge
Via Pier Lombardo 14 – Milano
18 novembre 2023 – H 14,00
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Progetto di Milanocosa
A cura di Adam Vaccaro
Oltre il Silenzio
Evento teatralizzato di poesia e musica
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Progetto che dà voce a testimonianze ed energie di rinascita che, a partire da silenzi interiori o sociali, sollecita coscienza critica
della complessità in cui viviamo, nel suo intreccio di ingiustizie, tragedie e resistenze vitali.
Anticipazioni – Giuseppe Langella
Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Giuseppe Langella
Inediti
Trittico della speranza
Con nota di lettura di Luigi Cannillo
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Nota di poetica
Dopo Pandemie e altre poesie civili (Mursia 2022), sto lavorando a un nuovo libro, velatamente religioso, che s’intitolerà La messa del lunedì. L’intento è quello di portare il sacro nel quotidiano, prendendo molto sul serio le parole di commiato che il celebrante pronuncia al termine della liturgia eucaristica: nel lapidario “Ite, missa est” del latino ecclesiastico (malamente reso con “La messa è finita, andate in pace”) è implicita, infatti, l’idea della missio. Andare a messa, la domenica, non vuol dire perciò, banalmente, assolvere a un precetto, qualcosa come timbrare un cartellino. La partecipazione al rito comporta, invece, l’assunzione di un mandato. La messa non termina quando il sacerdote lascia l’altare e i fedeli escono di chiesa, ma si prolunga nella vita di ogni giorno. In quell’ite è riposta un’esortazione impegnativa a portare lo spirito e i frutti della messa, il nutrimento del Pane e della Parola, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nella dimensione feriale delle nostre scelte, dei nostri atti e dei nostri rapporti.
L’adozione di questa prospettiva risveglia, nei tre testi che seguono, una facoltà poetica di attenzione e di sguardo capace di ravvisare, anche in piccoli episodi o gesti o scorci o dettagli, tracce di bene e di speranza, segni, spesso inconsapevoli, di vangelo incarnato. Si afferma, così, un punto di vista per certi versi complementare rispetto a quello del libro precedente, dove prevalevano motivi d’indignazione e di sconforto e i riferimenti religiosi entravano più che altro in un’ottica agonica di morte e di sconfitta. Con l’opera in cantiere, ferma restando l’applicazione della poetica e della grammatica del Realismo Terminale, si passerà dalla passio alla missio.
Nella Foresta – Franz Krauspenhaar
Labirinto nostra libertade
Adam Vaccaro
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Franz Krauspenhaar, Nella foresta, Ed. Ensemble, Roma 2021, pp48, 12 €
Questa raccolta di Franz Krauspenhaar è un viaggio labirintico in cui non si riesce a intravedere un’uscita o un punto di arrivo e riposo. L’Autore trasmette sulla pagina la tempesta che oggi attraversa la foresta della vita, termine del titolo che, incasellato dalla preposizione articolata che lo precede, va oltre la metafora e diventa metonimia della furia inesausta sia delle energie vitali, sia del vento contemporaneo che le domina e tende a ridurle a utopia di pace impossibile: “Spingere la postazione del nostro/ mare di servizio, quando spruzza la melma/ dalla sala macchine, e questo sfiato/…è l’ambiente/ che porta alla fine del mondo” (p.9)
E per il singolo qual è l’opzione di resistenza e salvezza?
“Quando vidi un relitto parlare/ di benessere, e farlo con la metrica/ del lupo, coi ringhi e la gola arsa/ il gorgoglio di una benzina/…/ Mi senti, cuore/ vecchio come un pallone di plastica/ …/ scomparso nel cielo come un MIG” (p.10)
Non è sconcerto, per un accidente imprevisto, è perdita di senso, spiaggiato su una riva nebbiosa (nebbia è tra i termini che si ripetono), di cui si intravedono alcuni contorni, tra intrichi e trappole della “colpa nera” che ha determinato quell’illusione di approdo:
“Fu essenzialmente la colpa nera/ del marketing, uno scudiscio/…/ sempre quello, sempre a ripetersi/ l’ossessione del rito, come se/ non fosse prevista dal Creato/…/ strano…pensare a Dio, non uno/ qualsiasi, proprio quello della tua storia” (p11).
E di fronte a tale perdita assoluta si stagliano, improvvidi e disarmati, il gesto e la parola in cerca di poesia. Cui il soggetto, sia scrivente che storicoreale, urla:
“Tu mi farai dannare! Tu sarai il poeta/ del danno, dell’esercizio di morte/ lenta, e dire che eri un fascino puro,/ un gesto del cielo, corroboravi meglio/ le vittime del mondo, eri l’angelo/ che appianava la sorte, la pace nella gola./ Poi sei saltato sul fuoco, e non hai/ più speranza che ti netti il volto” (p. 12).
Ma il testo è una non arresa registrazione nel diagramma quotidiano, in cui rimbalziamo su “Duemila watt di disperazione” (p.14), e “non c’è perdono ma sale/ sulle labbra”, e “la mancanza di una mano/ nel ventre delle cose” (p.15), “frutto esploso, divenuto/ seme in una fossa spenta” (p. 16)”. Ciononostante, siamo “ancora vivi… alla luce d’inverno oltre la nebbia” (p.17).
I conti della vita che resiste restano appesi “Nel vivere un assolo, sconfitti/ i vermi e le lingue taglienti/ e il verbo amare…/…senza scelta che quella di lottare/ per una felicità senza scampo” (p18), con la sola luce di una lucida coscienza critica e visione fenomenologica, che riafferma “non finisce mai” anche in questa “specie di prova della fine/…/ di noi stessi alla fine del tempo” (p.19).
È in sostanza un serrato viaggio da fermo, che sbeffeggia se stesso poeta e il mondo, nella Foresta-Milano che mentre sfugge nella nebbia, “è un coltello cifrato” (p34), “non ha altro che gelo, merci/ e disperata irrealtà” (p. 35). Tuttavia, proprio a partire da tali denunce, il poeta non rinuncia al sogno del “sacro momento di tuffarsi in questa vita” (p.23).
È questo il merito esaltato dal libro, quanto più inchioda sulla propria soglia, singola e collettiva, “Siamo nel nulla, nel nessuno, nel può darsi” (p31). E se pure “ho mangiato un banco di nebbia”, con solo in questa “foresta,/ un bastone di difesa, la mia lunga mano./. E quanto freddo nuovo” (p.48), è arrivato il momento di chiedere/ il conto./ O a Dio, o alla sua controfigura” (p. 42).
3 ottobre 2023
Tutte le forme di vita – Claudia Azzola
POESIA STORIA E VITA
La ricerca incessante di Claudia Azzola
Adam Vaccaro
Claudia Azzola, Tutte le forme di vita, La Vita Felice, Milano 2020
Conosco Claudia Azzola da ormai diversi decenni, e quello che verifico a ogni suo libro è una ricerca di rigore metodologico, che prosegue lungo binari-guida, curati in poesia e narrativa. A tale proposito, richiamando Hoerderlin, diceva in una articolata dichiarazione di poetica del 2006: “L’arte è la via della natura alla civiltà e dalla civiltà alla natura”.
È una sintesi che dice già la sua visione di un poièin, determinato e innervato in un moto interminabile di misura con la totalità. Per cui aggiungeva, se tale fare “unisce vita e poesia”, sta proprio in tale tensione la conoscenza della “complessità, pur nella frantumazione” dell’immenso di cui l’arte cerca di ricostruire unità e senso. Ricerca che può essere concentrata nel nome di Dio o in laiche elaborazioni culturali collettive, in cui “l’io si debba mettere nell’angolo”, sia rispetto agli spazi dell’inconosciuto invisibile e mai totalmente conoscibile, sia rispetto al territorio che si distende davanti ai nostri occhi. Territorio di spazio e tempo che ci rende piccoli e al tempo stesso ci chiede di crescere e capire.
È la sollecitazione originaria dell’essere umano, che lo arricchisce di sapienza e gioia, e ne definisce la sua identità. E che in quella nota di poetica, Azzola così sintetizzava: “La mia passione è ricongiungere l’esistenza all’essere, e ciò ha luogo attraverso la parola poetica che collega la psiche alla cosa invisibile, al rimosso dell’esistenza”. Ma per il poièin, se è teso alla totalità, “Non ci sono cose estranee alla poesia, canto ininterrotto d’esistenza, vita che prorompe da dentro” verso “l’esperienza umana” che si sviluppa dal “sociale, all’eros, alla storia”. Dopo di che rivendicava con fierezza; “la mia poesia contiene la storia o, meglio è poesia che ha sofferto la storia”.
Voci per la Pace
Riflessi e Velature di Antonio Spagnuolo
Antonio Spagnuolo
Antonio Spagnuolo, Riflessi e velature, La valle del Tempo, Napoli 2023
Vedi anche a
http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com/2023/09/segnalazione-volumi-antonio-spagnuolo_17.html
Antonio Spagnuolo è un autore di cui mi sono già occupato e che ben conosco, che replica e rinnova al tempo stesso, testi in uno stile instancabile e inconfondibile, che fa della parola disegno e musica della propria esperienza e anima. I richiami, i riflessi e velature incessanti delle proprie memorie, sono il nucleo epifanico e il filo rosso che sviluppa anche questo ennesimo libro, attraverso il battito di più di nove decenni di vita. È questo il fondo e lo scrigno in cui la sua penna-pennello pesca gli alimenti, i suoni, gli echi e colori dei suoi versi.
Red Carpet di Mario M. Gabriele
Essere o Morire – moltiplicando sensi e realtà
Adam Vaccaro
Mario M. Gabriele, Red Carpet, Edizioni Progetto Cultura, 2023
Questo testo di Mario M. Gabriele è una summa del lungo percorso dell’Autore. E il termine è qui con echi più tesi a sommità che somma. In tal senso, il libro è una sorta di ossimoro canzoniere-oratorio entro l’orizzonte distopico della totalità tempo-spaziale in cui stiamo vivendo, fase di hybris che, mentre rovescia in ottimismo idiota l’ironico avviso leopardiano di Magnifiche sorti e progressive, ci degrada in crescente e inesorabile disgregazione. Che fare e dire in tale contesto?
Nella Nota dell’autore in apertura del libro, Gabriele sintetizza la sua visione e la relativa azione creativa, che parte da una intervista del 2021 a Fausto Curi, “dal titolo: Il Gruppo 63 e il manto di stelle sulla letteratura”, e una domanda “Cosa pensa del nuovo?, cui la risposta legittima sensi positivi: “incrina le fondamenta di quello che gli preesiste…abolisce lo stanco presente e rende presente il futuro”. Ne consegue la domanda successiva: ”E la tradizione?”, con risposta che aggrega riducendo l’alone di assoluto precedente : “Esistiamo perché esiste la tradizione.: è la nostra madre. Il nuovo non può cancellarla. Deve solo integrarla e mutarla.”
Dopo di che Gabriele, rapporta tali affermazioni al linguaggio del proprio libro, che definisce “tecnologico ed extra territoriale”, chiosando che “Il valore di un testo poetico non sta nella lunghezza o brevità del verso, quanto nella capacità di trasmettere il senso di una immagine, di un evento e di un trauma…al lettore”, mentre ribadisce che rileva che la “continua trasformazione” tra “passato e presente” è “evento normale nel corso del tempo”. Tuttavia, entro tale incessante successione, oggi “Ciò che manca è la coscienza del poeta nello scrivere”.
Una coscienza ridotta della complessità in cui viviamo che è non solo dei poeti, rispetto alla “società commerciale” fondata su “sfruttamento economico”, in cui “il Tempo annienta l’esistenza riducendola a perenne Vuoto”. Ne scaturisce, per l’Essere heideggeriano, “un chiuso perimetro all’interno del quale non vi è salvezza”.
È una condizione che può tuttavia produrre effetti positivi o negativi per chi scrive, in relazione alla sua capacità di moltiplicare realtà, che passa sia dalle modalità del fare del poièin, sia dalla sua energia di produrre condivisione. Un processo che ci riporta alla distinzione di Hegel tra “immaginazione riproduttiva” e “produttiva”, la prima che riproduce “intuizioni sensibili interiorizzate”, note e già denominate, la seconda che produce segni che danno nome al nuovo.
In rapporto a tali versanti di complessità della scrittura, Mario Gabriele conclude con sintesi esemplare: “è il tessuto organico che ogni poeta ha con sé” a produrre un nuovo capace di moltiplicare realtà, e a non ridursi a fare “semplice scrittura creativa” (pp. 5-6).
Da così ardue e lucide premesse, ne consegue un testo che non teme di declinare un calvario lancinante dell’Essere, entro la china distopica imposta dai poteri in essere nell’attuale fase storica. Un Essere che nel testo esplode incarnato nei milioni di esseri, fratelli o nemici con nomi conosciuti e sconosciuti.
L’Autore si pone tra dettati didascalici e spietato sarcasmo, che aumenta il piacere del testo moltiplicando sensi del nondetto, spazzando via nel contempo ogni forma di illusione salvifica. Citiamone qualche stralcio e brano, di una carrellata a tratti mozzafiato:
“Abbiamo messo insieme hi-tech e umanoidi/ convinti che ciò che abbiamo non sia sufficiente/ nel New Market, al colmo di fish and chips” (p.100);
“Elisa Pietrosanti volle esporci/ l’Universo in Entropia/ ma ne uscimmo con il Big.Crunch/ senza l’oracolo di Davide” (p.101):
“L’effetto peeling si notò dopo un mese/ sul suo viso con la crema Rocher./ Diventare estetista/ non era nelle intenzioni di Rosalinda” (idem);
“Nell’adunata culturale di settembre/ vennero in pochi a seguire le digressioni/ su storia e arte, poesia e filosofia” (idem);
“Grazie, cari anni di luci e colori/ ora che la strada porta al check-in/ senza by-pass e account./…/ C’è solo un vuoto a perdere,/ un buco nero nelle galassie dell’universo.” (p.104):
“ Tu, Bertolt Brecht, marxista ed esule,/…/ non so quante parole aliene ci mettesti/ nelle Cinque difficoltà di scrivere la verità/ già pietra miliare per Benjamin/…/ Nel tuo lascito ai Beni Culturali/…/ dove Sul muro c’era scritto col gesso/ viva la guerra./ Chi l’ha scritto/ è già morto.” (pp. 105-106)
“La casa va rinnovata”/ …/ oggi non è un bel giorno/ per le donne di Teheran/ nonostante il velo e le lettere di Iwojima/ e le Primavere Arabe.” (pp126-127);
“Dall’alto a sinistra della casa,/ sopra il tetto, c’era un nastro bicolore/ con l’avviso; ‘Attenti alla notte!’” (p.1238):
“Col tempo torneremo da dove siamo venuti/…/ Ci concentrammo sulla cosmologia moderna/ e il nichilismo, l’Essere e la forma”, intanto che “Una storia di comunità miste/ portò all’apice della guerriglia./ Tutti i dolori e gli amori del mondo./…/ nel giorno di San Silvestro/ per un nuovo Calvario.” (pp. 76-77)
Sono galassie vitali, in cui non ci sono glasse o aliti consolatori, ma è solo a partire dalla coscienza dello Zero disegnato sotto i piedi e davanti ai nostri occhi – spesso ignari e stupiti – che è possibile rielaborare il bisogno antropologico primario di un altro orizzonte. Credo sia questo il senso doloroso e tragico, ma necessario, che il testo trasmette.
12 settembre 2023
Auguri Agostani
Auguri Agostani
Pur tra orizzonti drammatici diversi, di guerra e di fenomeni sempre più gravi di squilibrio naturale, vi auguro una parentesi agostana di ri-creazione e ristoro di energie, in vista della prossima stagione di ripresa di auspicabili rinnovate iniziative.
Con auguri adiacenti
Adam
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